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Riduzione in schiavitù, reato difficile da dimostrare

Riduzione in schiavitù, reato difficile da dimostrare

On the Road parte civile al processo di Ancona

Mercoledi, 31/03/2010 -
Il Presidente Castelli esprime soddisfazione per la sentenza Costituitasi parte civile al processo che ieri ha visto il Tribunale di Ancona comminare condanne a otto e due anni per reati gravissimi come la riduzione in schiavitù, lo sfruttamento della prostituzione e la violenza sessuale nei confronti di una giovane donna nigeriana, l’associazione On the Road esprime plauso e soddisfazione per la sentenza espressa : “La sentenza di Ancona – commenta il Presidente dell’associazione Vincenzo Castelli – è importantissima per diversi motivi. Prima di tutto perché riconosce il reato di riduzione in schiavitù che è molto difficile da dimostrare eppure sempre più diffuso. In secondo luogo, le condanne inflitte ieri sono la dimostrazione che azioni di contrasto alla prostituzione che vadano a colpire le ragazze che si prostituiscono in strada o in appartamento sono rivolte nella direzione sbagliata: non ha senso colpire chi è vittima di organizzazioni criminali, è necessario colpire gli sfruttatori, come è accaduto in questo caso".



L’associazione On the Road ha accolto oltre un anno fa la giovane donna nigeriana che ieri è stata riconosciuta vittima di tre sfruttatori , le ha fornito il supporto legale necessario per denunciare gli schiavisti che la costringevano a prostituirsi lungo la Bonifica del Tronto e l’ha aiutata nell’accedere ad un programma di protezione sociale grazie al quale è stata trasferita in un luogo sicuro da dove potrà avviare il proprio  reinserimento sociale e lavorativo.



“Questo caso – commenta ancora Vincenzo Castelli – è davvero emblematico: la ragazza ha subito violenze al limite della tortura perché rifiutava di prostituirsi, i dipendenti di una fabbrica che ha sede sulla Bonifica le hanno prestato il primo aiuto e hanno segnalato il caso all’associazione On the Road e alle Forze dell’Ordine. La condanna degli sfruttatori, dopo oltre un anno di lavoro teso a restituire giustizia e autonomia alla ragazza, suggella un modello di intervento che mette in sinergia la responsabilità di tutti, dai cittadini alle associazioni, alle forze dell’ordine, fino alla magistratura”.



E naturalmente il plauso di Vincenzo Castelli va agli operatori della sua associazione e in particolare agli avvocati Michela Manente e Guido Talarico, dell’ufficio legale.



Ufficio stampa: Cristiana Bianucci

comunicazione@ontheroadonlus.it

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