Domenica, 22/06/2025 - Paolo Carlucci
Nota di lettura per Anna Maria Curci, Assolo dell’ortensia, Macabor editore 2024
Bagliore a tratti, uno spicchio, l’idea.
Nel lago alpino il riflesso del cielo.
Nell’ iride confusa della pozza
Arriva il bene come raggio chiaro.
Coerente ad una percezione della propria poesia come emozione cromatica di un esistenzialismo verbale e di risalita al cielo del verso, la nuova silloge di Anna Maria Curci, Assolo dell’ortensia, si muove per timbri fonico emozionali, che regalano faticosamente quell’antico dono di scorgere e scrutare, che impone una responsabilità e la contemplazione si esercita nel fare. Ecco scaturire dai versi uno dei segreti del minimalismo scelto dalla poetessa per testimoniare ed accogliere l’austera sobrietà la grazia, il mistero d’un verso in cui l’orizzonte non si allarga romanticamente solo nell’abisso del cuore- natura, ma si fa, musicalmente un limite di solitudine, infatti, severo suonerebbe uno staccato.
E in questo limite è la forza moderna, vis activa, della Curci che, sapientemente e un po' per celia, si ausculta per… assoli tra ortensie ed altri fiori. E il cammino della lirica si fa certificazione di coscienza febbrile e a volte franta, che cerca una poetica di resistenza. Esemplare allora la densa meditazione di un testo come Se ancora ritagliamo un cantuccio, / e ne nutriamo gambo esile e fiore/ aperto lo stanzino dell’affanno/ usciamo piede al passo e faccia al tempo/ proviamo un controcanto allo sgomento.
E sempre un’etica sorregge i passaggi poetici: trafiggono i passaggi la visione/ oltre il dolore insegni a camminare.
Lessicalmente si sente la forza di quel trafiggono e il campo semantico del dolore che, pedagogicamente insegnano, a camminare, ma verso la visione, che resta forse sogno ferito, ma necessario, per divinare nel transito i contorni…
E dietro quelli le forme successive/ Sottrai, moltiplica addiziona dividi:/ le quiete acrobazie della tua mente/ mostrami ancora tu dall’altra parte/ Trafiggono i passaggi la visione/ oltre il dolore insegni a camminare.
Chiaro il debito memoriale, familiare, ma rivissuto in una permanente pedagogia della distanza viva, che intesse dialoghi e visioni in una fulminante metafisica.
Centrale e bellissima appare in questo omaggio al matriarcato delle origini, il ricordo del primo maggio, in cui la madre lucana, rievocata come capace di spiegare il lavoro e di avvicinare al sudore del sud attraverso i versi d’amore e di fatica di Rocco Scotellaro. Ancora dialoghi, veglie con l’altrove familiare ed ancestrale.
Meritano attenzione nella silloge i sommessi, sussurri di luce poetica , i versi spesso in forma di haiku, che saettano dolori infiniti e rimozioni di storia, come enuncia il trentottesimo sommesso della sezione, Dell’aggressione/ conoscemmo i disastri/ mali scordammo ( 1° settembre 1939) e la data tragica in calce, dice tutto l’ epitaffio della colpevole dimenticanza anche nel cruento mondo di oggi con guerre mondiali a pezzi e scenari di morte e di ingiustizie inquietanti di barbarie di ritorno.
E chiudiamo con una osservazione stilistica, in cui il fiorisco e basta, vero controcanto all’ assolo dell’ortensia, che è titolo della silloge, offre in quello scartabellare sfumature, del fiore certo, ma anche dell‘ io che freme poesia, il cielo basso delle cose e della realtà, forte della vita. Vigoreggia nella densità un sentire e vedere suoni e immagini acri, vagamente espressioniste e ovviamente, dantesche. Meravigliano nelle sezioni di questa ricerca del mistero poetico anche le strida e
le… dis- armonie, felicemente risolte nel dire oggettuale, in un mondo di giardini d’astri! Dunque l’assolo dell’ortensia guarda l’inferno e si fa astrale di realtà!
Giardini d’astri hanno perduto il sonno, / si specchiano nell’erba spelacchiata. Grattano umani trionfi e sbaragliati/ la tigna di un assedio inconcludente.
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