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Riflessioni e proposte

Riflessioni e proposte

Prostituzione - Un documento prodotto da associazioni ed enti che lavorano su prostituzione e tratta delle persone, tra cui il Gruppo Abele, contenente idee e proposte, è stato inviato alle istituzioni competenti

Redazione Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2009

Ministri:

- per le Pari Opportunità, Maria Rosaria Carfagna

- dell’Interno, Roberto Maroni

- della Salute e delle Politiche Sociali, Maurizio Sacconi

- della Giustizia, Angelino Alfano



p.c. Al Presidente del Consiglio dei Ministri

Silvio Berlusconi





Obiettivo del documento

Il presente documento è a cura di enti, associazioni, organizzazioni di diversa natura e dimensione, del servizio pubblico e del privato sociale, dell’ambito laico e cattolico, con storie e approcci diversi, uniti però da una pluriennale esperienza di impegno nelle politiche e nella realizzazione di interventi sulla prostituzione,

sull’emarginazione e lo sfruttamento, sulla tratta degli esseri umani: Asgi, Associazione Gruppo Abele, Associazione On the Road, Caritas Italiana, Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (Cnca), Comitato per i Diritti Civili delle Prostitute, Comune di Venezia, Consorzio Nova, Coop. Sociale Dedalus, Save the Children (in ordine alfabetico). Molte delle sigle espresse rimandano a decine, a volte a centinaia, di realtà collegate in rete.

Obiettivo del documento è quello di evidenziare le problematiche e le possibili linee di intervento in merito alla prostituzione e alla tratta di esseri umani nelle sue diverse forme.

Conseguentemente vengono formulate proposte sulle politiche da mettere in campo, ponendo al centro la tutela e la promozione dei diritti umani (come sanciti a livello internazionale, europeo e nazionale), il lavoro con le comunità locali per il miglioramento della qualità della vita e l’abbassamento delle conflittualità sociali, la condivisione delle responsabilità tra gli attori, un approccio integrato e multidisciplinare nel rapporto tra livello locale e livello nazionale e tra istituzioni e società civile.

Il documento si basa su una pluralità di esperienze e di pratiche di lavoro sociale realizzate nel corso degli ultimi 15 anni, ma anche di consapevolezza ed attenzione alle politiche.



L’impegno e i risultati di un lavoro pluriennale

I servizi messi in campo sono variegati: interventi di promozione della salute, unità di strada, sportelli di ascolto, interventi di mediazione sociale e dei conflitti, accoglienza, consulenza e assistenza legale, corsi di formazione professionale, inserimenti lavorativi, ecc. Inoltre ricerche, pubblicazioni, sensibilizzazione, lavoro di rete ecc.

Tra marzo 2000 e maggio 2007 il complesso degli enti impegnati nel settore sono entrati in contatto con 54.559 persone coinvolte nella prostituzione offrendo ascolto, accompagnamento ai servizi socio-sanitari, consulenza, aiuto e nello stesso periodo hanno realizzato 13.517 programmi art. 18 per le vittime di grave sfruttamento e tratta, 938 dei quali in favore di minori.

Tutelare e promuovere i diritti delle vittime ha rappresentato e rappresenta inoltre il più efficace contributo al contrasto delle organizzazioni criminali che ne gestiscono la tratta e lo sfruttamento. L’Italia è il Paese con il numero più alto numero di arresti e processi per reati di tratta e correlati. Un dato che potrebbe essere ulteriormente incrementato.

Questo lavoro ha insegnato agli enti a conoscere e ad operare con chi si prostituisce, con le vittime della tratta in vari ambiti di sfruttamento, con la cittadinanza, con le altre e diverse agenzie del territorio, con le istituzioni nazionali ed europee.

Un lavoro che è servito:

• ad aiutare migliaia di persone ad affrancarsi dallo sfruttamento e dalle nuove schiavitù ricostruendosi una vita;

• a far crescere la sensibilità e la coscienza civile delle persone e dei territori su questi temi;

• a contrastare le reti e i soggetti criminali.

Questo operare comune, assieme all’aiuto e al sostegno dei Ministeri competenti, ha contribuito a fare dell’Italia il modello di riferimento nello scenario internazionale per gli interventi di tutela delle persone vittime di grave sfruttamento e tratta.

