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Riformare i servizi socio-sanitari per non arretrare sul terreno dei diritti

Riformare i servizi socio-sanitari per non arretrare sul terreno dei diritti

Emilia Romagna - Crescono di giorno in giorno le difficoltà degli Enti Locali nel fronteggiare il grave disagio di fasce sempre più larghe di popolazione

Marani Paola Domenica, 27/10/2013 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Ottobre 2013

Crescono di giorno in giorno le difficoltà degli Enti Locali nel fronteggiare il grave disagio di fasce sempre più larghe di popolazione. Non solo la crisi occupazionale colpisce duramente i lavoratori in condizione di precarietà, ma le persone, le famiglie e gli stessi Servizi pubblici vivono una sempre maggiore difficoltà nel rispondere alle esigenze di cura e di assistenza della popolazione anziana più fragile e, più in generale, di chi necessita di sostegno.

La riduzione del 90% delle risorse destinate al sociale e la contrazione dei fondi destinati al Servizio Sanitario Nazionale impongono in tutto il Paese una riorganizzazione dei servizi socio-sanitari, considerata la loro grande disomogeneità e la colpevole mancanza, ancora oggi, di una normativa nazionale che definisca i livelli essenziali delle prestazioni sociali. Pur in questo quadro non confortante, il sistema di welfare emiliano-romagnolo, costruito negli anni attraverso una forte collaborazione ed integrazione istituzionale, con un impegno straordinario della Regione nel mantenere le risorse destinate al fondo per la non autosufficienza e con una partecipazione sempre più determinante del mondo dell’impresa sociale, profit e no profit, rappresenta il perno di un valido modello di coesione. Questo modello di welfare mix è costituito da una consistente presenza di gestori pubblici accanto alla presenza in taluni settori, soprattutto nei servizi per disabili e nell’assistenza domiciliare, della cooperazione sociale. Del resto, come dicevo, i servizi sociali sono stati i primi a risentire dei tagli alla finanza locale e della inadeguatezza dell’ambito di riferimento comunale sia nella pianificazione che nella gestione; tanto che i Comuni, ancora prima delle normative nazionali e regionali sulle forme associative, hanno avviato collaborazioni in ambito distrettuale e gestioni associate in particolare per i servizi rivolti a minori, disabili ed anziani. Di conseguenza le IPAB prima e le ASP (Aziende pubbliche di servizi alle persone) successivamente, proprio per la loro valenza sovra comunale, sono già da tempo e in diversi territori lo strumento operativo dei Comuni per la gestione dei servizi.

Perché la Regione Emilia-Romagna ha voluto con una legge riordinare le forme pubbliche di gestione dei servizi sociali e socio-sanitari? L’obiettivo è chiaramente garantire il futuro di questi servizi e la rispondenza ai diritti di cura delle persone. Le ASP possono diventare uno strumento davvero importante ed efficace per realizzarlo, in virtù di una riforma che individua per tutti i territori gestori pubblici a scala sovra comunale e supera i vincoli sull’assunzione di personale a cui sono sottoposti i Comuni. La nuova normativa affronta fino in fondo il tema della frammentazione che si è prodotta nel tempo con la presenza di diversi gestori nello stesso distretto, con inevitabili conseguenze di diseconomie e difficoltà nell’integrazione fra i servizi e nella continuità assistenziale. La nostra legge di riordino delle forme pubbliche di gestione dei servizi rafforza dunque e stabilizza le gestioni pubbliche, le rende più efficienti portandole ad un unico soggetto per distretto che, per scelta dei Comuni, può anche essere diverso dall’ASP. Rafforzare le gestioni pubbliche non vuol dire internalizzare i servizi oggi gestiti dal privato, ma significa al contrario garantire maggiore stabilità, rendere più forte il sistema di governance che consente di valorizzare la funzione pubblica dei soggetti privati che erogano servizi attraverso il sistema dell’accreditamento.



(Redazionale)

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