TRENTENNI DI OGGI / 4 - Intervista a Isabella Tomassi
Ribet Elena Martedi, 18/10/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Ottobre 2011
Pescomaggiore è un piccolo borgo di origini altomedioevali alle porte del Parco Nazionale del Gran Sasso - Monti della Laga, a una decina di chilometri da L’Aquila. Qui nasce EVA, l’eco villaggio autocostruito post sismico, che ha visto lavorare insieme abitanti del paese, oriundi, volontari da tutta Europa. L’obiettivo non è solo quello di consentire a più famiglie possibili di restare a vivere nel loro paese dopo il terremoto del sei aprile, ma anche quello di intraprendere un percorso collettivo “alla ricerca dell’ALMA”, acronimo di “Abitare-Lavoro-Memoria-Ambiente”, quattro elementi essenziali della vita. Il progetto è degli architetti Paolo Robazza e Fabrizio Savini del BAG studio mobile, con l’assistenza tecnica di Caleb Murray Burdeau, esperto in bioarchitettura. La materia prima sono balle di paglia provenienti dai campi di cereali della zona, i terreni sono concessi in comodato da alcuni compaesani. Risultato: un villaggio perfettamente coibentato e low cost (circa 650 euro al metro quadro), a minimo impatto ambientale, che rispetta le vigenti norme anti-sismiche ed edilizie. Coordina il villaggio Isabella Tomassi.
www.pescomaggiore.org
“Sono una cittadina aquilana che ha deciso di rimanere qui, ma a modo suo. Sono nata nel 1978, ho studiato fisica, mi sono laureate in filosofia a Napoli nel novembre del 2009 e ora lavoro a tempo pieno per Eva.”
Rispetto alle tue coetanee che vivono in altre regioni italiane, ti senti diversa?
Quando c’è stato il terremoto stavo scrivendo la mia tesi specialistica in Francia. Ho scelto di tornare immediatamente. Rispetto a una mia coetanea mi sento più fortunata perché tutti i dubbi che avevo su dove andare, cosa fare della mia vita e perché, sono spariti. Si è dissolto in un lampo quel limbo universitario in cui, in un modo o in un altro, tentennavo, facendo delle cose come attivista politica e artistica… ma il terremoto ha chiarito i miei obiettivi. Ha paradossalmente creato una visione dove io potessi applicare quello in cui credo e per cui studiato. Da altri punti di vista, in realtà, ritengo che la situazione dell’Aquila sia semplicemente una lente di ingrandimento di cosa accade in Italia in questo momento storico, e che non ci sia molta differenza tra vivere a Bari piuttosto che a Milano. Il precariato, lo stress della vita contemporanea, i condizionamenti rispetto alla realizzazione economica e alla realizzazione dei propri desideri, alla costruzione di una famiglia ad esempio, generano gli stessi conflitti ovunque.
Pensi che in Italia, oggi, sia possibile per le trentenni progettare un futuro in cui le parole "famiglia" e "lavoro" siano conciliabili?
