Login Registrati
Ricerca, un percorso a ostacoli

Ricerca, un percorso a ostacoli

Società/ Università e Riforma Moratti - La testimonianza di un dottorando in Scienze umanistiche all’Università La Sapienza di Roma, per comprendere difficoltà e prospettive negate

Conti Viola Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Dicembre 2005

In Italia, la situazione dei ricercatori è pessima. Lo testimoniano non solo il fenomeno della fuga dei cervelli dovuta alla mancanza di prospettive per un futuro più sicuro, ma anche gli scarsi investimenti nella ricerca, settore fondamentale per la crescita economico-sociale e culturale di un Paese. Migliaia di ricercatori con età anche prossime ai 40 anni sono attualmente impiegati senza adeguate tutele assistenziali, senza autonomia e senza un adeguato stipendio. La nuova riforma rischia di peggiorare la situazione. A decorrere dalla data di entrata in vigore di questa legge, non verranno più bandite posizioni da ricercatore universitario. Nell’art. 3, comma 6, viene invece introdotta la figura dell’aggregato di ricerca: “E’ istituita la figura dell’aggregato per la ricerca cui sono affidati compiti connessi alle attività di ricerca, …”. Questa legge rischia di far proliferare ricercatori di 35-40 anni senza un lavoro adeguato, ben retribuito e tutelato. Il risultato, quindi, sarà quello di scoraggiare i giovani ad intraprendere la carriera della ricerca e di indurre molti di essi a cercare condizioni più dignitose all’estero, alimentando il fenomeno dei “cervelli in fuga”. E’ falso affermare che il nuovo sistema è “in linea con gli orientamenti UE”. Questi ultimi, infatti, suggeriscono di rendere la carriera del ricercatore il più attraente possibile, regolamentano e limitano i periodi a tempo determinato nella ricerca e consentono ai ricercatori di avere contratti omogenei in tutta l’Unione Europea. Qualche numero può aiutare. L’Italia spende l’1,07 % del PIL in ricerca e sviluppo (l’Inghilterra l’1,84 %, gli USA il 2,80%), ma di questo 1,07 % il 50,1% è finanziato da privati. In Italia solo il 2,82 % della popolazione lavoratrice è impiegata nella ricerca, laddove in Inghilterra lo è il 5,49, in Germania 6,55, in Giappone il 9,14%. La Federconsumatori ha sentito la necessità di attivarsi anche in questo campo visto l’enorme e crescente disagio di chi ne fa parte. Ne è testimonianza l’intervista che ci ha rilasciato un dottorando romano in Scienze Umanistiche all’Università La Sapienza, particolarmente scontento di tutto quello che circonda l’attività di ricerca.

Tra poco ultimerai il dottorato, come vedi il tuo futuro lavorativo?
L’incertezza è sempre maggiore per il futuro e non solo quello lavorativo, ma anche per la ricerca stessa. Per quanto riguarda la chimera di lavorare all’Università, a Roma lo squilibrio tra posti da ricercatore e professori è molto sbilanciata a favore dei professori. In altri atenei questo non accade, perché da noi c’è una pessima distribuzione dei soldi causata dalla ormai vecchia tara ereditaria del “baronato”.

Puoi dirmi qualcosa di più specifico?
Il “baronato”, in gergo, è il potere assoluto di alcuni professori rispetto a tutti gli altri; solo loro possono prendere decisioni e solo loro possono decidere se, e chi è meritevole. Il problema è che spesso, anche se non sempre, l’essere meritevoli è più una colpa che altro. I classici esempi di baronato sono frequenti durante i dottorati di ricerca. Ciò non avviene tanto nel campo scientifico -dove il valore dei ricercatori è maggiormente verificabile, è meno soggetto a giudizi soggettivi e dove, spesso, le società private contribuiscono economicamente - quanto in tutti gli altri settori. Io stesso ho assistito ad uno di questi episodi (non vengono riportati né la facoltà né la cattedra di cui si sta parlando, per ovvi motivi). Durante l’ultimo concorso per ricercatore si erano iscritti quattro candidati, ma tre erano “esterni” cioè non erano segnalati dai professori della commissione esaminatrice. In questi tipi di dottorati (si ripete, non per quelli scientifici) è noto che i posti sono assegnati già con due o tre anni di anticipo. Inoltre i professori che candidano i futuri ricercatori si mettono d’accordo tra le cattedre per non incorrere in sgarbi reciproci. Se accade lo sfortunato caso che qualcuno si presenti, la candidatura stessa non solo viene sentita come una noia, ma come un vero e proprio affronto alla commissione esaminatrice. Il caso poi è disgraziatissimo se i candidati, come in questo caso, sono anche ben qualificati ed hanno a corredo un ragguardevole numero di pubblicazioni specifiche in riviste specializzate. Per evitare inconvenienti spiacevoli, in genere, si susseguono una serie di telefonate ai candidati in cui si sconsiglia vivamente di fare il concorso, fino a dei veri e propri “avvertimenti” di “segnalazioni a tutte le altre Università di Italia” con la conseguente minaccia di “terra bruciata” per i futuri esami e pubblicazioni. Per il caso di cui sono stato testimone involontario, una volta superati gli scritti egregiamente da parte di tutti e quattro, poco prima dell’orale il presidente della commissione ha preso da parte uno dei tre non prescelti e lo ha obbligato a ritirarsi. Conclusione: il prescelto ha vinto. C’è da dire che anche quello che ha vinto è un povero disgraziato, dato che ha spettato 10 anni prima di “vincere” quel posto!

