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rEsistere

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26 febbraio, Padova - giornata organizzata dal TamTeatromusica al Teatro delle Maddalene con la partecipazione di artisti e cittadini, in reazione al taglio dei fondi per il Teatro in Carcere

Sabato, 26/02/2011 -
di Elena Ribet



Quando si tenta di mettere a tacere la cultura, si pronuncia una condanna di oblio e di ignoranza per se stessi e per il mondo. Il destino delle persone recluse, delle persone marginalizzate, delle persone innocenti oppure colpevoli, ci riguarda per molte ragioni. Dall’intreccio con il destino di chi è “fuori”, a quello con i familiari, fino alle questioni sociali e gestionali che riguardano il carcere, nonché la “nuova vita” di chi, riabilitato o no, esce dal carcere. Il non-tempo e il non-luogo, concetti che possono essere compresi solo dall’interno, ci riguardano anche a livello esistenziale. Ed è proprio questo livello, umano e umanizzante, che rischia di essere perduto quando la cultura e l’arte vengono esse stesse imprigionate. Le chiavi della cultura e dell’arte non possono essere gettate via, né possono essere custodite in una cassaforte chissà dove e poi dimenticate. Le chiavi della cultura vanno duplicate. Devono diventare veicolo di una trasformazione collettiva che sia salvifica nel presente e nel futuro. Per questo non può dipendere solo da qualcosa di materiale come l’economia, ma deve dipendere da qualcosa di molto più profondo, cioè la volontà. Volontà delle singole persone, volontà politica e civile. Un desiderio fecondo di salvare la cultura che deve valere sempre e intervenire a tutto campo, dalla scuola dell’infanzia all’università, dal carcere ai quartieri, fin dentro il cuore delle città, nelle istituzioni e, perché no, nelle strade. Quando poi quel desiderio di cambiamento positivo contaminasse la televisione, si darebbe una spinta straordinaria a costruire la nuova Italia. Una nuova Italia fatta di diritti per tutti e tutte, di risveglio culturale e artistico, insomma di quello che Giorgio Gaber avrebbe chiamato un umanesimo nuovo, “con la speranza di veder morire questo nostro medioevo”.

 





"Una piccola riflessione sul titolo che abbiamo scelto per la Giornata.

Erano stati proposti Liberi Tutti, Liberi Dentro e Resistere.

Resistere mi piaceva... ma mi richiamava un po' troppo la politica, forse mi richiamava troppo la sinistra in lotta...è che resistere parla di un piccolo gruppo asserragliato che sopravvive e combatte con il nemico attorno... che poi magari è ciò che sentiamo, a volte... ma il desiderio che ho dentro non è di resistenza, né di semplice esistenza, ma di vita piena e larga, che si allarghi sempre più, alla fin fine in una parola di libertà dentro...e fuori.

Poi ho guardato la parola resistenza per un attimo e mi sono accorta che c'era dentro l'esistenza...e in questo caso il teatro in carcere deve davvero concretamente ritornare ad esistere e dunque forse proprio re-esistere.

C'é anche la resistenza dei corpi sottoposti ad uno sforzo, i corpi gli atleti, che sanno gestire la fatica, sanno amministrare le loro forze e sanno che si può superare l'insuperabile semplicemente perché lo hanno già fatto e i corpi dei danzatori che hanno scoperto la gioia e l'estasi confidando nella loro resistenza conquistata con paziente e inesorabile disciplina.

E da ultimo un pensiero luminoso: il filo che in una lampadina si lascia attraversare da una corrente elettrica e a questa oppone resistenza e in questa resistenza si surriscalda diventando incandescente, ma non si spezza, e trasforma la sua incandescenza in luce, si chiama appunto resistenza...e quanto è più sottile il filo metallico tanto maggiore è la sua resistenza.

Quale più bell'augurio di farsi per il mondo resistenza, dell'essere per il mondo una resistenza che lo illumini e sappia come trasformare in luce ciò che l'attraversa e la rende incandescente... senza mai cedere o spezzarsi...

dunque allora... forse... davvero... Buona rEsistenza a Tutti"



(26 febbraio 2011)



tratto dal blog:

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