Quando nei campi eravamo sfruttate. Più degli uomini
Donne in campo - L’incontro con Maria Santiloni e il ricordo di lotte contadine che donne coraggiose hanno combattuto. E vinto.
Maria Giuditta Politi e Donatella Manetti Lunedi, 31/03/2014 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Aprile 2014
È un giorno della settimana che sembra uguale agli altri, ed invece stiamo, Donatella ed io, per incontrare una persona molto particolare, direi unica: Maria Santiloni, Colei che durante le lotte mezzadrili è riuscita a convogliare ed a valorizzare le energie dell’universo agricolo femminile, energie sopite sotto una coltre di pregiudizio e maschilismo. Arriva: Maria è Minuta, sguardo penetrante ed acuto. Inizia a raccontare e veniamo trasportate negli anni ’50, in un mondo contadino fatto di soprusi, di padroni abituati a vincere e mezzadri abituati ad obbedire. Di donne il cui lavoro non viene considerato, pagato male; di donne che spesso e volentieri non vengono valorizzate neanche dai propri mariti. Figlia di mezzadri marchigiani è cresciuta in una famiglia sui generis. Racconta storie di donne, ad iniziare dalla sua famiglia: la nonna e la mamma, donne di carattere, comuniste ed anticlericali, punti di riferimento non solo per i propri mariti, ma anche per tutti quegli uomini che, eterodossi, portano avanti i propri ideali.
Poi la Sua vita sindacale: storie di donne calabresi, storie di donne marchigiane. Storie che sembrano diverse ma che hanno un’unica parola chiave: Maria, che con coraggio e dedizione riesce a risvegliare la loro coscienza e la loro consapevolezza; le organizza, le conduce alla lotta, le sprona e le valorizza portandole in prima linea. Eccola ad esempio a Senigallia:”I padroni” non vogliono meccanizzare le aziende, o per lo meno lo vorrebbero fare caricando i macchinari sul conto economico dei mezzadri. L’obbiettivo è l’azienda Carbone (il proprietario era l’allora presidente dell’unione agricoltori). “Maria devi andare a sensibilizzare le donne…e sono tante” le dicono. Gli uomini, intestatari dei contratti di mezzadria, non hanno il coraggio. Madre di due figlie, lasciatele a casa in mani sicure, con il marito e la signora tutto fare che l’ha accompagnata dalla Calabria, parte. Dorme nelle case dei mezzadri, parla con le mogli, con le figlie, le coinvolge, le mobilita. Per numerose notti quelle che ora sono diventate delle Erinni, capitanate dalla nostra Maria, si fanno accompagnare “in città” davanti alla casa di Carbone e suonano il campanello, gli rovinano il sonno, “Poveretto”!!
Dopo giorni il tempo è maturo. Si organizza la manifestazione ed il corteo, donne in prima fila, parte dalla casa del “padrone” fino alla piazza dove è previsto il comizio. Al limitare della piazza trovano la polizia che fa cortina: non si passa. Nonostante alcuni poliziotti, sotto voce, dicano loro di andare comunque avanti, di provarci, prima del ponte dal quale si accede alla piazza trovano il Commissario, “fascista mafioso” come Lei lo definisce, che suona il fischietto. È il segnale per i suoi uomini: ‘attaccate, picchiateli, fateli a pezzi…’ Improvvisamente una donna in prima linea si muove con veemenza: la donna, “una Crista alta, piantata”, prende il commissario mentre fischia e lo colpisce. Il cappello dell’autorità, dell’uomo di potere, vola via, vola lontano, nel fiume….Maria, vicina, con un cartello in mano, colpisce un poliziotto in borghese, la vedono: viene arrestata.
Si ritrova sola, in una stanzetta buia per ore. Il suo unico contatto con l’esterno sono due teste che improvvisamente fanno capolino dalla porta in un raggio di luce: “Ma quale è? È quella? Così piccola??!! Si dicono l’un l’altra. Niente altro. Per ore rimane isolata senza sapere cosa stia succedendo fuori. Ma ecco il passa parola:”Maria è stata arrestata, accorrete!!!” Da tutte le campagne dei dintorni si raduna una folla enorme. Tutti nella piazza gridano, chiamano Maria. Dopo ore di pressione popolare, le forze dell’ordine sono costrette a capitolare: Maria viene liberata (verrà poi processata per direttissima ed assolta per insufficienza di prove con 5 anni di condizionale). Quando torna a rimirar la luce è il tripudio: un bagno di folla che la ringrazia, che la incita, che la acclama!!
“Ma Maria, non hai avuto paura quando ti hanno arrestata?” Le chiedo. “No, perché avrei dovuto?....Ero sicura che i miei compagni fuori stavano lavorando per liberarmi!” Che Donna, che coraggio che lealtà, qualità che fanno apparire il nostro presente impreparato, inadeguato.
La chiacchierata purtroppo, è finita. Torniamo in macchina verso casa e ci sentiamo arricchite. Mi ritorna in mente l’immagine del cappello del commissario che vola nel fiume. È come se vedessi l’immagine al rallentatore: un simbolo! Il cappello dei rappresentanti dell’Istituzione - che spesso, a quei tempi, spalleggiava con leggi inique “i padroni” a scapito dei mezzadri e del mondo contadino - vola via, spazzato dal gesto di una donna.
Mi sento tanto piccola, presa dalla mia futile quotidianità e penso: Maria, una Donna per
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