Randagismo - 200mila cani e 150mila gatti abbandonati ogni anno di cui l’85% muore entro 20 giorni dall’abbandono.
Rita Casula Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2007
Di certo riflettere sulla condizione degli animali randagi nel nostro Paese, nell’ambito di una rubrica deputata ad interessarsi di imprenditoria femminile e politiche sociali, può a prima vista apparire insolito ma in realtà insolito non è, poiché una corretta politica di protezione dei nostri amici a quattro zampe si inquadra in uno scenario di rispetto per il diverso e sottoscrive il grado di civiltà che una società ha raggiunto.
Cito alcune cifre, solo per ricordare, relative al randagismo in Italia: 200mila cani e 150mila gatti abbandonati ogni anno di cui l’85% muore entro 20 giorni dall’abbandono e circa 4.000 incidenti stradali provocati da animali che vagano, senza più una meta, sulle strade del Paese.
Se si dovesse poi stilare una classifica a livello di regioni, il guinnes (dati 2004) va alla Campania con 122.000 randagi mentre, considerata la superficie, la regione “migliore” (sempre se tale definizione può essere attribuita in un tale contesto ) è l'Emilia Romagna con 10.000 randagi.
Eppure tutte le Regioni hanno legiferato in materia di protezione degli animali e la Regione Sardegna ad esempio ha stabilito che, entro il 30 maggio di ogni anno, debba essere approvato un piano di interventi e di informazione zoofila rivolto agli studenti di ogni ordine e grado, consapevole che proprio dalla scuola e dalla collaborazione con le associazioni protezionistiche, attraverso un coinvolgimento diretto e responsabile delle nuove generazioni, il fenomeno dell’abbandono potrà essere, seppur gradualmente, superato.
Certamente l’impegno a livello di una pubblica amministrazione dovrebbe essere più intenso, poiché non è possibile pensare di superare un fenomeno così vasto con qualche spot in tv ad inizio estate, che commuove alla fine il cuore di pochi, soprattutto di quelli che mai si abbandonerebbero ad un gesto così esecrabile. Pertanto, in primis, si dovrebbe lavorare per una applicazione precisa delle normative già presenti sviluppando iniziative di informazione e di formazione in grado di muovere l’opinione pubblica su queste tematiche e promuovendo un'applicazione severa e senza deroghe delle pene previste per chi abbandona animali.
Il randagismo non va affrontato in modo punitivo nei confronti degli animali, come spesso avviene quando vengono ricoverati ad esempio in strutture indecenti, che tuttavia hanno un costo elevato per la comunità e che dovrebbero essere attentamente monitorate per accertarne il livello di qualità ed efficienza.
Sarebbe bello, come ha proposto la LAV, che cani e gatti entrassero a far parte dello stato di famiglia del padrone e che si potesse arrivare ad una defiscalizzazione delle spese per chi adotta un randagio: ed anche promuovere forme nuove di adozioni come il “cane di quartiere”.
Un modo per dire a chi compie un gesto di profonda inciviltà, come è appunto l’abbandono, che un animale fa parte della famiglia, che non è un oggetto da usare e poi gettare in strada condannandolo, quasi sicuramente, a morte e sicuramente ad una vita di stenti e sofferenze.
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