Intervista a Barbara Pollastrini - “Libertà per noi sta con responsabilità”. “Altro che querelle tra laici e cattolici!”. “Sento da tanti la voglia di informazione, dialogo, confronto, ricostruzione di un’etica pubblica condivisa”
Bartolini Tiziana Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2005
“In quel milione e mezzo di voti che ha perso Forza Italia più della metà sono donne e giovani, così dicono prime analisi di autorevoli istituti di ricerca. Se verrà confermata, come credo, questa lettura sull’andamento elettorale avremo innanzi un dato straordinario. Per me è un motivo di gioia in più nella soddisfazione per il risultato elettorale. Certo anche un bel carico di responsabilità”. Barbara Pollastrini, parlamentare e coordinatrice nazionale delle Democratiche di sinistra unisce alla sua storia nei movimenti delle donne una lunga esperienza dirigente anche come segretaria della Federazione milanese, prima segretaria donna del Pci, Pds di una città importante. “Quella delle regionali è una vittoria di svolta per l’Ulivo e l’Unione. Non ci montiamo la testa, fino all’ultimo dovremo combattere queste destre pericolose e indegne. Ma finalmente si può aprire una nuova stagione per il Paese. Per la prima volta abbiamo un successo non solo per l’astensione nei confronti delle destre, ma perché c’è un passaggio consistente di voti dal centrodestra al centrosinistra. E’ un fatto inedito, come sostengono i ricercatori, che avviene raramente. Ilvo Diamanti l’ha definito la fine della grande glaciazione. Che ciò sia avvenuto con un peso del voto femminile e giovanile significa molto. E’ un risultato solido, avviato dalle precedenti amministrative ed europee, quando già tra le donne si coglievano sentimenti di disincanto verso il Governo. Ma ora è esploso in tutta la sua ampiezza”. Il comportamento elettorale delle donne e dei giovani è da interpretare come un voto di protesta oppure è un segnale più profondo?
Il dato è così vasto ed omogeneo che certamente contiene tutti e due gli elementi. Insieme a ragioni di disincanto, quasi di rivolta, inizia a manifestarsi una scelta. Molte donne votarono per Berlusconi perché si illusero che consentisse una possibilità in più, maggiori opportunità. Le ha scosse la verifica di difficoltà quotidiane aumentate, una materialità pesante per troppe, la sfasatura tra il sogno promesso - la propaganda - e la realtà. Le donne sentono l’accumulo di questo presente. Sono le più toccate dalle grandi ingiustizie planetarie come le guerre, questa guerra, la fame o i disastri ambientali. Sono le più segnate dalle insicurezze, dai problemi aggravati dalle scelte governative. Innanzitutto il lavoro. Negli ultimi sei mesi è calato il tasso di occupazione femminile. Nel sud il lavoro è un’araba fenice per tante. In tutto il Paese spesso quel lavoro, tanto voluto, avviene nella precarietà, nella fragilità di diritti. E’ aumentato il divario salariale tra donne e uomini. Mentre sono cresciuti i prezzi, gli affitti e si é colpito il pubblico. Mi riferisco a scuola, sanità, reti di servizi alla persona, nidi, consultori, spazi culturali e aggregativi. Per un numero non piccolo sono in discussione condizioni di sopravvivenza nella dignità. Ciò ha smosso le coscienze perché ha leso le libertà, le chances di scelta. Le donne non si accontentano, sono severe nei loro giudizi e disponibili a voltare pagina. Questo varrà anche per l’Unione, per la sinistra. Dovremo essere capaci di un nuovo riformismo coinvolgente, concreto e capace di pensieri coraggiosi, di valori forti. Aveva avuto segnali concreti di queste sofferenze?
Io dico che ‘non abbiamo un movimento delle donne, ma donne in movimento’. Soprattutto le ragazze vogliono realizzarsi, studiano meglio e più in fretta dei loro coetanei maschi. Viaggiano più di loro, leggono e sono impegnate nel sociale. Loro hanno introiettato la parità. Anche se spesso mostrano fastidio per temi, linguaggi, saperi che invece affascinavano tanto la nostra generazione. Poi viene l’impatto con la realtà. Lo scarto sovente è al momento del lavoro. Scoprono un mondo diverso da quello immaginato. Conoscono l’irriconoscenza delle istituzioni, di un’organizzazione sociale non adeguata. Vedono la noncuranza delle qualità, dei meriti. Imparano un irrisolto e serpeggiante maschilismo, molti autoritarismi, qualcuno anche femminile. Non si adattano. Così il grande fiume carsico dell’autonomia femminile si allarga con nuovi linguaggi, storie, aspirazioni. E procede. Insomma l’impegno di “lealtà” verso le donne di questi anni, di ricostruzione di reti, di presenze, di lettura della società, di proposte ha la soddisfazione di incontrare le giovani. Veniamo ai numeri e alle elette nei consigli regionali. E’ soddisfatta dei risultati ottenuti?
