Mercoledi, 01/06/2011 - La sbornia degli esiti elettorali delle consultazioni amministrative, e quella sorta di estasi militante conseguente alle strabilianti affermazioni del centrosinistra a Milano e a Napoli, non devono farci dimenticare il necessario impegno per i Referendum. Anzi, occorre una mobilitazione straordinaria perchè il quorum venga raggiunto sui quattro quesiti che interpelleranno la platea degli elettori.
Dunque, i 12 e 13 giugno tutti i cittadini italiani sono chiamati ad esprimersi con un Sì (o con un No) all'abrogazione di alcune norme che li riguardano, direttamente, come quelli sull'Acqua e la sua privatizzazione (quesiti 1 e 2), o su nucleare (quesito n 3) -su cui la Corte di Cassazione si è appena espressa positivamente con la motivazione che il quesito è ancora rilevante nonostante l'abrogazione di alcune norme del decreto omnibus-, o indirettamente, come quello sul legittimo impedimento (del presidente del consiglio o di altro ministro) a comparire in udienza.
Intanto, una plauso al pronunciamento, proprio in queste ore, della Corte di Cassazione che ha ritenuto opportuno ridare la parola ai cittadini perchè decidano se bloccare definitivamente o no il processo di produzione di energia nucleare nel nostro Paese.
Su tutti i quesiti, le firme raccolte dai Comitati che li hanno promossi sono state oltre il numero richiesto perché il referendum abrogativo venga ammesso.
Ma una novità, su cui è bene riflettere, della tornata referendaria che, insieme alla campagna per le elezioni amministrative, ha surriscaldato in questo scorcio di primavera il clima politico. è l’imprevisto arco di forze sociali, laiche e religiose, di uomini e di donne degli orientamenti politici più diversi, che hanno promosso e sostenuto in questa consultazione popolare i quesiti che riguardano l'ACQUA. Non è arbitrario parlare della nascita di un nuovo movimento, e non solo di opinione.
Una battaglia civile di cui sì è fatta promotrice anche la Cgil, con le sue articolazioni, e che l’ha resa, insieme agli altri soggetti, inconsapevole protagonista del più partecipato degli appelli ai cittadini che la storia delle consultazioni referendarie abbia mai registrato con oltre un milione e 400 mila firme raccolte in calce ai due quesiti proposti.
Si tratta di un record assoluto che rivela la ritrovata passione dei cittadini alla partecipazione, ma che certo dice ancor meglio di quanto il bene ACQUA conservi il valore anche simbolico di elemento essenziale alla vita e, perciò stesso, di bene umano universale.
Un monito per quanti, a partire dal Governo e dalla sua maggioranza raccogliticcia che con la legge Ronchi del 2009, la 166, hanno creduto, in fatto di privatizzazione di poter facilmente scivolare sul principale dei beni primari come sugli altri servizi pubblici essenziali, collocando anche l’acqua sul mercato e sottoponendola alle regole della concorrenza e del profitto.
Ma "l’Acqua non si vende. L’Acqua è di tutti. L’Acqua è un diritto”, scandisce la bimbetta protagonista del fortunato spot che accoglie i visitatori del sito acquabenecomune.org allestito dal Comitato promotore.
Una minifiction indovinata, metafora degli equilibri in campo e dove al candore infantile della piccola sostenitrice dell’acqua pubblica si contrappongono, in una penombra poco rassicurante, l’ammiccante battitore d’asta ed il suo seguito di affaristi senza scrupoli.
Un eccesso? Non pare se, superando l’ottica miope di chi sposa l’equivalenza privato-efficienza, ci si spinge a guardare la preoccupante prospettiva che si aprirebbe se –ed è il vero timore di questa consultazione- il quorum non venisse raggiunto.
E’ certamente una questione di principio: “l’acqua non è un’automobile per la quale, non vi è dubbio che il mercato debba essere il campo di gioco” aveva ragionato Susanna Camusso in una recente intervista. “L’acqua è come la salute, come la scuola: non si può parlarne che in termini pubblici, di benessere per la collettività, e non di guadagni, di profitti o di affari per qualcuno!”
