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ringraziamenti

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Antonio Contarino e Antonino Di Matteo, due uomini di danno voglia di Stato

Martedi, 30/12/2014 - All'attivo prima di ogni altra considerazione, pongo il rapporto con un gran numero di persone che qui desidero ringraziare una per una, persone che hanno arricchito la mia vita di quella sorellanza che fino ad ora mi è stata sconosciuta. Grazie Adriana Stazio Jone, Anita Rossetti, Anna Sannino, Eletta Bertani, Isa Ferraguti, Josephine Nicolaci, Piera Vitali, Vanna Mussini.



Ma facciamo pure scorrere la colonna dell'attivo, se vogliamo sorprese, perché ci sono tante maniere di compiere il proprio lavoro senza comportarsi da eroi, solo adempiendo al minimo sindacale. La maggioranza fa proprio così.

Ma non tutti e questi ultimi devono essere ringraziati.



Prendiamo ad esempio un Commissario Prefettizio qualunque: eccolo che va in ufficio tutte le mattine un po' dopo le nove, legge la posta, la restituisce annotata e magari detta qualche lettera più spinosa, presenzia volonterosamente alle manifestazioni, quando richiesto, badando bene a farsi fotografare con il politico di turno, redige di tanto in tanto una relazione per il Ministero dell'Interno - copia al Prefetto di zona - nella quale spiega quanto sia difficile, se non impossibile, intervenire per cambiare la situazione a causa della mancanza di fondi, della mentalità della gente da riformare in un paio di generazioni, dell'assenza di collaborazione dei sottoposti. Tutto vero, tutto esatto, non si potrebbe rimproverargli nulla.

Poi succede che accendi un faro sul comportamento di un Commissario Prefettizio strano, uno che si alza alle sei per andare in giro nella città a controllare chi ha eseguito - e chi no, ma sempre di meno - il compito, magari banale, che gli era stato assegnato. Tagliare l'erba, ripulire le caditoie, raccogliere i rifiuti, rimuovere un manifesto abusivo. Già che c'è - e siccome non si limita a vedere - osserva l'anarchia che vige nelle piccole cose: panchine non verniciate, cancelletto scardinato, siepe non tagliata, affissi mortuari fuori misura. Va in ufficio e pone rimedio. Testardamente ad ogni piccola cosa, perché sa che un ambiente pulito, ordinato e accogliente influenza il comportamento della società civile. E non sbaglia perché la gente comincia a rivolgersi a lui, invece che al boss del quartiere, quando nasce un problema.

Nel frattempo mette ordine, controlla e organizza il funzionamento della macchina comunale e quello delle società controllate (e lasciamo perdere i risvolti penali nei quali via via si imbatte, perché non vogliamo qui parlare di quello), dicendo di tanto in tanto "potrei fare di più, dovrei fare di più".

Il suo comportamento non è gradito ad alcuni che tentano di farglielo capire in mille diversi modi, sottraendo ed incendiando la macchina di servizio, rubando i camion dell'isola ecologica in sua custodia giudiziaria, impiccando tre corvi all'albero prospiciente il comune.

Si ferma? Rallenta? ma nemmeno per sogno, si limita a chiedersi "ma quelli ce l'hanno con me?", quasi potesse esserci un dubbio. E continua. Con più lena di prima.

Grazie, dunque Antonio Contarino, sinceramente dai voglia di Stato e, data la situazione, è moltissimo.



Ci sono sostituti procuratori, circa 2000 in tutt'Italia; quasi tutti fanno onestamente il loro lavoro. Siedono dietro a una scrivania perfettamente ordinata, coltivano un ottima relazione con avvocati dell'accusa e della difesa, che ricevono tutti i mercoledì. Funzionano in sincrono con il proprio cancelliere, tanto che - intorno a una certa ora - ambedue sollevano contemporaneamente la testa dallo schermo del computer, si fanno un cenno d'intesa, si stiracchiano, chiudono ciascuno il proprio fascicolo e spengono il p.c., escono infilandosi la manica del cappotto al volo, sportivamente scendono due piani a piedi guardando di sfuggita l'orologio - sono in ritardo - vanno felici verso altre occupazione che condividono con amici di un certo livello sociale, rectius di un livello sociale certo. Durante il loro iter professionale non fanno mai un passo falso, perché riflettono sempre prima di imboccare una strada, valutandone la percorribilità senza incidenti.

Poi accade che se ne incontri uno (molto spesso più di uno, ma lasciamo perdere) che fa tutto il contrario. Si alza al mattino nel silenzio della casa e scappa fuori che il sole sta appena alzandosi. La sua scrivania somiglia a un campo di battaglia dove fogli sparsi guerreggiano per rubare un po' di spazio ai faldoni già aperti, parla agli avvocati quando si presentano, riuscendo miracolosamente a scontentarli tutti - accusa e difesa - perché ha in mente un solo traguardo: conoscere la verità. Proprio non ce la fa a considerare la sconvenienza di quell'indagine, l'indelicatezza di quella citazione, l'inopportunità di quell'interrogatorio. Va avanti infischiandosene allegramente della totale disapprovazione dell'establishment, riuscendo così ad alienarsi - con un sol colpo - le simpatie di gran numero di politici amministratori mafiosi corrotti e collusi.

E allora che fa? Si ravvede? riporta le sue istruttorie pazzesche entro i limiti della buona creanza? Assolutamente no, si capisce.

E così che ottiene in cambio oltre all'amore e l'ammirazione incondizionata della società civile e - con i tempi che corrono, non è poco? Che fra la vita di Riina al 41bis e la sua, dal punto di vista della libertà c'è ben poca differenza: ambedue sono sorvegliati a vista, vanno dove possono e non dove vogliono, sanno che - nascosta in ogni ombra - ci può essere la morte.

E allora, grazie Antonino Di Matteo, anche tu mi dai voglia Stato, di quello che nasce dalla Giustizia e dalla Verità.

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