Venerdi, 23/10/2009 - La costanza con la quale sui muri e sui cartelloni nelle nostre strade vengono affissi manifesti pubblicitari inneggianti allo stupro ed alla sopraffazione sessuale, è sorprendente.
Da anni segnaliamo le più aggressive campagne di propaganda commerciale, e sempre abbiamo attenuto il risultato del perseguimento e del ritiro dei manifesti segnalati. Lo abbiamo fatto riferendoci a regole assunte dai pubblicitari stessi, pur non avendo il Parlamento Italiano ottemperato alle risoluzioni Europee che espressamente vincolano i Paesi firmatari a impedire l’abuso sulle donne nella pubblicità.
Eppure non pochi pubblicitari, contando evidentemente sul clima culturale del paese più maschilista d’Europa, trasgrediscono al loro codice di autodisciplina, e perseverano nel diffondere stereotipi stucchevoli ed anacronistici, ma soprattutto arrivano a rappresentare le donne nell’atto di subire veri e propri stupri, o schiavizzate. Immagini di donne legate e costrette, malmenate e offerte come merce di una perenne tratta, bambine svisate e non velatamente rappresentate come piccole prostitute, costituiscono vere apologie dei peggiori e più numerosi reati commessi nel nostro Paese.
La politica ha come sempre grandi responsabilità: per inerzia e per l’inadempienza alle regole sottoscritte, ma soprattutto per non contrastare la violenza sul piano culturale.
I Comuni, che concedono gli spazi per l’affissione, in materia della pubblicità muraria sono competenti nel preservare il territorio da messaggi esplicitamente contrastanti col loro compito di salvaguardare la dignità delle cittadine e con le loro competenze nel contrasto alle violenze sessuate.
Il Comune di Napoli ha risposto alla nostra legittima istanza attivandosi per liberare il territorio cittadino dall’invadenza della pubblicità lesiva, approntando provvedimenti in via di approvazione.
In questi giorni ci vediamo ancora costrette a ricorrere allo IAP (istituto di autodisciplina pubblicitaria) per il ritiro della vergognosa campagna del calzaturificio Donna Loka. Gli insultanti manifesti, peraltro affissi in prossimità di scuole, raffigurano una modella legata a una sedia in sequenza (doppia immagine) in modo che si evinca lo scopo della legatura. La seconda immagine, infatti, la raffigura schienata e con le gambe aperte, impedita a difendersi per la corda che l’avvolge.
La reiterazione di questo tipo di messaggi costituisce, al di là dell’intento consumistico, un elemento di grande peso nella “normalizzazione" dello stupro e delle violenze”. Governo, Parlamento, i Comuni devono finalmente applicare la normativa approvata nel 1997, ulteriormente integrata nel 2008 dall’Europa e sottoscritta dal nostro Paese.
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