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Quando la morte non può dire l'ultima parola

Quando la morte non può dire l'ultima parola

Luana Rovini, giornalista del gruppo "La Repubblica", donna impegnata nella questione sociale e femminile, si è spenta questa notte.Lascia un grande bagaglio di idealità e onestà intellettuale.

Venerdi, 24/04/2009 - A nessuno dei tanti e affezionatissimi amici di Luana Rovini, caporedattrice della redazione elbana del quotidiano Il Tirreno -amici che, accanto ai suoi cari, non le hanno fatto mai mancare, nel lungo periodo di malattia il conforto di una calda presenza-, piace pensare che non ci sarà più il suo bel sorriso, il suo volto solare, la sua vera generosità, la sua sconfinata apertura empatica verso il mondo. Per lei l’altro era “l’Uomo”, era il fratello, la sorella, era tutto ciò che dovrebbe rappresentare un essere umano per un altro essere. Sempre disponibile, soprattutto per i più deboli e sfortunati che cercavano da lei un aiuto materiale e morale. Grande professionista, instancabile lavoratrice, amava il suo lavoro in modo encomiabile. Aperta a 360° verso il mondo della cultura, amava alimentare con impulsi sociali il suo cuore di idealista. Sempre pronta a combattere per cause giuste riguardanti le questioni sociali e la questione femminile. Purtroppo per ragioni ancora da comprendere a fondo si ritrova a scoprire il suo male quando è troppo tardi per sconfiggerlo. Nonostante tutto, Luana non si perde d’animo e lotta con tutte le sue forze per amare ancora la vita con grande senso di dignità. Soffre per il male, ma forse allo stesso modo, se non ancor di più, per il male gratuito ricevuto in passato da persone “fragili”, incapaci a frenare gli impulsi distruttivi, fino ad infliggere al prossimo vessazioni non meritate. Sono proprio le vessazioni a scalfire la grande sensibilità di Luana, perché la sua anima non riusciva a concepire il male, la cattiveria o quantaltro di simile. Sono le vessazioni, che troppo spesso, rompono quel delicato equilibrio che esiste tra il corpo, l’anima e lo spirito di un essere umano. La vessazione è un mobbing dell’anima, è un veleno senza antidoto.

Allo stesso tempo, accanto al male ritroviamo anche il bene. Non ho mai visto una famiglia così unita e colma d’amore in una situazione tanto difficile e dolorosa. Non tutte le persone anziane sono in grado di reggere un dolore tanto grande, ma il dolore della mamma di Luana si è trasformato in protezione assoluta, nell’unica speranza che il futuro potesse ancora offrire a una figlia con un destino segnato: l’amore. E proprio l’amore è stata l’unica via percorribile da una madre e una figlia segnate dal peso del dolore.

Ho avuto il grande onore di collaborare professionalmente con Luana, e conoscevo bene la professionista e la donna: entrambe figure uniche, veramente eccezionali. Capita spesso che donne eccezionali debbano farsi da parte per non ferire la mediocrità di altre persone, spesso di sesso maschile. Luana, infatti, non era stata colpita dall’epidemia del secolo, che tocca anche molte donne in carriera, quella sorta di narcisismo un po’ maschile, prettamente “politichese” e di vetrina che purtroppo chi crede ancora nei valori sociali conosce fin troppo bene. Lei non aveva bisogno di esibirsi, perché credeva profondamente nel suo lavoro, nei suoi ideali, e anche una notizia “breve”, di scarsa importanza, diventava attraverso la sua penna, una frase del cuore. Tutto passava dal suo grande cuore, anche il perdono. Chi inavvertitamente o volutamente fosse stato causa di ingiustizie verso Luana, può contare sul suo perdono, ma non senza sentire il peso della propria coscienza. Le personali frustrazioni non dovrebbero mai pesare sugli altri, perché ogni essere umano ha diritto al rispetto della propria dignità. È con grande dignità che Luana lentamente ci ha dovuto lasciare, e se il suo cuore ha smesso di battere, i suoi ideali sono ancora vivi. Proprio per questo chi le ha voluto bene può dire ancora “arrivederci”.

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