Ortensi Paola Domenica, 27/04/2014 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2014
È primavera inoltrata, i pascoli sono verdi. L’alimentazione di pecore, capre e mucche si arricchisce di erba fresca. Per il latte l’erba rilascerà aromi e fragranze avvolgenti che faranno di ogni formaggio un prodotto unico. Per questo quel dono del latte che rappresenta la ricotta, già nota ai greci e romani come raccontato dallo storico Columella, è il periodo migliore per gustarla. La ricotta, non propriamente un formaggio, è come il suo stesso nome ci indica frutto di una seconda cottura del siero residuo dei formaggi. A una certa temperatura del siero, circa 85 gradi, nel recipiente di cottura risalgono in superficie piccoli agglomerati bianchi, origine di quel morbido alimento che è la ricotta. Viene raccolta e conservata nelle fuscelle (in origine cestini di fine paglia intrecciata, oggi di plastica) per lo più a forma di trapezio, probabilmente per favorire lo sgocciolamento del siero residuo. La ricotta più famosa è sicuramente quella di pecora, che nel Lazio e più precisamente nell’agro romano è riconosciuta come DOP (denominazione di origine protetta). Sempre più diffusa è quella di vacca, ma negli ultimi anni è apprezzata anche quella di capra e di bufala. Un occhio esperto riconosce le ricotte dei diversi tipi di latte anche dal colore: bianco porcellana per quella di bufala, bianco opaco per mucca e pecora e bianco perlaceo quella di capra. Considerata dai pastori residuo del formaggio, insieme al pane è stata per decenni - forse per secoli - il loro alimento. Secondo quell’insuperabile capacità del mondo contadino di non sprecare nulla e di “inventare” come conservare un prodotto è stata salata, seccata, affumicata o messa al forno tanto da divenire poi in molte zone d’Italia un prodotto tipico. Al sud, dove l’uso del parmigiano è arrivato solo decenni fa, molti primi piatti vengono tradizionalmente irrorati con pecorino o con ricotta secca grattata. La consistenza della ricotta, in origine sempre straordinariamente morbida, è divenuta anche nei modi di dire sinonimo di mancanza di forza e di inconsistenza. Ha le ‘mani di ricotta’ colui a cui cade spesso qualcosa. È una ricotta chi non ha una personalità forte e determinata o si squaglia a fronte delle difficoltà. È la caratteristica di morbidezza e malleabilità unita alla delicatezza del suo gusto che rende la ricotta adatta ad amalgamarsi a sapori dolci o salati. Costituisce la base di paste farcite come tortelloni o ravioli; fresca è una goduria per una ricca colazione magari unita al miele a una marmellata, alla polvere di caffè, o dolcemente deposta sul caffè, è ingrediente principe di dolci. La ricotta fu anche titolo di un episodio drammatico e dissacrante di un film di Pasolini. Spigolando fra le ricette, davvero infinite, ne segnaliamo alcune.
LE RICETTE
Pasta con la ricotta. Il segreto è rendere la ricotta cremosa lavorandola con la forchetta e usando un po’ d’acqua di cottura della pasta, che si suggerisce possa essere quella a forma di fusilli per facilitare l’abbraccio del bianco condimento. Un po’ di pepe per chi lo gradisce.
Frittata con la ricotta. Uova, ricotta e sale tanto da rendere bello compatto il preparato e un po’ di prezzemolo per colorare e variegare la frittata.
Crostata di ricotta e visciole. È una ricetta tipica della cucina romano giudaica. Tante le ricette reperibili in internet e comunque la possibilità d’acquisto e assaggio nell’unico forno del Ghetto di Roma, raggiunto da turisti di tutto il mondo, dove la si prepara secondo la tradizione antica.
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