Bologna / Fischi a Ferrara - C’è un esercito che vuole vincere una battaglia crudele, nutrita di spirito misogino e oscurantista cioè contro le donne e contro il progresso civile
Stefania Friggeri Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Aprile 2008
Urla, fischi e lancio di ortaggi hanno impedito a Ferrara di parlare a Bologna e i titoli urlati dei media hanno avvertito i cittadini che la democrazia era in pericolo: il principio fondamentale della libertà d’espressione era stato negato nella civile Bologna, come era accaduto a Roma al Papa. Se le donne più avvedute, magari politicizzate da una lunga militanza, si sono ben guardate dall’accorrere per contestarlo, consapevoli che avrebbe attirato pochi estimatori, i giovani dei centri sociali e altri cittadini sono caduti nella provocazione e gli hanno offerto l’opportunità di ricoprire il ruolo di vittima di un attacco censorio e violento. Al quale la polizia ha risposto con - si legge - “manganellate gratuite e calci a chi aveva la sfortuna di finire a terra. Addirittura un celerino ha preso una ragazza per i capelli e si è beccato un sonoro schiaffo dal capo della Digos”. E una certa Marianna vuole denunciare il poliziotto che l’ha manganellata vicino all’occhio sinistro. Questo dopo il G8 di Genova. Dopo che i giudici hanno riconosciuto la veridicità delle accuse di violenza che trasferimenti, promozioni e interpretazioni benevole avevano cercato di far passare per calunnie. Se cittadini sprovvisti di armi, e purtroppo anche di intelligenza politica, vengono manganellati vuol dire che le cosìddette forze dell’ordine non sono state convertite ad un uso davvero legittimo, e dunque del tutto straordinario, della forza. E’ vero che sotto i portici quando ormai l’oratore stava per lasciare la piazza, un giornalista è stato colpito da una “seggiolata”, fatto gravissimo che ha sporcato tutti, ma la contestazione è stata praticata da persone a mani nude e le forze dell’“ordine” di un paese civile dovrebbero sapere come respingere uno scalmanato. E così i manifestanti la visibilità l’hanno avuta, anche se attraverso le parole di condanna di editorialisti e politici, con irrilevanti eccezioni. Scrive Mafai: “La democrazia non viene messa in pericolo dalle posizioni di Ferrara, ma…da quei pomodori”. Ma chi scende nell’agone politico sa che può essere contestato con urla e pomodori, come accade anche a teatro: se ne stupiscono con finta ingenuità i vescovi lobbisti, se ne indigna Ferrara . O finge perché le sue tesi sono così deliranti e pericolose che doveva metterlo in conto. Inoltre chiediamoci con Bascetta: “ se si fosse organizzata in un centro sociale un’assemblea contro Ferrara…quante righe avrebbe dedicato Repubblica all’evento?”, cioè: la nostra democrazia offre pari opportunità alle diverse voci? forse i manifestanti bolognesi tanto più urlavano quanto più si sentivano dei “senza voce”, e dunque senza potere. Ancora Mafai: “Ne abbiamo viste facce così, altrettanto allegre e divertite, in altre manifestazioni e cortei, che hanno dato luogo poi, in breve volger di tempo, ad aggressioni e violenze di cui noi, e tutto il paese, abbiamo conosciuto le conseguenze”. Un ragionamento che spiega la diffidenza verso ogni contestazione spontanea, non guidata da un apparato di cui la piazza si fa espressione. Già visto: a suo tempo la vivacità dei girotondi (anche se giocata in chiave antiberlusconiana) è stata guardata dall’allora PDS con preoccupazione se non con sospetto. E, come ieri dentro i girotondi la delusione fece nascere una forte irritazione verso il partito, così oggi le manganellate e le durissime parole di biasimo possono indurre al non voto chi si identifica nei “senza voce” bolognesi. Per non dire che proprio il biasimo corale di politici e commentatori può alimentare un senso di isolamento e impotenza facendo concludere a qualche mente infuocata che l’unica cosa da fare è “dargli una bella lezione”. Siamo nell’Italia di Berlusconi e nessuno si stupisce più che la voce padronale e tonante contro i media abbia fatto scuola: quegli stessi che ci parlano quotidianamente attraverso un apparato mediatico compiacente ed omologato, sono quelli che si lagnano di una sorta di complotto censorio. A suo tempo anche la Fallaci si diceva imbavagliata anche se ogni suo respiro veniva amplificato dal Corriere e vendeva milioni di copie dei suoi libri strillati. Ora ci si è messo anche il Papa la cui voce viene diffusa ogniqualvolta si esprime pubblicamente. Con gradimento dei politici indifferenti al fatto che interviene nelle questioni temporali. Con sgomento e delusione dei cattolici che chiedono pane per la vita dello spirito. Chi ha fatto questo favore a Ferrara è certo politicamente immaturo, ma dietro la rabbia della piazza c’era la consapevolezza che il personaggio non è isolato ma fa parte dell’esercito che vuole vincere una battaglia crudele, nutrita di spirito misogino e oscurantista cioè contro le donne e contro il progresso civile.
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