Un lavoro che, ascoltando la domanda di “sicurezza” che viene dai territori ha dimostrato che, là dove si affrontano i problemi sociali attraverso la mediazione e la concertazione tra i soggetti coinvolti, senza snaturarli in problemi di ordine pubblico, le conflittualità si attenuano e si costruisce “sicurezza sociale”.



Le Questioni

Intorno alla prostituzione, e alla connessione con l’immigrazione, ciclicamente si accende il dibattito pubblico, soprattutto per via del disagio e dell’allarme che la prostituzione di strada suscita nei cittadini.

Un disagio e un allarme che devono essere ascoltati e considerati. Che però troppo spesso vengono enfatizzati, con l’effetto di alimentare la paura e la stigmatizzazione rispetto ad alcune “categorie” di persone, anziché facilitare la ricerca di soluzioni.

Guardare alla complessità della problematica e alle sue molteplici implicazioni è essenziale per intervenire adeguatamente:

- per ridurre le conflittualità sociali;

- per evitare le discriminazioni, ridurre il disagio, offrire alternative di inclusione sociale e lavorativa a chi si prostituisce;

- lottare contro lo sfruttamento e garantire l’accesso alla protezione e alla tutela previste per legge per le vittime di tratta a scopo di sfruttamento sessuale, lavorativo, in accattonaggio e attività illegali.

Presupposto di tali interventi deve essere la consapevolezza che per incidere sulla percezione di insicurezza di parte della cittadinanza e di alcuni territori, occorre costruire la sicurezza sociale e dei diritti, costruire contesti sociali ed economici in cui tutte le persone che ne fanno parte vedano garantiti i propri diritti

fondamentali, possano contare su opportunità di aiuto e di integrazione, siano protagoniste, partecipino, coltivino relazioni positive, abbiano una buona qualità della vita.

Manifestiamo invece preoccupazione per il quadro generale caratterizzato da un indebolimento delle politiche di welfare e delle garanzie dei diritti e, nello specifico, per le iniziative annunciate, volte a vietare la prostituzione di strada, e rispetto alle quali presentiamo le seguenti considerazioni.



Vietare la prostituzione di strada: inefficace e controproducente

Nella Relazione dell’Osservatorio sulla Prostituzione (ottobre 2007), redatta dal Ministero dell’Interno, di concerto con gli altri Ministeri, con la Direzione Nazionale Antimafia, con Enti Locali e con il Terzo Settore, si afferma che la prostituzione non è una questione di ordine pubblico ma una questione sociale3. Quando,

come spesso accade, la prostituzione si configura come una forma di tratta, sfruttamento o riduzione in schiavitù, tali fenomeni vanno perseguiti come previsto dalla legge. L’esperienza evidenzia come vietare la prostituzione in strada e prevedere interventi unicamente repressivi contro prostituzione e immigrazione irregolare significa:

- non considerare che la prostituzione di strada riguarda in buona parte donne e minori stranieri di entrambi i sessi vittime di sfruttamento;

- non considerare che la lotta allo sfruttamento non si realizza con l’eliminazione della prostituzione di strada, visto che violenza, sfruttamento, riduzione in schiavitù già sono presenti in una parte della prostituzione al chiuso esercitata negli appartamenti o tramite i locali notturni;

- non considerare che chi si prostituisce non commette reati contro terzi ma spesso li subisce (violenze, stupri, rapine, sfruttamento, riduzione in schiavitù);

- criminalizzare le vittime e non gli sfruttatori;

- sottrarre le risorse delle forze dell’ordine alle attività di indagine e contrasto verso il crimine e congestionare ulteriormente gli uffici giudiziari;

- far percepire i rappresentanti delle forze dell’ordine da parte di chi si prostituisce come nemici e non come riferimenti in cui riporre fiducia e cui poter chiedere eventualmente aiuto;

- soprattutto spostare “il problema” (e spesso solo temporaneamente) da un luogo ad un altro: da un comune a quello vicino, dalla città alla periferia, verso luoghi più insicuri, dalla strada ai luoghi chiusi;

- correre il rischio che ancora di più le reti criminali organizzino lo sfruttamento della prostituzione al chiuso, in palazzine dedicate;

- rendere più difficili le attività di contatto, informazione, sensibilizzazione ed accompagnamento che svolgono le unità di strada;

- stigmatizzare e discriminare ancora di più le persone che si prostituiscono;

- rendere ancora più vulnerabili le persone trafficate perché irraggiungibili dagli operatori sociali ma anche dalle forze dell’ordine, riducendo quindi drasticamente le loro possibilità di accedere ai programmi di assistenza di cui all’articolo 13 e all’articolo 18;

- ridurre le possibilità di accesso delle vittime di grave sfruttamento e tratta ai programmi art. 13 e art. 18, significa anche ridurre le probabilità che esse collaborino con forze dell’ordine e magistratura nel perseguire trafficanti e sfruttatori;

- il rimpatrio forzato significa il più delle volte immettere una seconda volta le vittime nel circuito dello sfruttamento in una condizione di vulnerabilità ancora maggiore.

