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Quella terra generatrice che tutti vogliono: l'agricoltura e i pannelli solari

Quella terra generatrice che tutti vogliono: l'agricoltura e i pannelli solari

I Ministri dell'Agricoltura e dell'Ambiente litigano sull'"occupazione" della terra per i pannelli solari. Ma non interpellano agricoltori e agricoltrici, che sono protagonisti dell'uso dei campi

Martedi, 07/05/2024 - Il femminile di giornata / sette. Quella terra generatrice che tutti vogliono: la terra, l’agricoltura e i pannelli solari.
Una nuova, interessante e direi intrigante diatriba coinvolge 2 ministri del Governo Meloni. Lollobrigida, (Agricoltura) e Pichetto Frattin (Ambiente e dintorni).
La questione riguarda la volontà di Lollobrigida di rispondere a pressioni reiterate, si dice della Coldiretti, di vietare per decreto  l’insediamento di pannelli fotovoltaici sui terreni agricoli e il fastidio di Frattin che si è impegnato, ai fini della transizione energetica, appena confermata al G7 dell’energia svoltosi a Torino, ad aumentare le fonti alternative che, proprio sulla terra, possono trovare spazi importanti.
Il tema penso vada considerato al di là dei motivi e interessi contingenti, considerando che “tappare” la terra coi pannelli fotovoltaici sembra al momento il modo più “semplice” e immediato di rispondere a un problema pressante e che soffre di ritardi.
La decisione richiederebbe qualche interrogativo e riflessione in più, alla base del conflitto apertosi, e l’identificazione di elementi e connessioni necessarie per affrontare il tema con la complessità che meriterebbe.
Che la terra la voglia chi la coltiva è, da sempre, realtà indiscutibile. Seminare, coltivare, abitare, edificare, perimetrare, insediare, inquinare, possedere e di più risulta l’obiettivo che si ripete. Peccato che la terra - bene primario - non sia né infinita né replicabile, almeno per ora.
Basterebbe ricordarsi delle ragioni delle lotte contro la deforestazione dell’Amazonia per capire di che si parla.
Ma per stare coi piedi per terra e ripartire dall’Italia, ricordamo che sono solo di poche settimane fa le proteste dei nostri agricoltori, peraltro sotto braccio ai loro compagni europei. Scesi in piazza con forza e notevole perseveranza, per dilra in sintesi hanno cercato di spiegare al paese e a chi lo governa la crisi del settore determinata, per troppi produttori, dal reddito basso e insufficiente divenuto minaccia, nei fatti, anche di un serio rischio di abbandono diffuso della terra coltivata.
Questo, riferendoci alla produzione agricola - o meglio agroindustriale, come è sempre il caso di sottolineare - per l’Italia significa uno dei “blasoni” della propria economia fortemente attraente anche per il turismo con una ricchezza di prodotti tipici: dalla pasta ai formaggi, ai salumi, alla frutti-orticultura ad olii e vino. L'agroindustria, settore importante dell’economia e delle esportazioni, affianca ed accompagna storia, eccellenza del paesaggio agrario, tradizioni e cultura del paese.
Per non parlare delle aziende multifunzionali: dall’agriturismo agli agri ristoranti, dalle aziende che praticano la vendita diretta alle scuole in fattoria; attività sempre di più protagoniste di una importante rivitalizzazione delle aree rurali. Tutte atività che mostrano un grande e significativo protagonismo femminile d’eccellenza.
Spesso, per non dire quasi sempre, nella gestione dell’informazione o valorizzazione di questo patrimonio legato al nostro cibo, divenuto anche una cultura identitaria dell’Italia, si omette di precisare, sottolineare, ricordare che il tutto senza grano per le paste e o senza latte (vaccino, di pecora, capra e bufala) per l’arte casearia, per non parlare di orti, oliveti e vigne, non esisterebbe e per non darlo per scontato senza agricoltrici e agricoltori, che della terra rimangono le levatrici e gli artisti.
Per tornare però al tema delle recenti proteste agricole - credo solo momentaneamente silenziate perché proprio la questione del reddito rimane problema irrisolto -, rispetto ad ipotesi di risposte migliorative della situazione sia europea che nazionale, può risultare interessante sapere che già da tempo non sono pochi gli agricoltori che, non “soddisfatti” dei propri bilanci, hanno accettato, anche con dolore, di vendere o dare in uso per decine d’anni la propria terra a investitori nazionali e internazionali. Troppo economicamente interessanti le contropartite milionarie per quegli insediamenti di pannelli fotovoltaici che, per chi sappia guardare dai finestrini della macchina, aumentano visibilmente la loro presenza nei campi.
Questo per dire che, per scelta individuale, il processo di cessione della terra a favore dei pannelli è di fatto in atto, quale silenziosa e dolorosa risposta economica alle difficoltà presenti in agricoltura, difficoltà che l’opinione pubblica e la politica sembrano già avere cancellato come problema.
Forse allora è questa la realtà, la vera difficoltà già in itinere, e non denunciata, ufficialmente, che fa pensare di vietare, in fretta e per decreto sui terreni agricoli il deposito di pannelli fotovoltaici, bloccando così le vendite e le disponibilità ad alienare la terra.
Una decisione presa senza riaffrontare il tema nella sua complessità e del come gestirlo davvero.
E’ difficile, e certamente non sta a me giudicare, ma i fatti di cui si parla costituiscono una realtà oggettiva con cui fare i conti che vede agricoltori tristemente e silenziosamente in fuga, approfittando di una ghiottissima opportunità finanziaria.
Un processo che andrà avanti se non si ”parlerà” di loro e dei loro problemi in modo convincente e consapevole.
Mi domando quale sarebbe la loro opinione, se fossero democraticamente interpellati dalle organizzazioni, sul blocco dell’installazione di pannelli sulle loro terre. Sarebbe importante saperlo e discuterne per arrivare a decisioni condivise e non sovrapponendo una decisione che potrebbe essere vissuta principalmente come un'ulteriore sopraffazione e non una difesa.