Ci sono zone d’ombra. Ma i passi in avanti sono evidenti: Rita Lorenzetti e Mecedes Bresso sono due donne dell’Ulivo e diessine. Le elette dei DS sono dieci in più. Nulla ci è stato regalato. Abbiamo usato le regole del partito, che avevamo voluto, i patti tra di noi, il vincolo ai programmi, il conflitto. Nel mio partito consiglio nazionale e direzione hanno il 40% di donne. Una donna è presidente della commissione di garanzia, sei sono nella segreteria. Ora dobbiamo sollecitare una “competizione positiva” coi partiti e le associazioni dell’Ulivo e dell’Unione. I tavoli dei leader sono club maschili molto chiusi. Ci vuole un movimento tellurico, regole, conflitti, patti, alleanze con gli uomini lungimiranti. Sarà dura. E’ più facile per le donne diventare Ministro, che riuscire ad arrivare al comando della politica. Dobbiamo puntare molto in alto e raggiungere i posti dove si decide, i luoghi strategici del potere: abbiamo donne importanti e autorevoli nel Parlamento ma non abbiamo un segretario regionale di partito donna. Io so che questa è la sfida e che dobbiamo puntare ai vertici della politica, dove si giocano le partite decisive. Lì dovrebbe esserci una vera rivoluzione culturale, dovrebbe crescere le capacità della politica nello sbloccare la società, dinamizzarla.
Stimolare la società a far crescere élites diffuse, selezionate nelle regole, sulle capacità e l’onestà. Non nell’opacità di consorterie, clientele, familismi. Se dovessi scegliere tre parole per un programma direi: trasparenza, inclusione a partire dai più piccoli, e riconoscimento dei meriti. So che tutto questo premierà automaticamente le donne e i giovani. Dà loro coraggio, voglia di fare, di creare, di rischiare. Come vede profilarsi la battaglia referendaria?
Dobbiamo scalare le montagne e riuscire. La data, voluta dal Governo, non aiuta. A giugno, a scuole chiuse e coi primi turni di ferie iniziati. Sanno bene che se si raggiunge il quorum vincono i Si’. Hanno scelto la via più furbesca e cinica. Le donne possono essere decisive per organizzare un passaparola. Ricordare a tutti che si vota il 12 e il 13 giugno. Ogni donna ne porti altre due, è il tamtam lanciato dall’Unità e io aggiungo anche con qualche amico. Possono essere determinanti facendo parlare ragione e soprattutto il cuore, le storie vissute. Comunicando il senso di questa campagna di civiltà e umanità. Che non a caso per molte di noi ha come slogan “Permetti un atto di amore in più”. Dobbiamo mobilitarci su alcune messaggi essenziali. Perché l’Italia deve essere l’unico Paese in Europa ad avere una legge così ingenerosa e punitiva nei confronti della salute delle donne e così umiliante per le speranze nella ricerca scientifica?
Perché volere creare le condizioni per rimettere, domani, in discussione la 194? Una delle migliori leggi sulla interruzione volontaria della gravidanza che in Italia ha avuto il pregio di fare diminuire gli aborti. Semmai va valorizzata, estendendo consultori, informazione, prevenzione.
Poi sfatiamo la propaganda spicciola secondo cui se vincono i ‘Si’ si torna al Far West. La Corte Costituzionale ha ritenuto inammissibile il referendum di abrogazione totale con la motivazione che a queste materie devono essere dati dei limiti. Ma per la stessa ragione ha accettato tutti gli altri quesiti. Se passassero i Sì rimarrebbe un’intelaiatura di legge sufficiente ad avere cautele indispensabili per la sicurezza delle persone e della ricerca scientifica. Ad esempio la stessa Corte ritiene in sintonia con convenzioni, quella di Oviedo, e regole sopranazionali, poter usare embrioni soprannumerari, abbandonati e destinati a deperire, ai fini di ricerca per trovare cure a malattie oggi inguaribili. Libertà per noi sta con responsabilità. Il senso del limite ci appartiene. Non permettiamo alla propaganda aggressiva di insegnarci qualcosa sull’amore per un progetto di vita. Di scambiare l’aiuto che può venire dalla medicina per fare fronte alla sterilità con le volgari insinuazioni di eugenetica, di manipolazione, di fantasmi evocati solo perché non si hanno argomenti seri per giustificare le crudeltà di una legge inaccettabile. La questione, lo sappiamo, è un’altra. E sarebbe troppo lungo ricordarla ora. Attiene all’umiliazione di principi laici, umani, liberali della Repubblica. Peraltro nel mondo diritti femminili, a partire dalla dignità del proprio corpo, segnano il discrimine tra democrazie e oscurantismi, dittature. Nello stesso Occidente è in atto una sorta di rivincita sull’unica rivoluzione dolce entrata a testa alta in questo secolo, quella delle donne. E questo mentre moltitudini femminili premono nel pianeta per sopravvivere, per diritti, benessere. Insomma, ancora una volta, quella femminile è la libertà che sa cambiare il mondo e disegnare una modernità umanizzante per tutti. Ecco c’è qualcosa di grande in palio. Le file ai banchetti per la raccolta delle firme di donne e uomini credenti e non, cattolici e non, mostravano una società aperta, fiduciosa e unita nel chiedere una legge saggia, equilibrata. Altro che querelle tra laici e cattolici! Sento da tanti la voglia di informazione, dialogo, confronto, ricostruzione di un’etica pubblica condivisa e di un nucleo di bene comune capace di dare forza a chi vuole riparare i danni di scelte politiche distanti e egoiste. Ho riflettuto sulla scelta referendaria. Poi, con altri amici e amiche di uno schieramento trasversale, e con le mie compagne diessine abbiamo deciso, per coerenza, per serietà, per lealtà verso una storia, per fiducia nel presente, per le donne, la ricerca. Perché questa legge è una offesa per il nostro Paese, la sua luminosità.
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