Vietare la prostituzione di strada è dunque una operazione non solo inefficace, ma controproducente, e molto rischiosa.

L’esperienza dice anche che, là dove la prostituzione di strada crea disagio alla cittadinanza (e non dovunque ciò avviene), si possono mettere in atto strategie e azioni che ne riducono l’impatto, che risolvono i conflitti.

Le questioni della pulizia dei luoghi in cui viene esercitata la prostituzione, degli schiamazzi, il disagio della cittadinanza, possono essere affrontate nel momento in cui si mettono intorno ad un tavolo le istituzioni, le associazioni, le rappresentanti di chi si prostituisce, le unità di strada: si trovano soluzioni, molto più

semplici, efficaci, rispettose ed economiche di telecamere, divieti ecc.

Come pure é pericolosa l’idea che periodicamente ritrova dei sostenitori: il ritorno alle case chiuse e ai controlli sanitari obbligatori. La diffusione delle malattie sessualmente trasmissibili non si riduce in tal modo, anzi, il rischio di diffusione aumenta: si abbassa infatti la protezione (più di quanto purtroppo già non si

faccia) poiché non si considera che il “periodo finestra” riduce di molto l’attendibilità dei risultati delle analisi.

I controlli sanitari obbligatori così, oltre ad andare contro le libertà personali, oltre ad essere discriminanti perché pensati solo per le donne e non anche per i clienti, sono una pericolosa “falsa protezione”.



Occorre contrastare la tratta degli esseri umani e le diverse forme di sfruttamento

Allargando lo sguardo all’ampio fenomeno dello sfruttamento e della tratta degli esseri umani – fenomeno in aumento - va sottolineato che ne sono vittime donne, uomini, transgender, minori di ambo i sessi, sfruttati non solo nella prostituzione ma anche in diversi settori del mercato del lavoro (edilizia, agricoltura, manifatture…), nell’accattonaggio (bambini e adulti disabili), in attività illegali (costretti a commettere furti o spacciare sostanze stupefacenti).

Sono persone da un lato sfruttate (perché pagate meno, perché funzionali alle domande della nostra società: di sesso a pagamento, di lavoro a bassissimo costo); dall’altro trattate come “indesiderate”, da allontanare, vissute come “altro da noi”. E’ un atteggiamento che racchiude ambiguità e mancanza di rispetto per l’altro in quanto essere umano. Troppo spesso non vediamo (o non vogliamo vedere) che sono persone assoggettate e sfruttate da organizzazioni criminali che approfittano della spinta di migliaia di persone a migrare alla ricerca di una vita migliore per sé e per le proprie famiglie. Persone che, anziché venir aiutate (come previsto dalla normativa italiana e internazionale), a causa del “giro di vite” su prostituzione e migrazione irregolare, rischiano di cadere vittime doppiamente, ma questa volta delle leggi e delle istituzioni.



PROPOSTE

Sulla base dell’impegno e dei risultati di oltre 15 anni di lavoro sulle tematiche della prostituzione e della tratta di esseri umani, riconoscendo che l’approccio fondato sui diritti umani deve guidare ogni intervento in materia, certi che la sicurezza percepita e sostanziale si crea costruendo contesti sociali basati sulla tutela e

promozione dei diritti di tutte le loro componenti, formuliamo le seguenti proposte:

1. Mantenere i diritti garantiti dalla legge Merlin ed avviare una politica ed un sistema di interventi sociali sulla prostituzione.

Siamo convinti che la Legge Merlin nello spirito e nell’impianto sia una conquista da mantenere, perchè:

- tutela la dignità delle persone che si prostituiscono, impedendo che vengano schedate a vita;

- relega alla sfera privata ed individuale tra adulti la prostituzione;

- protegge chi esercita la prostituzione forzata o in condizioni di sfruttamento;

- favorisce percorsi di fuoriuscita e di assistenza;

- garantisce che i comportamenti non siano invasivi, offensivi;

- colpisce lo sfruttamento della prostituzione altrui;

- tutela i minori.

