In arrivo nelle sale ‘A Complete Unknown’, un film sugli anni cult della musica di protesta americana, che influenzarono il mondo intero. Distribuito da The Walt Disney Company Italia.
Mercoledi, 22/01/2025 - Erano gli anni Sessanta quando Bob Dylan, un enigmatico diciannovenne del Minnesota (nato Robert Allen Zimmerman), si affacciava alla scena musicale del Greenwich Village, in una New York vitale culturalmente e politicamente: con la sua chitarra ed il suo talento, e con canzoni dai testi graffianti, mistici e poetici Dylan conquistò in breve tempo il pubblico, i produttori ed una fama che, ben presto, schivo e forastico di carattere, diventò quasi un peso per lui.
L’ascesa del menestrello d’America (a lui si devono vere e proprie pietre miliari della canzone di protesta come ‘Blowin’ in the wind’, ‘Master of War’, ‘The Times They Are A Changin’), e dell’ambiente musicale dell’epoca, sono magistralmente raccontati nel film ‘A Complete Unknown’, dal regista, sceneggiatore e produttore candidato agli Oscar®, James Mangold, che ha scelto di esaminare la prima fase della vita di Dylan e del suo percorso, a partire da una domanda scaturita in lui dalla lettura dei materiali: come influiscono il genio e il talento che alcuni artisti possiedono fin dalla nascita sulla fortuna e sugli oneri di quello stesso talento, che può portare a una notorietà estrema e, insieme, provocare una profonda solitudine.
Il titolo del film, ‘A Complete Unknown’ (distribuito da The Walt Disney Company Italia) riflette l’intenzione di Mangold di evitare spiegazioni psicologiche semplicistiche su un uomo che, da sei decenni, elude qualsiasi definizione immediata e che, com’è noto, ha rifiutato di ritirare un Premio Nobel per la Letteratura assegnatogli nel 2016.
Nel ruolo affatto scontato di Dylan è stato scelto l’attor giovane Timothée Chalamet, già vincitore di numerosi riconoscimenti per ‘Chiamami col tuo nome’ e ‘Dune’ e beniamino di critica e pubblico (soprattutto under 30): l’attore si è preparato per cinque anni ad un’interpretazione estremamente difficile ed ha studiato chitarra e voce, cantando lui stesso le canzoni di Dylan e giungendo, anche grazie al prezioso lavoro di costumisti e truccatori, ad incarnare un quasi-sosia dell’iconico cantante.
Sulla stessa scena musicale di Dylan era attiva anche la cantautrice Joan Baez (‘Farewell Angelina’, ‘The House of the Rising Sun’, ‘Diamond and Rust’) - interpretata nel film dall’attrice Monica Barbaro, voce sottile e lunghi capelli - che aveva già una certa fama, aveva inciso dischi e si esibiva nelle più importanti manifestazioni di settore, come i festival musicali all’aperto di Monterey, California, e Newport, Rhode Island: fu un incontro tormentato ed inevitabile, sentimentalmente e musicalmente, quello tra la bellissima voce e l’energia musicale e politica rivolta al pacifismo ed alla lotta contro il razzismo di un’indipendente Joan Baez, e la ruvida voce, la rabbia sfuggente e la creatività magnetica di Dylan. Spesso i due cantautori furono invitati ad esibirsi insieme, oltre ad incidere dischi e scrivere canzoni a due voci e due chitarre, rimaste immortali dagli anni Sessanta e Settanta ad oggi.
Altro incontro fondamentale per Dylan, fu quello con Sylvie Russo (nel ruolo Elle Fanning), un’insegnante che fu la sua compagna ‘ufficiale’ nel periodo di cui si occupa il film, impegnata nelle battaglie per i diritti civili, per la parità di genere e contro le discriminazioni, una figura che certamente ebbe su Dylan, giunto da una lontana provincia, un’influenza culturale e politica notevole.
Il film evidenzia nelle prime immagini come il cantautore arrivò a New York sulla scia delle canzoni di protesta e in favore della classe operaia cantate da Woody Guthrie e da Pete Seeger (nel film interpretato da un solare ed impegnato Edward Norton): il primo lo incontrò in ospedale già malato, il secondo fu uno dei suoi mentori e lo introdusse, riconosciuto il talento di Dylan, a produttori, locali di musica dal vivo (The Gaslight) e situazioni grazie alle quali Dylan spiccò autonomamente il volo.
Magnifica e curatissima la ricostruzione dell’ambiente newyorchese dell’epoca, dagli abiti vintage (dapprima camicie a quadri in stile working class, seguite poi da uno stile più raffinato ma sempre casual), alle caramelle che si vendevano in quel periodo nelle edicole, ai teatri e luoghi simbolo, come la Carnegie Hall, o alla perfetta e dettagliata ricreazione dei palchi dei Festival di quel tempo.
“Il film racconta la storia di un momento specifico, e non l’intera vita, di Dylan – afferma Mangold - Parla di un mondo in cui moltissimo viene comunicato attraverso le canzoni”. Un mondo che non andrebbe mai dimenticato, a parere di chi scrive, per il fervore culturale e politico che esprimeva e che, di fatto, continua a vivere proprio grazie alla musica immortale che ha accompagnato quegli anni.
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