E' un demone sfrontato il tempo, con cui tutti facciamo i conti, spesso senza rendercene conto. Perché lo viviamo come sottrazione di possibilità, di occasioni mancate e mal impiegate. C'è quella parte della vita, la prima, in cui il tempo è futuro, quindi energia e costruzione. Poi c'è la maturità, col suo carico di delusioni e aspettative tradite, e il tempo diventa tiranno. In questa linea di confine sta quel punto esatto dell'esistenza che dà un senso al tutto, quello in cui non possiamo più permetterci il lusso di sbagliare. Altrimenti il sogno diventa rimpianto. Di tutto questo tratta Questo libro non esiste (Elliot), della scrittrice bolognese Marilù Oliva, che al grande successo di pubblico e critica è arrivata con la trilogia dedicata alla Guerrera. Lei ama i grandi progetti, quelli che non si esauriscono in un volume, perché lei il mondo lo osserva da diverse angolazioni. E così ha fatto con questo romanzo, che chiude - forse, ma non si sa, perché lei ama tenere i lettori sulla corda - un'opera iniziata con Le Sultane, proseguita con Lo Zoo e che vede dallo scorso 7 luglio in libreria Questo libro non esiste. Protagonista è Mathias, aspirante scrittore alla ricerca del proprio manoscritto perduto. Già, perché in una quotidianità fatta di salvataggi, backup e memorie esterne, Oliva ha creato un personaggio 'estraneo' al contingente, uno che non stampa i propri documenti, che non usa le chiavette. Uno che parla con un nonno defunto che voleva realizzare la macchina del tempo, uno che conosce a menadito il firmamento e forte di un involucro che piace alle donne, gioca la carta delle stelle per concupirle. Gli ingredienti del noir ci sono tutti: mistero, amore, tradimento, assassinio. Ambientato a Roma, città eterna, dà uno spaccato del mondo editoriale. Di quello che vissuto a casa, dal proprio divano, nei momenti di rilassante lettura, può apparire patinato, glamour, seducente. Ben altro è invece per chi vuole farne parte, per chi vuole emergere. Qui, tra feudi e piaggeria, la competizione fatta di perfidia e cattiveria lascia spesso poco spazio alla creatività, al genio, al merito. Qui, a tratti maldestramente, si muove Mathias, tra paranoie e dubbi alimentati dall'insicurezza personale e dalla coscienza di non avere rapporti amicali e sentimentali su cui fare affidamento, perché alterati in origine dalla sua volontà di presentarsi a metà. L'unica memoria 'piena' di cui dispone è quella antica, fatta di voci del nonno che sente solo lui. Mathias è figlio di Mafalda, una delle tre protagoniste de Le Sultane, la più tirchia, che Oliva aveva lasciato col marito malato nella periferia bolognese. E così, tra i due volumi, assolutamente autonomi, ecco emergere il legame, il cordone ombelicale del cui strappo portiamo nel corpo il segno, potendolo al massimo nascondere ad occhi non intimi. Ancora una volta c'è la famiglia, nucleo imperfetto che si vorrebbe talvolta negare o raccontare in maniera diversa, ma dal quale liberarsi è impossibile, perché lì, e solo lì, ci sono verità e risposte. E se col cielo possiamo provare a 'barare' e a 'incantare', con la 'terra' è impossibile. Perché qui tutto è tangibile.
Lascia un Commento