In questi anni vi sono stati interventi normativi che hanno opportunamente affiancato alla legge altri strumenti (ad esempio rispetto alla tratta a scopo di sfruttamento sessuale).

Ora, invece di prevedere nuove norme, è importante pensare politiche ed interventi che riescano a realizzare per tutte le persone che vogliono lasciare la prostituzione, un buon inserimento sociale e

lavorativo, prevedendo:

- attività di contatto e promozione dei diritti;

- orientamento, formazione di base e professionale;

- misure di accompagnamento all’inserimento lavorativo e di sostegno all’inclusione sociale.

2. Considerare il sentimento di insicurezza nei territori in cui si manifesta e gestitire i problemi, attraverso tavoli di concertazione e attività di mediazione.

Essere dalla parte della cittadinanza significa non creare e colpire dei capri espiatori, bensì costruire contesti sociali in grado di capire le questioni e gestirle. Le associazioni e gli enti da sempre sono disponibili a ragionare coi contesti per individuare strade percorribili. Dove si è chiesto il loro aiuto ed hanno lavorato insieme, le situazioni più critiche sono state gestite e risolte. Proponiamo quindi:

• Tavoli Territoriali di Concertazione che vedano la partecipazione di Amministrazioni locali, Organizzazioni non profit, Unità di Strada, Forze dell’Ordine, rappresentanze della comunità locale e

delle persone che si prostituiscono;

• la presenza di unità di strada che promuovano la tutela individuale e collettiva della salute e che offrano informazione e orientamento ai servizi e promozione dei diritti e delle opportunità;

• azioni di sensibilizzazione e informazione rivolte alla cittadinanza e alle agenzie territoriali;

• la negoziazione sociale e la riduzione della conflittualità;

• la mediazione con le persone che si prostituiscono ai fini dello spostamento verso luoghi a minore impatto sociale;

• il monitoraggio e la valutazione degli interventi.

3. Intensificare la formazione su tutto il territorio nazionale delle forze dell’ordine e delle altre agenzie sulle leggi esistenti e sugli strumenti/opportunità a disposizione.

Ancora troppo spesso si assiste a una scarsa applicazione dell’art.18 e di altre leggi a tutela delle vittime e di contrasto alle organizzazioni criminali.

Le leggi per aiutare le vittime e contrastare la prostituzione forzata e la tratta a scopo di sfruttamento in altri settori ci sono e sono buone leggi anche se (hanno rilevato l’Osservatorio del Ministero dell’Interno e il Comitato Interministeriale contro la Tratta), non sempre sono applicate al meglio e in modo uniforme

sul territorio nazionale. Ci riferiamo in particolare all’appiattimento dell’art.18 sulla dimensione premiale,

anziché alla sua applicazione per la prioritaria tutela dei diritti delle vittime; sottolineiamo che proprio la protezione delle vittime riesce a creare quel clima di fiducia che porta le stesse a collaborare con le forze dell’ordine e la giustizia e quindi a fornire gli elementi utili al contrasto alla criminalità organizzata che le sfrutta (una consapevolezza ribadita non solo dalla Direzione Nazionale Antimafia e dai Ministeri dell’Interno e per le Pari Opportunità a livello nazionale, ma anche da altri Paesi che ormai si ispirano al modello italiano” e parte integrante della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla Tratta).



Proponiamo quindi:

- piena ed omogenea applicazione all’art. 18, sia sul piano della concessione dei permessi di soggiorno per il percorso “giudiziario” che per il percorso “sociale” (così come prescritto dalle circolari dei Ministri dell’Interno Pisanu nel gennaio 2006 e Amato nel maggio 2007);

- tempi celeri di concessione dei permessi e di revoca dei decreti di espulsione;

- promuovere l’introduzione del tema del grave sfruttamento e della tratta nei curricula formativi delle diverse agenzie che hanno responsabilità in materia (magistratura, le diverse forze dell’ordine,

servizi sociali, ispettorati del lavoro) e promuovere in maniera sistematica la formazione congiunta multi-agenzia;

- promuovere il lavoro di rete multi-agenzia tra enti pubblici, organizzazioni non profit, forze dell’ordine, magistratura, ispettorati del lavoro, sindacati ecc. per l’emersione e la tutela delle vittime di grave sfruttamento e tratta, attraverso meccanismi di raccordo interistituzionale, procedure condivise, formazione congiunta continua.

