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Quotidiano Donna e le sfide del movimento femminista

Quotidiano Donna e le sfide del movimento femminista

Donne senza veline / Elisa Salvati - In Donne senza veline l'autrice Elisa Salvati ci restituisce le vicende legate ad una esperienza editoriale breve, ma molto significativa e densa di contenuti

Rosanna Marcodoppido Domenica, 19/05/2013 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2013

La Storia che mette al centro il protagonismo delle donne appare sempre più un pozzo senza fondo, così come le ricostruzioni del recente passato, dove la memoria spezzettata in mille gesti e soggetti aspetta impaziente di farsi narrazione storica. Donne senza veline di Elisa Salvati (Teseo editore) non fa eccezione e non di rado ti stupisce con informazioni nuove e figure sconosciute o dimenticate. L’autrice, con un paziente lavoro di ricerca, ci restituisce le vicende legate ad una esperienza editoriale breve, ma molto significativa e densa di contenuti, collocandola nel contesto in cui nacque e si sviluppò.

Quotidiano Donna viene pubblicato per la prima volta a Roma il 6 maggio del 1978 come supplemento politicamente autonomo del Quotidiano dei Lavoratori. Dopo mesi di incontri il primo nucleo della redazione formato da Marina Pivetta, allora giornalista del QdL, Emanuela Moroli e Chantal Personé dà vita al primo numero del giornale. La collocazione della redazione è molto significativa: siamo in via del Governo vecchio, a palazzo Nardini, occupato nel ‘76 dal Movimento di liberazione della donna (Mld) e divenuto presto il simbolo del femminismo romano. La novità è rappresentata, rispetto ai femminili di allora, non solo dai contenuti che risultano essere espressione diretta di riflessioni ed esperienze dei collettivi femministi, ma anche dalla ferma volontà di rifiutare una comunicazione autoritaria per realizzare una interlocuzione il più possibile orizzontale. Il 16 dicembre del ‘78 cessa di essere un supplemento per diventare un giornale completamente autogestito. Nel leggere le pagine di questo libro si ripercorre l’atmosfera di quegli anni, le utopie, i desideri, il bisogno di dirsi di ciascuna, la necessità di nominare un noi (testi scritti collettivamente), la paura di questo noi visto come cancellazione del sé (nessuna poteva parlare a nome delle altre), ma anche il desiderio di costruire una elaborazione teorica capace di andare al di là dell’esperienza soggettiva.

Intanto alla fine del ‘79 iniziano a nascere redazioni in altre città. Le donne parlano in prima persona di sé, della propria vita riattraversata col sapere guadagnato con la pratica dell’autocoscienza. Si parla di salute, contraccezione, aborto, lavoro, di eterosessualità e lesbismo, di violenza contro le donne in ogni sua forma.

Mi sento di ringraziare l’autrice di questo interessante libro, difficilmente sintetizzabile per le tante informazioni, considerazioni e ricostruzioni che contiene. Ne consiglio vivamente la lettura non solo per meglio capire l’esperienza politica di una parte del movimento delle donne nel passaggio dagli anni Settanta agli Ottanta, ma anche perché alcuni problemi e nodi politici sono drammaticamente attuali e chiedono ancora una responsabilità politica collettiva.



La versione integrale della recensione è su http://www.noidonne.org/blog.php?ID=04207



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