Interessante notare come la Presidente della Regione Sardegna Alessandra Todde, nello spirito del blocco dei pannelli solari e come aveva annunciato in campagna elettorale, abbia sospeso per 18 mesi l’insediamento sul territorio di nuovi impianti di energie rinnovabili; proponendo contemporaneamente come si debba insistere sull’utilizzo degli insediamenti dei pannelli sui tetti, su cui c’è ancora molto spazio.
In Sardegna, non a caso, val la pena di ricordare la significativa presenza della realtà agro pastorale, la più importante in Italia, ovvero un settore economico legato ad un bisogno eccezionale di terreno e territorio.
Il che mette ancor più in evidenza cosa può significare una diffusione massiccia di pannelli che rappresenterebbero la conferma che agricoltura o allevamento risultano definitivamente secondari.
Occorrerebbe che Lollobrigida e Frattin, consapevoli e convinti della delicatezza del tema  - che se gestito a botte di decisioni individuali o di pressioni di interessi e urgenze di varia natura,  sarebbe divisivo e considerato prevaricatorio dagli agricoltori - ci raccontassero la complessità della materia e su quali vere motivazioni concordate sono arrivati alle loro conclusioni, mediatrici d’interessi generali nel rispetto dell’Agricoltura, pur senza rinunciare a progetti di fonti d’energia alternativa.
Comunque la terra per generare ha bisogno di respirare! E per continuare a nutrirci e nutrirsi, non può ancora fare a meno di quel laboratorio eccezionale che è la mano e l’abilità umana, seppur ovviamente affiancata dalla tecnologia, di cui non è superfluo ricordare l’enorme e diversificato utilizzo presente nel settore.
Da contadine e contadini sono diventati imprenditrici e imprenditori, senza mai cancellare la densità e l’importanza che quei termini evocano per il rispetto con cui hanno affiancato la terra generatrice che ci hanno lasciato in dote grazie al lavoro agricolo che è stata la difesa da infinite occupazioni.
Paola Ortensi
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