Quando il football è femminile e la squadra è del Vaticano
La partita non giocata tra la squadra di calcio femminile austriaca contro quella dello SCV (Stato-Città del Vaticano). A causa dell'opinione sull'aborto
Sabato, 13/07/2019 - La differenza di genere uomo/donna appare in tutta la sua evidenza quando il massimo della parità diventa conflitto. Il femminismo ha sempre messo in guardia dall'omologazione: il calcio è un gioco e diverte, ma che lo pratichino anche le donne non dovrebbe fare problema. Invece non solo in passato non si sarebbe mai pensato che le donne dovessero praticarlo con le loro brave gonne fino al tallone - come oggi con un niqab -; ma si può capire (che non significa giustificare) che non ci fosse una strutturazione dei diritti paritari negli ingaggi e nei campionati, anche dell'amatoriale.
Oggi le donne ci hanno impiegato qualche lustro, ma le loro squadre sono una realtà internazionale. Qui i ritardi e il costante ripudio del femminile perfino nel giornalismo sportivo diventano clamorosi. I maschi non gareggiano - come sembrano voler fare le donne - per divertirsi, ma per competere, rabbiosi anche da spettatori.
Qualcuno/a ci vuol riflettere sopra, finché c'è tempo? Perché il rischio di "diventare un uomo" è presente non solo in politica o all'Università, ma perfino in ciò che gli uomini ritenevano solo loro, lo sport (e noi, decise a praticare perfino il pugilato, come ben sapeva Clint Eastwood).
Dimostra il pericolo un episodio che i media hanno riferito come folclore, con il più il piacere, sia di fare un po' di sano anticlericalismo, sia di ridacchiare quando a darsele siamo noi. Non si sa niente del regolamento di una partita amichevole tra squadre di calcio femminili: è successo il mese scorso a Vienna dove la squadra austriaca giocava con quella della SCV, Stato-Città del Vaticano, non giocata perché le austriache che festeggiavano il XX del club con striscioni e manifesti (e disegni sulla pancia) ne hanno approfittato per manifestare a favore dell'aborto: non era una bella accoglienza e le ragazze vaticane hanno scelto di non giocare.
Nessuno sa se non erano d'accordo anche loro; certamente non era come non giocare con i razzisti e i fascisti: l'aborto è una legge, non un principio.
E la squadra era al suo debutto: meritava un incoraggiamento solidale. Se nel campo maschile il comportamento è tutto fuorché beneducato - da parte del pubblico peggio che tra i giocatori - da femminista credo che le donne dovrebbero reintrodurre l'eleganza che, fin dall'Olimpiade del 776 a. C., imponeva in Grecia addirittura la sospensione delle conflittualità durante le prestazioni che dimostravano l'eccellenza della dignità umana, celebrata alla fine di ogni gara dai poeti.
Ma nemmeno a Sparta le donne avevano questo onore: si favoriva la loro pratica atletica per favorire la loro capacità riproduttiva.
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