Bisogna partire dalla constatazione del fatto che una ragazza madre non venga aiutata nel compito più importante in una società, cioè quello del dare la vita e dell’educazione delle nuove generazioni. Penso che sia possibile progettare un futuro diverso, ma richiede ancora e più che mai uno sforzo di pacificazione interiore, nel senso che pur vivendo in un’epoca di grandi conflitti (non che non ce ne siano stati in passato, ma ora sono aumentati su scala globale) il primo passo è quello che parte da dentro. Dobbiamo gestire il conflitto con noi stessi rispetto alle aspettative che la società ripone su di noi; c’è il primo cerchio della famiglia, a seguire quello di amici, parenti, fidanzati… Questo sistema concentrico ha un peso enorme su una donna, che deve realizzarsi al massimo in tutto, essere bella, carina, simpatica, sempre intelligente, buona amica, buona amante, e tutto ciò rende le cose ancora più difficili. C’è un sovraccarico di aspettative sia da parte degli altri che da parte di noi stesse, ma nessuno si interroga su come realizzare, ad esempio, di essere una buona madre; non è semplice riuscire in questa impresa, ma sarebbe grandioso per la società e l’umanità che questo avvenisse, invece di dimenticare noi stesse e di essere livellate con l’alibi della mancanza di tempo materiale per realizzare i nostri progetti e i nostri desideri. Cercare di immaginare una femminilità consapevole è anche una consapevolezza del genere umano. Pensiamo alle differenze con le ragazze straniere, certo c’è anche una questione di welfare, ma all’estero donne molto giovani si sentono più sicure di fare figli e li fanno. Noi abbiamo paura, a trent’anni siamo ancora nel pieno dell’adolescenza, magari non abbiamo mai convissuto e la maternità è vista come estranea; non c’è più quel passaggio di zie, cugine, sorelle, in cui ci sia la possibilità di tenere tanti figli in braccio, manca una “educazione mimetica” della maternità.
A cosa non rinunceresti mai?
Alla dimensione delle relazioni sociali, a costruire insieme agli altri qualcosa, da una semplice bella serata, al progetto Eva, a un evento di poesia... Non andrei mai a vivere isolata su una montagna ritirandomi dalla vita collettiva. Eva rappresenta molto bene questo contatto con il mondo. Siamo a venti minuti dall’Aquila e a dieci chilometri dall’autostrada. Siamo nel mondo. In senso materiale, non rinuncerei ai libri e alle camminate
Cosa ti hanno insegnato le donne?
Mia madre mi ha insegnato l’indipendenza, a non aver paura di niente, mi ha insegnato il coraggio di andare, di provare, di osare. Mia sorella, che è l’opposto di me, mi ha insegnato la dolcezza. Il mio rapporto con le donne è cambiato nel tempo. Quando ero ragazzina avevo solo amici maschi, mi annoiava parlare di vestiti, frivolezze, mi ero convinta che le donne fossero noiose e basta, che venissero da un altro mondo rispetto a me, con loro non c’era niente di spericolato; i ragazzi erano più avventurosi, anche un po’ folli, soprattutto da adolescenti. Poi mi è capitato di frequentare la biblioteca donne dell’Aquila, conoscendo Filomena Cioppi, e delle amiche buddiste. Avevo 24 anni ed ero la più giovane, ho visto come lavorano insieme le donne, come parlano, ho iniziato a leggere riviste, a seguire eventi culturali… Queste donne mi hanno subito spronato, ho potuto presentare il mio reportage dello Sri Lanka, ho osservato e imparato le esperienze del femminismo, le differenze nell’approccio ai problemi. A un certo punto mi sono detta: anche io la penso così. È iniziato tutto con l’empatia, con tantissime amiche con cui ho approfondito delle relazioni. Questo mi ha fatto diventare donna, prima non sapevo di esserlo. Quanto alla produzione letteraria e filosofica, invece, non ho mai fatto distinzioni; per me un bravo scrittore è un bravo scrittore, un poeta è un poeta. Non riesco ad attribuire un sesso all’arte o al pensiero. Lì si toccano le vette massime dell’umanità, ciò che scrive una donna può essere capito e fatto proprio da un uomo, e viceversa.
EVA, dopo il terremoto, ha permesso di intraprendere un percorso collettivo “alla ricerca dell’ALMA”, acronimo di “Abitare-Lavoro-Memoria-Ambiente”. Il progetto è degli architetti Paolo Robazza e Fabrizio Savini del BAG studio mobile, con l’assistenza tecnica di Caleb Murray Burdeau, esperto in bioarchitettura. La materia prima sono balle di paglia provenienti dai campi di cereali della zona, i terreni sono in comodato. Risultato: un villaggio perfettamente coibentato e low cost (circa 650 euro al metro quadro), a minimo impatto ambientale, che rispetta le vigenti norme anti-sismiche ed edilizie. Coordina il villaggio Isabella Tomassi.
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