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Quei poteri troppo forti

Quei poteri troppo forti

Politica & politiche - Perdita di posti di lavoro, tagli ai servizi sociali. Saranno le donne a pagare di più le conseguenze della crisi globale

Giancarla Codrignani Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Novembre 2008

Se ministri e politici andassero a fare la spesa, le politiche economiche sarebbero diverse. Lo diciamo da un pezzo, senza ricevere ascolto. Lo riconosceva anche un economista del livello di Giorgio Ruffolo rispondendo nel corso della presentazione del suo ultimo libro; tuttavia ‘Il capitalismo ha i secoli contati’ non tratta quell' "ovvietà" di un PIL (Prodotto Interno Lordo, l'insieme dei beni prodotti da un paese) che, comprendendo solo la produzione ed escludendo la riproduzione, è un valore parziale.
Come donne non abbiamo la scopa per volarcene via quando non ne possiamo più, ma non possediamo neppure la bacchetta magica delle fatine. Però. Però, quando non tira aria, siamo noi a dover togliere a mani nude la castagne dal fuoco. Viene da ricordare la scena classica del teatrino familiare che, dai tempi delle vecchie buste-paga settimanali agli odierni accreditamenti bancari, presenta l'uomo che, arrogante o mortificato, dice alla sua compagna "vedi tu, fai tu, più di così non ci sono soldi...".
Come sempre, anche questa crisi induce il criterio della responsabilità nelle nostre menti e sulle nostre spalle e, allo stesso tempo, intercetta il valore dei nostri diritti con il rischio di riportare indietro, con noi, la società intera.
Si ripresenta il "ventinove"; forse in edizione peggiorata. Da troppo tempo l'economia ha ceduto davanti allo strapotere della finanza. Adesso comprendiamo che aver fatto del denaro la merce più importante da scambiare sulle reti informatiche preparava i fallimenti. Tuttavia, davanti ai "poteri forti" né come donne né come uomini, né come sindacati né come partiti o società civile si poteva fare qualcosa. Le donne che operano, a qualunque livello, nelle banche e nelle istituzioni del mercato e che hanno studiato le stesse dottrine e applicano le stesse regole che sembrano neutre dimostrano il limite delle parità senza modello differente: l'omologazione inevitabile ha reso impossibile un' "economia della differenza". Che sarebbe stata sempre quella di privilegiare la vita quotidiana, la sopravvivenza e la convivenza nelle priorità politiche. O almeno, per noi italiane, di entrare nella logica degli altri paesi europei che si sforzano di elevare la percentuale di donne al lavoro per il miglioramento dell'economia produttiva: noi italiane ormai siamo, come percentuale occupazionale, dietro alla Grecia. A proposito di statistiche: l'internazionale Social Watch, che cura anche un indice di "equità di genere", colloca l'Italia al 171° posto, dopo il Burundi.
Promozioni per i diritti di genere non sono certo da attendere da un governo che stronca la scuola pubblica per fare soldi e copre il licenziamento (anche se fosse vero che gli esuberi saranno sistemati alle Poste o al Turismo, per dei docenti si tratta di licenziamenti) di 70.000 insegnanti coprendolo (per distrarre) con misure marginali come il grembiule o il voto in condotta. Intanto per i necessari interventi per l'occupazione femminile, le politiche per la conciliazione lavoro/famiglia, i finanziamenti per la lotta contro la violenza e i maltrattamenti....anche la speranza più ingenua cede al realismo delle difficoltà.
Intanto la crisi - solo come battuta ci è consentito dire che questa socializzazione della speculazione non è opera di creatività femminile - resta un dato di realtà da pagare.
Non potremo neppure fingere meraviglia se le donne, dalle manager all'ultima delle precarie, saranno le prime a subire i tagli di stipendio e dei posti occupazionali nonché le pene derivanti dai licenziamenti degli uomini di casa. Tutte casalinghe a tempo pieno? Impossibile, ma saranno proprio le casalinghe a pagare di più: della già famigerata "quarta settimana" parlano giornalisti e politici, ma la conoscono bene soprattutto le donne che, bene o male, "debbono" mettere insieme pranzo e cena per tutti, vestire la famiglia, pagare affitto o mutuo, riscaldamento, luce, gas. Faranno ancora altri bambini solo se i loro compagni una qualche sera daranno giù di testa. Non perché glielo chiede la demografia.
La politica, intanto, si occupa e si occuperà del disagio sociale e della famiglia. A prescindere dal fatto che tutti sono tornati a parlare di famiglia al singolare, come se il plurale non sottintendesse differenze che non sono solo amministrative, ma rappresentano esigenze distinte comprensive anche di situazioni a rischio o di madri sole. Per il governo italiano (ma, per la verità, non solo) disagio sociale significherà ridurre i servizi pubblici e tornare all'assistenza o agli interventi caritatevoli di associazioni e volontariati privati. E la famiglia ridiventerà il principale ammortizzatore sociale, con i soliti angeli del focolare in servizio permanente per la diminuzione forzata di asili-nido, consultori, assistenza domiciliare e aumento delle tariffe a carico dell'utenza. L'opposizione - il Partito Democratico, in particolare, alla cui realizzazione molte di noi tengono - è stretta nelle maglie di un governo che non rispetta le regole istituzionali. Berlusconi non intende governare, come gli è stato consentito dalle elezioni, ma gestire un potere che disconosce la dialettica parlamentare. Prodi ricorreva ai decreti e alla fiducia perché aveva pochissimi voti di maggioranza al Senato e poteva cadere ad ogni momento. Il PdL ha una cinquantina di voti di maggioranza ed è certo di vedere approvate le sue leggi, ma non vuole sentire gli interventi dell'opposizione a cui consente di impegnarsi e di proporre emendamenti nelle Commissioni (dove non ci sono i giornalisti). Così la pubblica opinione non viene a conoscenza delle reazioni del centro-sinistra (peggio: anche noi partecipiamo al brontolio contro i parlamentari fannulloni, nonostante il lavoro assiduo che compiono in un silenzio dei media che è tanto più grave quanto più ridotte sono le risorse dell'opposizione per finanziarsi una propria informazione).
Eppure è necessario attraversare la palude.....

POST-SCRIPTUM
Nel variare delle notizie politiche che franano nel gossip anche quando non è il caso, vorrei sottolineare l'uscita di scena dalla candidatura bolognese di Sergio Cofferati. Circolano sospetti sulla rinuncia dovuta a ragioni famigliari, ma a me sembra che sia proprio vero che il Cofferati si prende il lusso di andare contro corrente. Poteva dire che stava male e aveva bisogno di riposo e, anche poteva dirlo prima. Invece ha fatto una scelta da donna, anche nel tormentone del tira e molla: ai maschi piacerà poco, ma potrebbe essere un esempio per tanti padri che si perdono la gioia di crescere i figli....

(4 novembre 2008)

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