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Quale futuro per i paesi più poveri?

Quale futuro per i paesi più poveri?

Emilia Romagna - Una sfida durissima volta a dare alfabetizzazione, formazione, assistenza sanitaria a chi è costretto a fuggire dalla fame e dalla guerra

Marani Paola Giovedi, 26/04/2012 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Aprile 2012

Ciascuno di noi ha avuto opportunità diverse per toccare con mano la povertà estrema che colpisce ancora tanta parte del mondo. Da una parte ci siamo purtroppo abituati alla straziante normalità dei barconi della morte che hanno trasformato quello specchio d’acqua che si affaccia alla nostra costa meridionale in un cimitero di disperati senza volto. Dall’altra vediamo da vicino la fatica di chi, arrivato nella nostra terra con la speranza di una vita migliore, si ritrova a fare i conti con le difficoltà sempre crescenti nel mantenere un lavoro, trovare una casa con un affitto sostenibile, garantire ai propri figli un percorso scolastico e di vita che rispetti aspirazioni e attitudini.

Non aiuta questa riflessione la grave situazione di crisi con cui tanti di noi si misurano quotidianamente, anzi si creano distanze sempre maggiori e paure di vedere minacciati quei diritti oggi difficilmente esigibili dagli stessi cittadini italiani. Spesso perciò non riusciamo nemmeno a chiederci quanto la distanza e la solitudine che noi avvertiamo sia enormemente ampliata per chi tenta di ricominciare una vita in un paese dove non ritrova le sue radici, la sua cultura, le sue tradizioni e i suoi modelli.

Ho avuto l’occasione di riflettere su questi temi visitando in Madagascar due missioni gestite dalle suore dell’Ordine delle Ancelle della Visitazione, che avevo già conosciuto nel mio territorio. L’opera straordinaria che volontari laici e religiosi svolgono in tanti paesi soprattutto dell’Africa è ben di più di una missione umanitaria e caritatevole. Portata avanti spesso nella solitudine, è una sfida durissima volta a dare alfabetizzazione, formazione, assistenza sanitaria a chi è costretto a fuggire dalla fame e dalla guerra, vale a dire i primi aiuti e strumenti che servono alle popolazioni più povere per prendere in mano il loro destino e costruire nell’autodeterminazione il proprio futuro. Questa prospettiva è l’unica possibile per contrastare gli effetti di una globalizzazione che non aumenta i diritti di tutti, ma accentua disuguaglianze ed apre nuovi fenomeni di colonizzazione attraverso il saccheggio delle materie prime ad opera delle nuove potenze straniere.

Se vogliamo rendere esigibile il diritto delle persone di vivere nella propria terra, occorre sostenere le tante iniziative dei missionari laici e cattolici e delle Organizzazioni non governative, utilizzando le opportunità della cooperazione internazionale per coordinati piani di sviluppo. La Regione Emilia-Romagna ha raccolto l’appello del ministro Riccardi affinché si contrastasse la sottrazione di risorse che di anno in anno il nostro paese opera nei confronti dei progetti di cooperazione. Sono stati pertanto mantenuti 1,4 milioni di euro nel bilancio regionale 2012, che consentiranno di sostenere centinaia di progetti curati da decine di associazioni, tutti finalizzati a promuovere opportunità evitando la logica dell’elemosina. Saranno “gli orti della salute” del Senegal ed il miglioramento dell’attività agricola, l’appoggio alle filiere produttive del Burundi, il contrasto all’insicurezza alimentare in Somalia, per fare solo pochi esempi: concrete possibilità di combattere la fame e creare impresa attraverso il protagonismo di quei popoli, perché per tanti emigrare non sia una scelta obbligata.



(REDAZIONALE)

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