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Ricomincio da tre

Ricomincio da tre

Politica/ Le candidate alle regionali - La questione delle candidature delle donne, dopo tanto dire e scrivere, non è stata assunta come fatto strategico su cui si punta per fare davvero la differenza

Redazione Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Marzo 2005

Qualcosa si scorge all’orizzonte con qualche statuto e legge regionale che afferma criteri per bilanciare le rappresentanze, ma siamo ancora agli albori, e molto è giocato sulle dichiarazioni di intenti e su operazioni di facciata. Alle prossime elezioni regionali, per quello che è dato sapere al momento, le candidature di spicco alla presidenza sono solo tre. Per ora ce le dobbiamo far bastare, lavorando per un futuro più degno. “Le donne non sono affatto distanti dalla politica: sono lontane dai meccanismi con cui questa si esprime. Ci sono nel terzo settore, nelle strutture educative e di volontariato e, in misura minore, nelle amministrazioni locali. Per motivi sociali e culturali faticano a essere elette nelle sedi istituzionali tradizionali, dove i contesti sono ancora per la maggior parte maschili. Eppure le donne, fanno bene la politica”. Da presidente della Provincia di Torino, Mercedes Bresso -esperta di economia dell’ambiente, professore di Economia al Politecnico di Torino e autrice di libri e saggi- ha dato vita ad una Giunta, prima e unica in Italia, nella quale metà degli assessori sono state donne. “Quella amministrazione si è caratterizzata per una forte operatività e concretezza. Al suo interno la competitività si basava essenzialmente sulle cose da fare più che sulle parole. Il welfare, la solidarietà sociale, le tematiche giovanili, le pari opportunità e il turismo sono campi in cui le donne hanno una specifica attenzione, ma anche in settori generalmente di appannaggio maschile, come il bilancio, hanno dimostrato capacità e competenza. Un esempio? l’assessore al bilancio della mia Giunta provinciale, una donna, ha saputo gestire e risolvere i problemi con particolare attenzione e sensibilità. E questo, in un ente pubblico, è una risorsa preziosa e fondamentale. Le donne hanno ottenuto nel corso del ‘900 il riconoscimento formale dei diritti politici e rappresentano la metà circa dell’elettorato attivo nei Paesi industrializzati. Tuttavia, non sono riuscite a entrare a far parte delle istituzioni politiche rappresentative in misura consistente. In Italia, questo dato è particolarmente pesante. Sono donne il 12% dei deputati e il 7% dei senatori. La situazione nei governi locali non è certo migliore. Per questo credo che le quote siano importanti nelle liste a sistema proporzionale e che ancora più importanti siano quelle di tipo politico, cioè quelle fatte dai partiti alternando nelle cariche apicali uomini e donne. A livello legislativo è importante che riprenda l’iter della proposta Amato-Dato sulle ‘quote rosa’ in discussione al Senato. Alla fine dello scorso ottobre è stato rinviato a data da destinarsi ed è di fatto sospeso. La legge non è più stata posta in discussione e l'assenza di un testo applicabile a tutte le scadenze elettorali crea una situazione di ‘disuguaglianza’. Può essere sanata solo dalla buona volontà dei candidati e dei partiti”. Abbiamo raccolto le riflessioni di Maria Rita Lorenzetti, presidente uscente della Regione Umbria e unica donna ad aver ricoperto questo ruolo amministrativo. “Le donne candidate presidente per questa tornata elettorale penso si possono contare sulle dita di una mano. Non so quante saranno quelle candidate nelle diverse liste e, soprattutto, non so quante saranno elette. E’ triste e forse anche stucchevole doverci ripetere, ad ogni campagna elettorale, sul tema della scarsa rappresentatività e rappresentanze delle donne nelle istituzioni. Ma tant’è.
In ogni caso questi pochi dati possono dare immediatamente conto del fatto che ci stiamo occupando di una ‘specie’ assolutamente minoritaria nel genere antropologico della classe politica che ci fa affermare ancora una volta che la variabile del sesso costituisce una discriminante essenziale anche nella titolarità e nell’esercizio del potere politico.
Eppure, per quanto attiene la prova elettorale, i dati ormai ci dicono che la differenza sta nel numero dei candidati e delle candidate, quest’ultimo nettamente inferiore: in Italia le donne presenti nelle liste sono una sparuta pattuglia rispetto ad uno spiegamento tutto maschile, ma laddove ci sono hanno le stesse possibilità di essere elette di un uomo, per l’elettore il sesso del candidato è ormai ininfluente. Poste le varie posizioni politiche, l’elettore vota indifferentemente uomini o donne senza farsi influenzare dall’appartenenza di sesso.
Questo ci fa giungere a due conclusioni: ci sono poche donne elette perché poche vengono candidate e, quando sono candidate, hanno poche opportunità rispetto ai collegi dove vengono candidate e al sostegno che ricevono da parte degli apparati di partito. C’è un tratto di stile di governo che nelle donne è decisamente più marcato rispetto agli uomini, ossia un rapporto con il potere sostanzialmente più distaccato. Questo si intuisce dalla propensione alla delega che si accompagna ad una efficace gestione del lavoro in equipe e anche ad una denuncia dello stress che sovente caratterizza i tempi di lavoro. Sotto quest’ultimo profilo le donne hanno forse il coraggio di esprimere opinioni e atteggiamenti che dagli uomini in carriera politica sono ancora considerati ambigui, ma che stanno semplicemente a segnalare la fatica che le responsabilità pubbliche comportano. E’ questo coraggio e questa passione che vogliamo sempre più portare nella vita politica del nostro Paese, sperando che le prossime elezioni regionali possano farci guadagnare qualche posizione in più”.
Anticomunista, ma anche Anti-Fini e anti-Storace, Alessandra Mussolini non ha accettato il ruolo di comparsa. Lo spazio per l’autonomia delle donne in un centrodestra revisionato per il potere e per nulla disponibile a valorizzare le competenze femminili è praticamente nullo e lei ha scelto la libertà. Oggi è candidata nel Lazio e in Campania per Alternativa Sociale, il movimento che ha fondato nel dicembre 2003 quando è uscita da AN sbattendo la porta. “Ancora una volta la presenza delle donne non è assolutamente adeguata” afferma riferendosi alle candidature per le regionali e osservando che la Cdl sulla questione delle donne in politica “si limita a fare convegni”. La Mussolini è pure anti-Santanché, visto che dopo la storaciana uscita sulla non femminilità di alcune parlamentari del centrosinistra, ha dichiarato loro la sua solidarietà di donna, mentre la platea della donne aennine non ha esitato ad applaudire divertita la battutaccia del ‘capo’. ”Non bastano leggi o iniziative – sottolinea l’europarlamentare - quando non si scommette sulla capacità di leadership delle donne. Servono forse solo per la propaganda ma poi stanno bene a casa”. E’ proprio questa ipocrisia che le donne, tutte insieme, devono combattere. Non per creare steccati, ma per rivendicare il diritto pieno di cittadinanza e realizzare in Italia finalmente una democrazia compiuta.

Ti.Ba.


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