4. Avviare un Piano Nazionale Anti-tratta e un sistema di Referral nazionale per la protezione delle vittime.

Il sistema italiano di tutela delle vittime di tratta viene preso a modello a livello europeo e internazionale.

Tuttavia l’Italia, contrariamente a quanto hanno fatto Paesi in cui il fenomeno è molto meno rilevante e che non possono certo vantare l’articolato insieme di interventi che connota il nostro Paese, non si è ancora dotata di un Piano Nazionale d’Azione contro la Tratta e di un Sistema di Referral Nazionale per le vittime di tratta.

Per far sì che l’Italia faccia ora un salto di qualità su questo tema e mantenga il livello di eccellenza che viene riconosciuto è necessario dotarsi, sia sul piano formale che sostanziale di:

- un Piano Nazionale d’Azione contro la Tratta;

- un Sistema di Referral Nazionale per l’emersione e l’assistenza delle persone trafficate.

5. Realizzare il passaggio da progetti a servizi: bandi pluriennali e aumento delle risorse.

Occorre superare la dimensione “progettuale” delle azioni che vengono realizzate da ormai 8 anni con il programma art. 18 D.Lgs. 286/98 e da 2 anni con il programma art. 13 L. 228/2003. E’ una instabilità

che non si giustifica poiché sono azioni ormai rese, di fatto, servizi e riconosciute nella loro utilità ed efficacia.

Occorre dunque assicurare l’ormai ineludibile passaggio da progetti a servizi degli interventi in realizzazione ai sensi dell’art. 18 e dell’art. 13 e quindi:

- superare il “respiro corto” dei bandi annuali;

- adeguare le risorse finanziare annue stanziate per l’art. 18 che, ad 8 anni dall’entrata in vigore

della norma, risultano assolutamente sottodimensionate;

- mettere in condizione Regioni ed Enti Locali di continuare a cofinanziare e dunque a sostenere gli interventi dell’art. 13 e dell’art. 18.

6. Prevedere gli opportuni collegamenti del sistema nazionale (sia sul piano sociale che investigativo e giudiziario) con i Paesi d’origine delle vittime di tratta ed anche con altri Paesi di transito e destinazione.

Sul piano della prevenzione, del supporto all’inclusione socio-lavorativa delle vittime che decidono volontariamente di rientrare nel proprio Paese, del sostegno allo sviluppo socio-economico dei Paesi di origine è importante:

- coinvolgere il Ministero degli Esteri che, attraverso proprie risorse finanziarie, istituisca una agenzia governativa con funzioni di interfaccia tra soggetti attuatori dell’art. 18 e dell’art. 13 e le

rappresentanze consolari presenti in Italia, al fine di garantire e ottenere presso tali Uffici i passaporti delle persone vittime di tratta con protocolli che garantiscano tutela e privacy delle

medesime. A tale scopo è inoltre opportuno studiare forme di raccordo con le rappresentanze consolari italiane nei diversi Paesi;

- promuovere interventi di prevenzione e sviluppo locale nei paesi di origine e di transito delle vittime della tratta di esseri umani, anche in raccordo con i progetti di cooperazione internazionale e

decentrata coordinati dal Ministero degli Affari Esteri. Un approccio di questo genere potrà inoltre supportare adeguatamente i percorsi di rientro volontario assistito con reali prospettive di reinserimento sociale e lavorativo;

- incrementare i rapporti con le Ambasciate dei Paesi di origine delle vittime onde migliorare le modalità relative al rilascio dei documenti.

7. Promuovere il Numero Verde in aiuto alle vittime di tratta.

Vista la diversificazione del fenomeno e il suo carattere prevalentemente sommerso, il Numero Verde rappresenta un efficacissimo strumento, poiché con le sue 14 postazioni locali è in grado di fornire risposte qualificate ed efficaci sulle 24 ore alle vittime di tratta ma anche alle diverse agenzie dei territori.

Occorre però sviluppare appieno le potenzialità del servizio, implementando una strategia costante e non episodica di promozione del Numero Verde su base nazionale e locale, rivolta sia agli operatori di settore (ad esempio presso le diverse forze dell’ordine), sia alla popolazione target (persone vittime di grave sfruttamento sessuale, lavorativo, nell’accattonaggio), sia alla popolazione in generale.

