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Quel demone che ci pasticcia la vita

Quel demone che ci pasticcia la vita

Le idee di Catia Iori - Inadeguate non si nasce. Eppure conosco donne straordinarie di invidiabile talento che non riescono a sbocciare...

Iori Catia Lunedi, 17/12/2012 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Dicembre 2012

Inadeguate non si nasce. Eppure conosco donne straordinarie di invidiabile talento che non riescono a sbocciare. Siamo diventati tutti più insicuri - penso ad esempio all’autocentratura dei miei nonni orgogliosamente compiaciuti di essere sopravvissuti a tutto - ma la vita e il mondo che ci sta intorno sono troppo veloci e distratti per accorgersene. Certo, possiamo rifiutarci di correre anche noi, ma qualcuno prenderà immediatamente il nostro posto, facendoci sentire ancora più inadeguate e umili. Fatta eccezione per alcune di noi, spesso sospinte dal potere maschile o da un’illusoria stima “delegata”, la percezione di uno stato di marginalità viene vissuta come un giudizio negativo sulle proprie capacità. Ho appena finito di leggere un libro dal titolo magistrale: “Le donne che leggono sono pericolose” (Bollmann Stefan e Heidenreich Elke), in cui si evidenzia come la capacità di astrazione, l’ideazione continua tipicamente femminile abbracciata ad un sano realismo hanno un enorme potere rivoluzionario. Chi invece nel profondo si sente emarginata oppure inadatta non può e non vuole, come ognuna di noi, rinunciare alla speranza di contare qualcosa per gli altri esseri umani, perché c’è in gioco tutta intera la sua esistenza. Se una vita, specie femminile, non possiede una meta attrattiva, un significato, una speranza, essa perde ogni impulso vitale, e allora si fanno strada risposte sbagliate, sempre più sbagliate. Ci si rifugia nella cura dei tradizionali ruoli domestici che certamente aiutano a tenere occupata la mente e a dare continuità al proprio esistere ma… non basta. Il talento che vedo al momento della laurea, ad esempio, di tante giovani promettenti ragazze sembra poi spegnersi con il passare degli anni con l’adattamento a un dettato materno, conformandosi al ruolo del compagno e cercando di limitare le proprie spinte evolutive. E allora non mi stupisce l’aumento impietoso del disagio femminile, di quel malessere che esplode sulla cinquantina in vere e proprie patologie depressive, segno inequivocabile di un sé rimosso, bistrattato e ahimè deluso. Occorre ascoltare quell’angoscia e non coprirla coi farmaci. L’angoscia è tale perché contiene un carico di domande che cercano ascolto, condivisione, compagnia, risposte. Allora facciamoci sentire, scambiamoci opinioni, amiche, e cerchiamo di incontrarci laddove il dolore talora è quasi inesprimibile.

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