Rita Rosani non era una donna, era un bandito...di M.Cristina Nascosi Sandri
“Molte donne si sono comportate valorosamente, ma tu le superi tutte”: nella lapide dell'unica partigiana ebrea morta in combattimento, medaglia d'oro al valor militare della Resistenza
Giovedi, 30/04/2020 - “Molte donne si sono comportate valorosamente, ma tu le superi tutte”.
Inciso su una lapide, posta all’ingresso del tempio israelitico di Verona, è inciso, in ebraico, questo passo della Bibbia, rivolto alla grande e non troppo ben ricordata figura di Rita ROSANI, unica partigiana ebrea morta in combattimento, medaglia d'oro al valor militare della Resistenza.
Qualche sera fa Sorgente di vita, uno dei migliori programmi di cultura rai riservato a quella specificamente ebraica, ha riservato una puntata al Giorno della Liberazione ed uno dei servizi, curato da Piera Di Segni e Walter Vetere era dedicato proprio a Rita Rosani.
Il tutto è scaturito dal libro Non era una donna era un bandito – Rita Rosani, una ragazza in guerra” , di Livio Isaak Sirovich èdito, da Cierre Edizioni e nel ricordo di una compagna di scuola, entrambi presenti nell’intervista in tv.
Sirovich ha ricostruito la vicenda di Rita fino alla morte con molta delicatezza, correttezza e quasi con affetto, senza retorica: una narrazione dove si intrecciano varie storie, anche quella della famiglia dell’Autore, di origini tedesco-lituane da parte di madre e dalmate di padre. Una delle sue fonti, la principale, è stato un carteggio, fortunosamente ritrovato da Gianfranco Moscati, filatelico e collezionista di rango di fonti documentali sulla Shoah.
Rita era nata a Trieste il 20 novembre 1920. La sua famiglia, i Rosenzweig – cognome poi italianizzato in Rosani – veniva da un villaggio della Moravia “in cerca di pace”: fuggivano dall’antisemitismo che minacciava le comunità ebraiche dell’Europa centro-orientale ed arrivano a Trieste proprio nel 1920.
Forti del loro divenire parte della solida borghesia ebraica della città, vanno ad abitare in via Milano, al civico 18. Ma Trieste da città aperta, quella che li aveva attirati per la sua innata tolleranza iniziale mitteleuropea, inizia a diventare filo-fascista – anche lì si va radicando sempre più il seme e tutto si e-involve in poco tempo, nonostante la presenza dell’ultimo podestà ebreo – come anche a Ferrara lo fu l’ultimo, Renzo Ravenna, prima delle Leggi Razziali del 1938.
E saran proprio quelle a segnare il destino combattivo di Rita, dopo gli studi – era diventata maestra ed insegnava – aveva avuto una vita attiva.
Bruna Perla Sivini, una sua amica sopravvissuta, così peculiarmente e quasi infantilmente la ricorda nella trasmissione : Era una ragazza non bellissima, ma molto vivace, molto spontanea. Aveva un viso piuttosto rotondo, forse abbastanza largo, si muoveva con allegria, poteva piacere, stava molto dritta…
Così Rita, dopo il diploma magistrale e l’inizio dell’insegnamento, aiuta dopo il ’43 a collaborare con le organizzazioni clandestine ebraiche gli Ebrei che fuggono in Svizzera e ‘sceglie la Resistenza’, con forza, determinazione, tutt’affatto come donna. Dopo l'8 settembre, convince i famigliari a trovar rifugio in un paesino del Friuli, salvandoli generosamente in questo modo dalla deportazione, poi, unica ragazza in un gruppo di uomini, la brigata “Aquila”, si difende coraggiosamente durante un agguato di fascisti e cade a soli ventiquattro anni, il 17 settembre del 1944, sul Monte Comun, a nord di Verona.
Il sottotenente Mario Scaroni, comandante della Legione giovanile Mussolini, il vile repubblichino di soli 18 anni che la giustizia con crudeltà inumana e vile, lei già ferita e non sconterà, assurdamente per insufficienza di prove il suo orrendo delitto, affermerà:
«Non era una donna, era un bandito. Era nostro dovere»
Livio Isaak Sirovich autore del libro che ha ‘raccolto’ come testimonianza e titolo quella frase afferma:
- Rita è stata per molto tempo dimenticata, se ne sbagliava addirittura il cognome. Trovo che il racconto della sua vita sia esemplare per far capire il disastro delle leggi razziste. Rita è stata ‘fracassata dalla Storia’.
E piace concludere questo ‘esemplare piccolo ricordo di Rita’ con la motivazione che l’ANPI ha dato nel ricordarla nelle proprie pagine:
Perseguitata politica, entrava a far parte di una banda armata partigiana vivendo la dura vita di combattente. Fu compagna, sorella, animatrice di indomito valore e di ardente fede. Mai arretrò innanzi al sicuro pericolo ed alle sofferenze della rude esistenza, pur di portare a compimento le delicate e rischiosissime missioni a lei affidate. Circondata la sua banda da preponderanti forze nazi-fasciste, impugnava le armi e, ultima a ritirarsi, combatteva strenuamente finché cadeva da valorosa sul campo, immolando alla Patria la sua giovane ed eroica esistenza.
Monte Comune, 17 settembre 1944
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