Un romanzo sulle degenerazioni dell'amore e sul perché le donne arrivino ancor oggi a negare se stesse e sul perché gli uomini abbiano ancora bisogno di dominarci
Che l'amore sia cattivo, nel senso di malato, feroce, criminale, lo sappiamo 'grazie' a una cronaca che quasi ogni giorno ci consegna il racconto di omicidi compiuti in nome della gelosia, del possesso, della paura di essere traditi. Ormai il termine femminicidio è talmente entrato nella nostra quotidianità che a breve, se non sarà supportato da un vero cambio di mentalità capace di andare oltre la divulgazione delle statistiche, ci suonerà così abusato da non attrarre neppure più la nostra attenzione.
Di questo 'pericolo' è cosciente Francesca Mazzucato, autrice bolognese tradotta anche all'estero, di cui è appena uscito L'Amore Cattivo (Giraldi Editore). Poco più di 200 pagine scritte «dopo un lungo blocco» ma arrivate all'improvviso, sotto forma di urgenza. Era consapevole Mazzucato del rischio, «ma ho voluto correrlo, sperando di arrivare alle viscere dei lettori».
L'impianto narrativo di per sé è semplice. Ambientato a Milano, il romanzo si sviluppa attorno al rapporto tra Nora e Alessandro, pubblicitaria di successo lei, professionista immobiliare lui. E' la storia di un incontro casuale, in una libreria della stazione centrale, col suo susseguirsi di trepidazione, speranza, desiderio. Al centro, c'è l'inganno 'sociale' della coppia come contenitore - se non di felicità - , quanto meno di realizzazione. Due sono i requisiti che fanno la cifra del testo. La prima è che Mazzucato procede lungo un doppio binario, quello femminile e quello maschile, dando ad entrambi lo stesso spazio.
Di Nora e Alessandro consegna profili psicologici raffinati e dettagliati dal ritmo dei loro stessi pensieri e dalle loro stesse paure. Perché entrambi hanno paura della 'perdita', che prima di essere allontanamento è fallimento. Ancora, Mazzucato, come suggerisce il titolo, utilizza il codice della 'cattivera', quella usata dai bambini per codificare il mondo, «perché lì c'è tutto - spiega -, la cattiveria è alla base, è prima di ogni degenerazione».
Mazzucato racconta l'amore tra sogno, rassegnazione, abnegazione, rivendicazione. Conduce il lettore nel disagio e nella disumanità, lo accompagna nei meandri dell'età adulta che deve darsi un 'senso' - rinuncia o prevaricazione che sia - , partendo dall'infanzia, laddove l'anima di noi tutti si forgia. E cerca di dare una spiegazione del perché, seppure emancipate ed autonome, le donne ancor oggi arrivino a negare se stesse. E del perché, seppure ormai abituati alla nostra indipendenza, gli uomini abbiano ancora bisogno di dominarci. «Le risposte sono sempre nel passato, nell'infanzia, nell'educazione». Laddove con educazione si intende all'amore, all'affetto, alla condivisione. Sentimenti che si possono cercare e riconoscere soltanto se fanno parte della nostra memoria corporea, se li abbiamo respirati, annusati. Mazzucato, seppure non dichiarandolo apertamente, grida una verità sacrosanta: se non ti sei sentita amata dalla mamma, non ti sentirai mai veramente amata da nessuno; se la mamma è stata cattiva, allora non potrai mai riconoscere davvero la cattiveria degli altri, perché in qualche modo ti sembrerà normale, giusta, addirittura meritata.
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