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Quote di genere nei CdA: primo tempo

Quote di genere nei CdA: primo tempo

Note ai margini - Approvata presso la Commissione Finanze della Camera la proposta presentata dalle deputate Golfo e Mosca per inserire una quota di genere nei consigli d’amministrazione e negli organismi di gestione delle Società quotate in Borsa

Castelli Alida Martedi, 11/01/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2011

Il 3 dicembre 2010 è stata approvata, in sede legislativa, presso la Commissione Finanze della Camera, la proposta presentata dalle deputate Golfo e Mosca per inserire una quota, di genere, nei consigli d’amministrazione e negli organismi di gestione delle Società quotate in Borsa. La quota è del 30% e garantisce che ciascun genere deve essere rappresentato con quasi un terzo di componenti.

Per le donne, perché è inutile dire che siamo noi le dirette interessate, sarebbe un passo avanti importante: vorrebbe dire passare dall’attuale presenza che si assesta al 3,2% al 30%, appunto. La media europea è dell’11,4% con punte (irraggiungibili per noi?) del 20% in Finlandia e Svezia, fino al 42% della Norvegia.

Un primo passo importante, quindi, a cui siamo arrivate anche per l’impegno comune, soprattutto delle donne di maggioranza e minoranza unite. E non è stato facile: dalle paure che il provvedimento potesse essere giudicato incostituzionale, alle discussioni (le solite ed oziose, vista la situazione attuale) che le “quote” fossero contro le donne, ed inutili, al rischio che il provvedimento, senza vere sanzioni si vanificasse da solo. Gli ostacoli sono stati superati e si è garantita l’obbligatorietà pena la decadenza degli organi eletti in caso di inadempienza.

Si tratta tuttavia di un provvedimento a termine, perché vale solo per tre mandati del rinnovo degli organismi aziendali, ed entra in vigore in occasione del primo rinnovo.

Ma siamo ancora al primo tempo: la legge deve essere approvata anche dal Senato con tempi e modi difficili da prevedere.

Nell’attesa vale la pena fare qualche considerazione. In presenza di provvedimenti come questo, è necessario che si sappia che le resistenze saranno forti, culturali, ma non solo. Analoghi, anche se più attenuati provvedimenti (penso alla presenza di tutti i due generi nelle giunte degli enti locali) rimangono troppo spesso lettera morta, di frequente non si conoscono le norme (neppure le donne), spesso si finge di non conoscerle, ed anche i Tribunali amministrativi regionali, cui alcune donne e associazioni si sono rivolte hanno prodotto sentenze difformi.

Un'altra considerazione riguarda il tema tanto caro di questi tempi relativo alla “meritocrazia” , che si incrocia sempre con quanti si dicono a favore di questa e quindi contro le quote arrivando ad affermare che le donne, se ci sono, sono equamente rappresentate, fino ad arrivare ad affermare che le donne adatte per i posti di comando non ci sono affatto.

Attrezziamoci, in attesa del secondo tempo al Senato. Intanto le famose Banche dati delle Competenze Femminili dovrebbero trovare finalmente una loro ulteriore giustificazione; associazioni, ordini professionali e istituzioni potrebbero promuoverle quale azione positiva in attesa della legge.

Che nessuno possa giustificarsi, quindi, dicendo che le donne non ci sono.



(11 gennaio 2011)

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