8. Evitare espulsione e carcere alle vittime di grave sfruttamento e tratta.

A causa dell’art. 14, comma 5 ter e 5 quater del Testo Unico sull’Immigrazione, frequentissimi sono i casi di persone vittime di grave sfruttamento e tratta che durante il programma di assistenza, o persino a programma concluso, si ritrovano destinatarie di ordini di carcerazione per il reato di violazione del decreto di espulsione e quindi per non aver ottemperato all’ordine del questore di lasciare il territorio nazionale (una mancata ottemperanza dovuta allo stato di assoggettamento insito nella condizione di vittima di tratta o grave sfruttamento).

Per evitare tale palese contraddizione con la normativa italiana che tutela le vittime di grave sfruttamento e tratta, è dunque inderogabile:

- una revisione della disciplina delle espulsioni che tenga conto della necessità di sospendere il provvedimento di espulsione nei casi in cui vi siano fondati elementi per ritenere che la persona

straniera sia stata assoggettata ad una situazione di violenza o grave sfruttamento di cui è stata vittima nel territorio nazionale;

- l'esclusione della punibilità per i reati e le infrazioni relative alla condizione di soggiorno illegale commessi dalla persona straniera in condizioni di assoggettamento alla violenza e al grave sfruttamento.

9. Favorire il ricongiungimento dei familiari delle vittime di tratta.

Si rende inoltre necessaria una revisione della disciplina e della procedura di ricongiungimento familiare che consenta l'adozione di procedure accelerate e la semplificazione dei requisiti quando i familiari della persona straniera che sia stata vittima di tratta o grave sfruttamento corrano rischi per la propria incolumità in ragione dell'assoggettamento alla situazione di violenza o grave sfruttamento di cui la persona straniera stessa è stata vittima.

10. Assicurare le speciali tutele dovute per i minori.

E’ fondamentale assicurare la piena tutela dei minori coinvolti in attività prostitutiva o vittime di sfruttamento, tratta, riduzione in schiavitù.

Tale prioritaria tutela va assicurata da parte di tutte le agenzie impegnate ed in tutte le fasi degli interventi, dalla emersione, all’accoglienza e all’inclusione sociale.

Ciò riguarda anche l’eventualità del rimpatrio. Un minore dovrebbe essere rimpatriato nel proprio paese d’origine soltanto se tale misura corrisponde alla realizzazione del suo superiore interesse. In tal caso, il rimpatrio deve essere effettuato in modo assistito e garantendo l’incolumità psico-fisica ed il benessere del minore. Nel determinarne il suo superiore interesse, il minore deve essere ascoltato e la sua opinione deve essere tenuta in debito conto, considerati la sua età e grado di maturità.

11. Ratificare la Convenzione del Consiglio d’Europa contro la tratta.

Ratificare la Convenzione n. 197 del Consiglio d’Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani, adottata a Varsavia il 16 maggio 2005. L’Italia, infatti, pur avendo firmato la Convenzione in data 8

giugno 2005, non ne ha ancora disposto la ratifica, che pertanto si auspica, in ragione della importanza sociale, giuridica e politica che questo strumento internazionale riveste.

12. Assumere un metodo di lavoro congiunto.

Prevedere che, quando si affrontano temi delicati e complessi come tratta e prostituzione, e si lavora per definirne le politiche di intervento, debbano essere presenti i diversi attori istituzionali e non interessati. Rispetto allo specifico della tratta e del grave sfruttamento, proponiamo inoltre di valorizzare e sviluppare le potenzialità del “Comitato di coordinamento delle azioni di governo contro la tratta”.

Poiché tale organismo, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, raccoglie tutti i Ministeri competenti, la Direzione Nazionale Antimafia, le Organizzazioni Non Profit accreditate, rappresentanza di Regioni ed Enti Locali, Sindacati e Associazioni di categoria, esperti in diverse discipline, crediamo sia il miglior luogo per la definizione, programmazione e per il monitoraggio delle politiche e degli interventi in materia di grave sfruttamento e tratta.





Associazioni firmatarie:

Asgi, Associazione Gruppo Abele, Associazione On the Road, Caritas Italiana, Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (Cnca), Comitato per i Diritti Civili delle Prostitute, Comune di Venezia, Consorzio Nova, Coop. Sociale Dedalus, Save the Children



(2 gennaio 2009)

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