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Quando la violenza sessuale diventa mobbing

Quando la violenza sessuale diventa mobbing

Violenza sessuale e mobbing: due temi scottanti che a volte si sommano. Rivolgiamo qualche domanda a Federico Fontana, psicologo del servizio disagio psicosociale della Camera del Lavoro C.G.I.L. di Roma nord/Civitavecchia.

Giovedi, 24/10/2013 - A volte il mobbing verso le donne viene messo in atto sotto forma di molestia sessuale e in caso di risposta negativa alle avances più o meno dirette, la vittima si trova di fronte a una violenza psicologica non meno grave di quella fisica. Mi conferma questo dato?



Purtroppo sì! Le molestie perpetrate sul posto di lavoro verso le donne rappresentano sicuramente un aspetto molto pesante di quello che definiamo mobbing, concetto di per sé più vasto che colpisce sia uomini che donne. Approfittare della posizione di potere per ottenere prestazioni sessuali, è di certo un’azione che pone la ‘vittima’ in una situazione di paura, umiliazione e rabbia. Paura, per la consapevolezza di pagare le conseguenze di un rifiuto anche con la perdita del posto di lavoro, umiliazione perché viene lesa la propria immagine di donna e rabbia per sentirsi impotente al ricatto.



Quali sono le conseguenze di questo ricatto sulla salute fisica e psichica della vittima e le ripercussioni sui familiari e gli amici che le sono accanto?



Ripercussioni sulla salute possono essere conseguenza di qualsiasi trauma o forte stress, specie se continuato e si manifestano in maniera differente da soggetto a soggetto. La pressione psicologica che scaturisce da una molestia sessuale può generare sicuramente problematiche a livello fisico. Altrettanto gravi, possono essere le ripercussioni sulla famiglia della vittima.

A volte, la donna prova vergogna per quanto accaduto sul posto di lavoro e questo fa sì che tiene per sé il proprio malessere compromettendo di conseguenza il rapporto con il partner o con i figli.



Qualche suggerimento in merito. È possibile bloccare sul nascere alcune situazioni prima che degenerino? E in pratica, quali sono i supporti a disposizione delle donne per tutelare la loro vita privata e quella lavorativa?



Non sempre è facile per una donna uscire da situazioni del genere, e anche se l’episodio è singolo spesso le conseguenze che ne derivano si protraggono per lungo tempo. Di certo, quando è possibile, la cosa migliore è denunciare l’accaduto, ma purtroppo non è sempre facile dimostrare le proprie ragioni: può accadere di trovare ostruzionismo anche da parte dei colleghi o dei superiori.

Credo sia indispensabile sensibilizzare gli uomini su questo problema e aumentare gli sportelli d’ascolto affinché le donne ricevano tutto il sostegno psicologico e legale necessario a superare un momento di crisi così difficile.



Un altro aspetto molto grave che spesso colpisce le donne sul lavoro è quello di negare loro la possibilità di diventare madri. È vero?



Anche questa è una triste realtà. Purtroppo ho seguito diversi casi in cui ad alcune lavoratrici è stata negata la possibilità di rimanere incinte con ricatti e minacce.

O peggio ancora, donne in stato interessante alle quali è stato fatto vero e proprio mobbing, con conseguenze devastanti fino all’aborto spontaneo causato dello stress subito. Inutile sottolineare il trauma che può scaturire da una situazione di questo tipo. Auguriamoci che il prossimo 25 novembre – giornata mondiale contro la violenza – possa sensibilizzare tutti su questo problema.

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