Sì, perché il rischio che si inneschino processi speculativi è più che reale. Ed ecco allora che la maggiore delle organizzazioni sociali non solo si schiera ma, prima volta nella sua storia, si impegna direttamente nell'iniziativa referendaria su un tema non direttamente attinente il lavoro.
Due SI’ netti e chiari da pronunciare nelle urne del 12 e 13 giugno insieme ai altri due SI', altrettanto convinti su nucleare e legittimo impedimento.
Osteggiate apertamente dal Pdl, le coalizioni attrici dei quattro referendum hanno potuto nel tempo contare sull’appoggio, a volte soltanto tiepido, di tutte le altre forze politiche.
Persino il leader leghista Umberto Bossi ha voluto smarcarsi dalla sua maggioranza dichiarando “attraenti alcuni quesiti referendari. Una novità politica che ha fatto seguito al sostegno giunto dall’autorevole pulpito del segretario generale della Cei: “L’invito e l’incoraggiamento dei vescovi –aveva detto monsignor Mariano Crociata- non può essere che verso la cura dei beni comuni perché rimangano tali e siano salvaguardati per il bene di tutti”.
Tornando all'acqua, il secondo dei quesiti, quello che parla della remunerazione del capitale investito dai soggetti gestori, esso punta sul convincimento che il servizio di erogazione non debba e non possa essere finanziato solo dalla tariffa che il cittadino paga per la fruizione, ma debba essere ancorato alla finanza pubblica es alla fiscalità generale. Partire dai numeri e dalla loro neutralità aiuta a spiegare il successo dell'iniziativa popolare. Il processo di privatizzazione dell’acqua inizia nei primi anni ’90 quando si avvia il percorso di trasformazione delle aziende municipalizzate in Società per Azioni Spa. Ma è negli ultimi dieci anni che si attua concretamente ed i suoi effetti comportano via via un aumento delle tariffe che si aggira intorno al 60 p.c. (a fronte di un’inflazione registrata del 25 p.c.) ed un progressivo calo degli investimenti. In particolare, i due miliardi l’anno di risorse investite, dal 2000 cominciano ad erodersi fino ad attestarsi intorno agli attuali 600-700 miliardi. Praticamente un terzo.
Ma non è tutto. Anche se si rivolge lo sguardo al futuro la prospettiva non convince. La filosofia che ispira le legge sulla privatizzazione -che si basa sulla previsione che i consumi di acqua potabile per uso domestico dovrebbero crescere del 20 p.c. nei prossimi 20 anni. Una stima aleatoria, destinata a rivelarsi irrealistica, ed in contrasto con chi ne preconizza la contrazione (e la riduzione degli sprechi) col crescere della sensibilità della popolazione sul bene sociale dell'Acqua.
E se non sorprende più, continua però ad angosciare il dato macroscopico che fissa in 900 milioni le persone al mondo che non hanno acqua potabile, cui si aggiungono gli oltre due miliardi e mezzo che vivono in condizioni igienico-sanitarie insufficienti proprio a causa della carenza di risorse idriche.
E tornano sagge allora le parole di Don Ciotti scagliate contro le logiche di mercato che si vorrebbero applicare ai beni comuni: “l’acqua oggi comincia a scarseggiare e fa gola a chi va in cerca di profitti” accusa l’ideatore di Libera.
Le manovre con cui il governo ha cercato di ostacolare o di boicottare i referendum si sono perciò dimostrate velleitarie ed inconcludenti. Benchè a chiarire contenuti e significato del ricorso alla consultazione popolare non ha certo aiutato il silenzio informativo –vero e proprio bavaglio se pensiamo al divieto contrattuale a farne cenno imposto agli artisti del palco del Primo Maggio musicale di piazza S.Giovanni a Roma- del servizio pubblico radiotelevisivo.
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