Castelli Alida Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Ottobre 2006
Ormai l’estate è finita, e per i mass media si richiuderà lo spiraglio che ogni giorno durante gli ultimi due mesi ha filtrato notizie di violenze sulle donne.
Succede così ogni estate, è successo anche quest’anno.
Di nuovo quest’estate abbiamo però visto la reazione di alcune politiche che, evidentemente senza memoria, si sono spaventate da questa “normalità” e hanno pensato, come a Milano, ad esempio, di inventarsi misure straordinarie.
Peccato che i fenomeni di violenza verso le donne siano per circa il 98 % perpetrati da uomini ben conosciuti dalle vittime, mariti, ex mariti, fidanzati conviventi ecc, quindi i pulsanti di allarme da installare sui semafori di Milano come prevede la sindaca serviranno a poco!
La violenza che ci colpisce di più, che ci fa sentire tutte fragili ed esposte è sicuramente la violenza perpetrata dal gruppo, dal “branco” nelle strade, nei giardini pubblici, dove nemmeno la presenza di altre persone riesce a salvarci. Ed è una violenza dalla quale non ci difende l’età, l’aspetto fisico, la città e il quartiere di appartenenza o dove ci troviamo a passare. Ma non sono misure eccezionali quelle che possono prevenire la violenza, occorre piuttosto analizzarne le radici per trovarne le cause da rimuovere: e su questo terreno bisogna anche avere buona memoria del percorso che le donne, almeno alcune di noi hanno fatto nel nostro Paese da più di vent’anni. Non ci possiamo permettere il lusso di ricominciare sempre da zero: il fenomeno della violenza alle donne è stato indagato da tempo, da tempo ne abbiamo disvelato le radici maschiliste e patriarcali. Non dimentichiamoci che siamo partite dal dover dimostrare che la violenza contro le donne è un reato contro la persona e non contro la morale.
E, non ci possiamo nemmeno permettere il lusso di pensare che la violenza contro le donne sia una questione di “razza”, la violenza come ha ricordato alcuni giorni fa in un appassionato intervento Edda Billi , “è sessista non razzista”. Questo infatti sembra diventato l’ultimo, in ordine di tempo, alibi della politica: la violenza è opera di balordi, di altre razze, di altre fedi e fondamentalismi.
No, purtroppo la violenza è opera anche e soprattutto dei nostri figli, dei nostri compagni, dei nostri mariti.
Siamo alle solite, non lasciamo cadere questo dibattito, questa denuncia, possiamo almeno ricominciare una volta tanto da tre, e non da zero come diceva Troisi?
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