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Religioni: quali, come, dove

Religioni: quali, come, dove

Dio a scuola - "irresponsabile una politica scolastica che frena la formazione di quel meticciato culturale che libera dalla paura ed è premessa della pace sociale"

Stefania Friggeri Lunedi, 08/02/2010 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Febbraio 2010

Andiamo a Berlino: come ha cercato la città-stato di risolvere all’interno della scuola i problemi sociali nati dalla globalizzazione? L’ora di religione rimane, facoltativa, ma diventa obbligatoria l’ora di etica, concepita come una forma di educazione civica che trasmette i valori fondamentali della Costituzione ed educa alla convivenza pacifica tra cittadini di vario orientamento e provenienza. Per abrogare la legge innovativa, votata nel 2006 su iniziativa della giunta formata dai socialdemocratici e dalla Linke, era stato indetto un referendum da un’associazione di cattolici e protestanti, appoggiati dalla CDU. Ma il referendum, benché poco partecipato, ha visto la vittoria del fronte laico confermando che i cittadini di questa metropoli, in cui sono rappresentate decine di etnie e religioni, sono orgogliosi del loro spirito tollerante ed alieno dai fondamentalismi. Anche la Corte costituzionale di Karlsruhe si è espressa sulla legge berlinese, accusata da una tredicenne protestante di violare la libertà religiosa: “Il Land di Berlino agisce legittimamente con l’obiettivo dell’integrazione e della tolleranza sociale e per trasmettere agli scolari una comune base di valori”. E allora quanto sia lontana da noi l’Europa ce lo dice quanto è accaduto al liceo scientifico di Cesena dove il prof. Alberto Marani è stato sospeso dall’insegnamento per due mesi a stipendio dimezzato: aveva fatto un sondaggio per conoscere la risposta dei suoi studenti ad una eventuale offerta di un’ora di Storia delle religioni, o di Diritti umani, al posto dell’ IRC (insegnamento della religione cattolica). Ancora oggi infatti nel nostro paese non trova spazio alcuno la posizione anticoncordataria per cui la religione non dovrebbe servirsi di cattedre statali, anche perché per fare catechesi non mancano le parrocchie, erette coi soldi dello Stato. Nessuna meraviglia dunque che la proposta di un’ora di religione musulmana venga discussa seriamente, vedi Fini e D’Alema, poiché l’IRC ne guadagnerebbe in termini di legittimità e potrebbe procedere verso lo status, incostituzionale, di materia curriculare, come richiesto dal Vaticano (e come previsto dai ministri Fioroni, PD, e Gelmini, PDL). E’ vero che in apparenza la proposta sembra muovere da un principio alto, il principio di uguaglianza, ma in realtà ripete l’orrore giuridico scritto dal TAR del Veneto che ha dichiarato legittima l’ostensione del crocefisso in base ad un sondaggio, come se la forza del numero potesse valere, oltre che in campo politico, anche sulle questioni di principio. Ma anche D’Alema trova che l’idea ,“assolutamente ragionevole”, sia “difficile da regolarizzare”. Infatti il quadro è complesso: mentre i rapporti fra Stato e Chiesa Cattolica sono regolati dal Concordato fascista del ‘29, accolto nell’art. 7 della Costituzione, fra lo Stato e le altre confessioni sono stati avviati incontri preliminari che hanno condotto ad una situazione ibrida: le religioni storicamente più forti (ad esempio ebrei e valdesi, ancora presenti in Italia benché in numero modesto dopo secoli di persecuzioni) hanno già concluso un’intesa (gli ebrei hanno ottenuto l’ora di religione, a richiesta e a pagamento), altre ci stanno provando. E intanto giace nei cassetti della Commissione parlamentare l’ennesima proposta di legge sulla libertà religiosa che dovrebbe fare chiarezza e portare davvero uguaglianza in una società sempre più multietnica e multireligiosa, dove infatti è ormai in discussione la legge per concedere agli immigrati la cittadinanza. Qual è, dunque, la risposta dell’Italia ai cambiamenti epocali del mondo globalizzato? La chiusura in una dimensione ferocemente identitaria e stupidamente provinciale che alimenta la paura (e strozza gli spazi della democrazia, come piace alla destra) oppure scommettere sulle nuove generazioni? Moltiplicare le ore di religione nella scuola pubblica vuol dire separare fisicamente i bambini, far sì che prendano coscienza che lo Stato, preso atto della loro diversità di origine, non si cura di ricomporla attraverso la conoscenza reciproca, nello scambio e nel confronto; anzi è lo Stato stesso che la sottolinea creando zone di appartenenza che consolidano i pregiudizi reciproci. Concludendo: è irresponsabile e pericolosa una politica scolastica che (senza alcun rispetto per l’infanzia, per i futuri cittadini cui si dovrebbe guardare come persone libere di formarsi le proprie idee confrontandole in una scuola plurale) frena la formazione di quel meticciato culturale che libera dalla paura ed è premessa della pace sociale.



(8 febbraio 2010)

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