Che possibilità di lavoro ci sono all’Università per chi volesse fare ricerca, eccetto i tanto sospirati dottorati?
Per i ricercatori ci sono contratti di lavoro da appena 2000 euro per due anni. Solo raramente, alcuni professori che hanno qualche sovvenzione in più degli altri, o che hanno finanziamenti dai privati, fanno qualche contrattino post laurea, ma sono rari come le mosche bianche.

Una volta avuto il famoso dottorato, come si lavora nelle Università, e qui alla Sapienza?
Il rimborso spese, i laboratori e quant’altro è tutto soggetto all’interesse dei professori, alla loro disponibilità di quelli regolari, anche se ci sarebbe un regolamento scritto. In realtà, i diritti dei dottorandi sono soggetti ai professori, alla simpatia che hanno per te o per il professore che ti ha appoggiato per la candidatura, agli interessi dei professori dei collegi dottorali. I dottorandi alla Sapienza, spesso, sono privi di qualsiasi tipo di riconoscimento (mancano spesso aule per i dottorandi, rimborsi spese, fotocopie e libri non sono disponibili, così come gli strumenti informatici) e, in queste condizioni, fare ricerca è difficilissimo. Questo accade soprattutto nelle facoltà non prettamente scientifiche; in quest’ultime, poiché ci sono più soldi e più interessi da parte dell’Università e delle aziende private, le cose funzionano molto meglio, in tutti i sensi.

Che disponibilità c’è da parte dei professori?
La raggiungibilità dei professori dipende dalla disponibilità personale del professore stesso. A livello statutario, nulla è garantito anche se è scritto nero su bianco. Di conseguenza il rapporto va creato solo a livello umano, l’amicizia va perseguita con dispendio di ore pari a quelle per il lavoro stesso.

Cosa fate durante il dottorato?
Per molti tipi di dottorati sono istituiti corsi di eccellenza, ricerche, stage, ma per alcuni altri, nulla di tutto questo; al massimo si possono seguire ulteriori annualità di qualche corso particolarmente inerente alla propria tesi di dottorato.

Comunque, per vincere un dottorato, cosa bisogna fare?
Girano voci su necessità di raccomandazioni per borsa di studio per dottorato, è un dato di fatto che negli ultimi 5 anni pochissimi sono i vincitori che non provengano dallo stesso ateneo.

E’ possibile lavorare e studiare?
E’ possibile solo fare delle ripetizioni, non è possibile neanche fare un part-time, chi se lo vuole permettere rinuncia praticamente ad ogni velleità di ricerca.

Come si trovano i dottorandi e usufruire delle borse di studio?
La società che deve erogare le borse di studio o gli assegni premio o la gratuità della mensa è l’A.D.I.S.U. che, però, dipende dalla Regione Lazio. L’Università, invece, non dipende dalla Regione Lazio e, quindi, di volta in volta deve trovare accordi su ogni questione. Emblematico è il caso dei dottorandi con borsa di studio che per la Sapienza, non devono pagare la mensa e la tassa regionale, ma l’A.D.I.S.U. la pretende. Di conseguenza, l’unico servizio di cui i dottorandi potrebbero usufruire gratuitamente, cioè la mensa, non viene loro erogato. Questo accade perché la figura giuridica del dottorando non è chiara e ci sono continui rimandi tra Regione, Ministero ed Università. Con la nuova riforma, per concludere, la nostra figura scomparirà del tutto.



Lascia un Commento

©2019 - NoiDonne - Iscrizione ROC n.33421 del 23 /09/ 2019 - P.IVA 00878931005
Privacy Policy - Cookie Policy | Creazione Siti Internet WebDimension®