Giovedi, 14/03/2013 - Venni ad incontrarla nel mio percorso di vita in occasione dell’Otto marzo 2004, perché, dopo aver letto un piccolo articolo su di lei, pubblicato sul Venerdì di Repubblica, mi determinai a cercare di conoscerla meglio. Eppure non ne avevo mai sentito parlare e i ruoli pubblici ed istituzionali ricoperti da Teresa Mattei ed ivi menzionati mi inducevano a chiedermi il motivo di quella mancanza. Più che determinata nel mio obiettivo, cominciai a telefonare alle federazioni provinciali dei Ds dell’Emilia Romagna e della Toscana, per acquisire quei dati che mi consentissero di individuarne il luogo di residenza. I primi contatti non sortirono alcun effetto perché, a menzionare il suo nome, la risposta più che immediata era: “Teresa Mattei, chi?”, fintantoché un anziano militante mi comunico dove abitasse. Recuperato conseguentemente il suo recapito telefonico, la chiamai e, rimasta alquanto intimorita a sentirla rispondere, l’unica battuta che riuscii a proferire fu: “parlo con l’inventrice della mimosa come fiore da distribuire l’otto marzo?”. Dopo una brevissima pausa rispose di sì e da lì iniziò il nostro rapporto d’amicizia. Fatto di contatti telefonici , ma così impregnato di stimoli e di incitamenti ad impegnarmi sui temi che lei ogni volta porgeva alla mia attenzione. Ed io, militante politica ed impegnata nelle battaglie a sostegno della parità di genere, vedevo assommate in Teresa le virtù ed i meriti che solo anni ed anni di impegno sociale e civile riescono a dare alla propria vita. Lo scoprii meglio attraverso una videocassetta che mi inviò, contenente l’intervista che le predispose Gianni Minà nel 1997, un colloquio televisivo in cui il giornalista la definì quale “una donna che ha fatto un pezzo della storia italiana”. Ma di lei nella realtà di quegli anni poco si conosceva, né dei motivi che la indussero a lasciare l’impegno parlamentare, dopo l’invasione sovietica dell’Ungheria, né delle ragioni che la portarono a dedicarsi, da fine pedagogista, alle attività a sostegno della didattica infantile.
I contatti telefonici durarono per due anni fino a che per un benevolo destino ebbi modo di conoscerla di persona, in occasione dell’Otto marzo 2006, allorchè in Parlamento si commemorò il sessantesimo anniversario del voto alle donne. Mi avvicinai quasi pavida a lei ed il primo gesto, che mi sorse spontaneo, fu quello di toccarla, quasi non credessi di averla vicino a me. Difatti l’indefinita ammirazione che provavo nei suoi confronti me la facevano sentire quasi irraggiungibile, a tal punto che sentii necessario avere un vero e proprio contatto fisico con lei. Dopo il convegno mi accompagnò a visionare una mostra organizzata dalla Fondazione della Camera dei Deputati e lì potei constatare che ad ogni pannello espositivo Teresa raccontava episodi sconosciuti finanche agli addetti parlamentari allestitori dell’evento. Negli anni a venire ci siamo sentite sporadicamente, perché le sue condizioni fisiche erano peggiorate, ma ciononostante ogni volta mi raccomandava di andare avanti nelle mie rivendicazioni politiche e civili, mai smettendo di spronarmi ed incitarmi a dare il meglio di me stessa in ogni contesa che fosse svolta in nome della giustizia e della libertà. E, quel che più mi duole in questo momento, mai dimenticandosi di ringraziarmi per come ero e per la passione che profondevo nelle mia pretesa di contribuire a creare le condizioni di una società più equa. Io che non valevo che poco più di niente rispetto a lei , figura storica così importante eppur così poco apprezzata. Pietro Ingrao, a conclusione dell’intervista precedentemente menzionata, ebbe a chiedersi “perché Teresa Mattei non girasse per le scuole a raccontare la Storia di cui era stata protagonista”, tanto da indurla a sorridere candidamente a quell’apprezzamento.
Ora di lei vengono pubblicati in Internet pillole delle sue lotte partigiane, frammenti dei suoi discorsi parlamentari, note della sua attività di componente dell’Assemblea Costituente e, soprattutto la notizia che le si deve la distribuzione della mimosa quale fiore simbolo dell’Otto marzo. Così tutto ritorna a quella storia che Teresa raccontò per convincere le altre partigiane a far ricadere la loro scelta sulla mimosa, per commemorare l’eccidio delle operaie statunitensi nel lontano 1911. Lei, la più giovane tra le donne impegnate nella Resistenza, riuscì a convincerle, spronandole ad indicare quel fiore per il tramite di una leggenda inventata di sana pianta in base alla quale “i piccoli fiori raggruppati rappresentavano la delicatezza e nel contempo la forza femminile ed il proprio colore giallo il calore della passione che le donne sanno trasfondere in ogni sorta di loro impegno”. Aveva, Teresa, ricorso a quella finta storia per consentire alle future generazioni di approvvigionarsi di un fiore di poco costo e di notevole diffusione stagionale. Riuscì così a far preferire la mimosa, nonostante altre partigiane propendessero per la scelta di altri fiori.
Quest’aneddoto racchiude in sé chi fosse Teresa Mattei e a chi sente con il cuore salire dal più profondo un’emozione a leggere di quest’episodio dovrebbero essere chiare le sue qualità. Certo, sono consapevole che un giorno la mimosa potrà perdere il proprio valore di simbolo, ma sono altrettanto sicura che la storia di Teresa rimarrà ben ferma e salda nel tempo, perché si è resa partecipe di pagine memorabili delle vicende storiche italiane. Sempre mossa da quella speranza condivisa con me quell’otto marzo del 2004, che “ il mondo possa andare meglio di come va ora, se le donne si uniscono e lavorano per la Pace e la Sovranità popolare (art. 1, Cost.), che comprende tutti e, soprattutto le donne, i bambini e quelli che non sono stati ascoltati finora”. Spetta, soprattutto, a noi donne onorare questa sorta di testamento spirituale e così facendo la ripagheremo di quell’oblio a cui tutta la nostra generazione l’ha condannata, consentendo al suo pensiero di diffondersi a posteriori a memoria imperitura di Teresa Mattei e delle tante storie racchiuse nella sua straordinaria vita.
Lascia un Commento