Venerdi, 24/03/2017 - Non è la prima volta che una trasmissione televisiva scatena una reazione da parte del movimento delle donne, per via di un linguaggio sessista ed intriso di violenza relazionale o per espressioni e messaggi offensivi da un punto di vista di genere.
Di articoli, servizi e pubblicità fallocentriche siamo costantemente circondati/e ma, quando è un programma del servizio pubblico a farlo, il disappunto si fa sentire con forza e si arriva anche a manifestare pubblicamente e assai rumorosamente.
E' quello che è accadto come risposta al messaggio proposto dalla trasmissione televisiva di Rai Uno dal titolo “Gli uomini preferiscono le donne dell’Est”, andata in onda sabato 18 marzo nel programma 'Parliamone sabato''.
In poche ore il vento femminista si è alzato sul web, fino a concretizzarsi nei due sit-in organizzati dal movimento Non Una di Meno (video) davanti alla sedi Rai di Roma (video) e di Milano mercoledì 22 marzo. fotogallery
“Abbiamo programmato questo presidio per denunciare quello che é successo qualche giorno fa nella trasmissione condotta da Paola Perego e nella quale ancora una volta a farla da padrona è stata una rappresentazione stereotipata, razzista e classista delle donne - dice Sara Picchi del movimento -. Siamo qui per denunciare non solo quello che é avvenuto sabato, ma tutto quello che accade ogni giorno in Rai e nella comunicazione mainstream, dove prosegue un tipo di narrazione e di infromazione che poco ha a che fare con la realtà che ci circonda”.
Sull’onda delle reazioni suscitate, la trasmissione televisiva “Parliamone Sabato” è stata chiusa dalla DIrezione Rai, ma per i manifestanti raccolti/e davanti alla sede Rai questo non basta.
Bisogna lavorare sul modo in cui la violenza contro le donne in tutte le sue forme, sia verbale che fisica, viene comunicata e quindi percepita, perché nessun passo avanti viene fatto se “lo stupro ed i casi di violenza che arrivano fino al femminicidio sono ancora raccontati come raptus nei telegiornali. Sappiamo che non così e che le violenze non sono casi sporadici e giustificabili ma piuttosto sono comportamenti violenti reiterati nel tempo” ribadisce Sara.
Occorre quindi combattere una rappresentazionedella donna sbagliata, anche quando si tende a descrivere il carnefice come alcolizzato o disoccupato, quasi come si volesse discolparlo o giustificarlo per le sue azioni violente.
“Tutto questo deve essere rielaborato in forme espressive diverse, per evitare di esercitare una forma di epatizzazione con il rsponsabile delle violenze. E' sbagliato spiegare in televisione che quel femminicidio è dettato dal troppo amore per la vittima”.
Allora ecco che quanto accaduto sabato mostra ancora una volta la necessità di pensare ad un linguaggio che sia portatore di una diversa elaborazione, di una cultura differente che parli in modo rispettoso delle donne e dei loro corpi.
Proprio per tutto questo Il movimento Una non di meno, sparso in maniera più o meno uniforme sul territorio nazionale, vuole continuare a seguire il percorso tracciato prima e dopo la manifestazione del 26 novembre scorso “dove si è deciso di raccogliere tutta la conoscenza, tutte le pratiche e tutta la metodologia del movimento delle donne, accumulate giorno per giorno proprio per produrre e realizzare un piano femminista che sia in grado di sconfiggere ogni tipo di violenza di genere” conclude Sara.
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