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Quando le Consigliere ricorrono al giudice

Quando le Consigliere ricorrono al giudice

Lombardia/ 2 -

Maristella Lippolis Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Agosto 2006

Anche gli interventi giudiziali promossi dalle Consigliere di parità della Lombardia sono stati efficaci. Nel corso del 2005 si è conclusa l’azione giudiziaria contro un importante Ente Locale lombardo per discriminazione collettiva. Il Tribunale, in funzione di giudice del lavoro, ha dichiarato cessata la materia del contendere in quanto lo stesso Ente convenuto, nelle more del processo, ha spontaneamente posto fine alla condotta denunciata come discriminatoria in ricorso. Nel corso dell’anno si è anche concluso il procedimento mediatorio stragiudiziale nei confronti di una società che fornisce servizi alle banche, su segnalazione di una lavoratrice che aveva denunciato di aver subito molestie sessuali. Poiché dall’istruttoria espletata e dalla documentazione acquisita dall’Ufficio era risultato che in effetti la lavoratrice era stata fatta oggetto di molestie sessuali, da considerarsi come discriminazione di genere, l’ufficio delle Consigliere ha chiesto alla società di predisporre un piano di azioni positive comprendente, tra le varie misure, l’adozione in azienda di un codice di condotta per la prevenzione delle molestie sessuali e ha quindi coadiuvato la Società nella fase di elaborazione del codice antimolestie che la stessa si è impegnata ad adottare, dopo aver consultato anche le organizzazioni sindacali, entro il 2006. Il codice individua le diverse tipologie di molestie sessuali e prevede due diverse procedure per la loro segnalazione, istituendo anche la/il Consigliera/e di fiducia, figura indipendente incaricata di trattare i casi segnalati.
Infine nel corso del 2005 hanno preso avvio due procedimenti per presunta discriminazione collettiva per i quali l’Ufficio ha richiesto al Servizio Ispettivo della Direzione Regionale del lavoro di procedere all' ispezione così come prevede la legge.
In un caso era stata denunciata, nei confronti di una società che certifica la qualità dei prodotti elettrici ed elettronici, sia la prassi di incentivare le dimissioni delle lavoratrici al loro rientro dalla maternità ovvero di mutare loro, al rientro, le mansioni ed il reparto, sia la prassi di spostare con eccessiva frequenza il personale part-time, composto quasi esclusivamente da donne. Nel secondo caso era stata denunciata come discriminatoria la prassi, adottata da una nota catena della grande distribuzione, di adibire il personale di vendita, composto esclusivamente da donne, a mansioni di addette alle pulizie dei pavimenti dei supermercati, dei bagni, dei parcheggi antistanti il negozio, mansioni che il contratto collettivo inquadra a due livelli inferiori di inquadramento rispetto agli addetti alla vendita. In entrambi i casi si stanno ancora attendendo i risultati delle ispezioni. Come si può capire, e senza polemiche, la lentezza con cui i l'Ispettorato del Lavoro interviene non aiuta a risolvere con efficacia le situazioni discriminatorie individuate.
(25 agosto 2006)

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