Giovedi, 12/05/2016 - Come scrivevo altrove, leggere la poesia di “Periplo” significa circumnavigare tutte le combinazioni possibili del suo movimento attraverso l’acuto occhio di Nicola Manicardi. Ho trovato l’impiego di uno stile inedito, eversivo, originale. Altrove di Nicola scrivevo: “Dinnanzi abbiamo un poeta distruttore e costruttore al contempo, il quale ingrandisce e rimpicciolisce l’ottica del suo sguardo a seconda dell’oggetto della sua analisi.”
Proviamo a conoscere meglio lui e la sua poesia.
-Salve Nicola. Come nasce la poesia di “Periplo”? E perché “Periplo”?Ho sempre trovato la tua poesia molto originale. C’è un immaginario poetico davvero molto vasto, che s’allarga verso la comprensione di confini oltre i quali la tua percezione non può più essere circoscritta. C’è una coscienza poetica che con forza vuole far emergere il dettaglio isolato. Come ti sei accostato alla parola poetica? Che cosa rappresenta per te la poesia? E quali sono i tuoi modelli letterari?
Il nome Periplo, deriva da circumnavigare, termine utilizzato nel gergo marinaio.
La poesia raccolta in Periplo è frutto di un percorso nato tanti anni fa, in età adolescenziale, fino al giorno d’oggi , che mi trova uomo maturo, curioso del vivere, osservatore dei ritmi del giorno, nel nome del sentimento. La poesia mi rappresenta in toto, amo la verità, il “sentire” ed il pulsare della vita , in ogni sua sfaccettatura. Nessun modello in particolare, senza presunzione, solo io. Ho letto tantissimo Montale, Ungaretti e Farfa.
-In Stasera si legge: “Mi berrò/ un bicchiere di Sole/ e con l’ ultimo goccio/ darò alla notte /acqua e sale alla terra/ il tutto dentro a una lacrima rara”. Sono i miei versi preferiti. Si osserva un processo metonimico plurale, per il quale si indica il l’astratto per il concreto (il Sole per l’acqua, e il Sole per il raggio di Sole). Da questo procedimento se ne può trarre un’altra disamina, ovvero che il grande viene rimpicciolito per essere contenuto all’interno di una goccia. A questo punto, la goccia viene scissa in acqua e sale, rispettivamente destinate alla notte e alla terra per essere poi riunite dentro una lacrima rara. Secondo me, questi versi ben esemplificano la tua poetica. Da dove nascono? Cosa li ha ispirati? Quanto ci dicono di te e del tuo modo di giocare con la parola?
Credo nel dramma , e nel suo inverso. Credo che sia bello dialogare anche con le forze della Natura ( è un dialogo interiore, che giova , perché ci fa sentire parte del cosmo, e non sostanzialmente solo entità fisiche pensanti, che subiscono lo scorrere del tempo)
Mi diverto, e gioco d’ironia, amo la fatalità ( e se un fulmine mi colpisce? Mi caricherei…d’energia positiva)
- In Madre! Chiamo vita si legge: “secondi al termine ogni di../pensiamoci/il cervelletto/dietro alla crosta cranica/rischia un testa coda/mentre ripensa/ripensa, ripensa il perpetuo”. Questi versi simboleggiano il fascino della tua poesia. Come mai il richiamo alla madre? E che posto occupa il tuo occhio scientifico all’interno della tua poetica?
La Madre è creatrice, il titolo della poesia è Dura Madre, provocatorio e forse un po' azzardato. In realtà, volevo, anche in questo caso, abbinare due sfere: il sentimento d’amore ed il significato di vita, nel pensiero contenuto dentro la membrana cerebrale chiamata appunto”Dura Madre”.
-In Vuoto si legge: “Il vuoto/questo grande movimento verso il nulla./(pure l’aria scappa).../ e la mosca di scatto cambia lato/.Il vuoto nacque, con me /te, forse a fianco Dio (e qui mi pento)/”. Questi versi rimandano a una ipotetica riflessione sulle origini dell’universo e mettono in discussione anche il pensiero dominante. Si ipotizza un ordine per delle fenomenologie di per sé eterogenee che il pensiero religioso ingabbia entro il potere dei dogmi. Ecco, da queste considerazioni nasce la mia domanda: come ti poni di fronte al dogmatismo religioso? E c’è davvero secondo te la possibilità di fare «ordine»? Oppure le nostre possibilità sono limitate?
Dal dogmatismo religioso mi trovo assolutamente distante. Credo sia privazione. Mi da un senso di oppressione. Invece per me la vita deve avere uno svolgimento più libero, nel pensiero e nell’azione, tenendo fede all’amore, al sentimento, alla cultura come capisaldi del buon vivere.
Sicuramente, questo mio modo di vedere e percepire nasce da un' educazione scientifica impartita da mio padre , professore universitario di microbiologia.
La religione c’è, esiste, non mi trova vicino nelle certezze assolute; mi avvicino a entità divine , osservando il cielo notturno – trovo sempre meraviglia.
-“ Tante piccole guglie/di schiuma portate dal vento/in un eterno movimento./Onde.
/Il suono di risacca/emula lo sfogliar del racconto./Arenano conchiglie/diventeranno spiaggia./Strended(arenata)/una scultura lignea/ha finito il suo tempo/sopra ...il gabbiano osserva di vedetta!”. Questi sono i versi di Terra emersa. C’è un costante richiamo al movimento dell’universo intorno a noi. C’è il pullulare della vita. C’è il suo arenarsi. Che cosa rappresenta il gabbiano? E perché “osserva di vedetta”? Come definiresti il tuo occhio sulla contemporaneità?
L’Universo è il tutto, e mi piace interpellare, in situazioni terrene, dove non trovo ragioni, dove per molti uomini la vita è inferno, dove non esiste etica, uguaglianza ecc..
Il gabbiano? Siamo noi, che non abbiamo scelta che restare di vedetta, e non potendo cambiare situazioni, più grandi di noi.
-Com’è cambiata ad oggi la tua produzione poetica? Serbi altri progetti letterari per il futuro? Se sì, quali?
Credo d’essere maturato stilisticamente , per il futuro non saprei, continuerò a pubblicare le mie poesie sulla mia pagina Facebook, a leggere altre poesie di amici poeti, e a pensare,pensare…perpetuo.
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