Mercoledi, 25/05/2011 - E' vero che la parola "potere" crea strane ritrosie nel genere femminile forse per una radicata storica estraneità - culturale e sociale non "naturale".
Quando ero piccola, dire le parole vietate: "cacca piscia sesso" lasciava un gusto piacevole in bocca, una sorta di allegria interna che somigliava alla libertà.
Forse anche in questo caso bisognerebbe ripeterla spesso, e riderci su..."potere potere potere"
E per ripeterla spesso bisogna usarla. Ovvio.
Il fatto è che fa strano che una donna abbia potere, e lo eserciti. In qualche modo cerca sempre di giustificarsi come se si fosse appropriata di un terreno non suo.
Questa percezione dell'improprietà del potere spesso porta a compiere un passo indietro, a una rinuncia che gli altri – incluse le altre – sembrano quasi aspettarsi naturalmente e condividere: "fai bene, noi non ne abbiamo bisogno".
No che non fai bene, anzi, non va bene affatto.
Prendi invece quella parola e rotola sulle labbra finché non ti viene da ridere. Non di lei ma di te che ne hai paura.
La paura è l'emozione inventata dai taboo. La parola potere è una mina anti-donna che non esplode finché hai paura.
Ma anche la paura è solo una parola: tienila sulle labbra, rotola, e ridici su.
Non siamo nate vittime, dipendenti, prede, serve. Nè prigioniere.
Siamo nate. Punto. Il resto è contingenza sociale e prodotto culturale. Quindi cose storiche: prendi uno straccio e spolvera.
La verità è quello che resta.
Non ci interessa sapere se una donna che ha potere sarà più o meno brava di un uomo perché dipende dalle persone e non dal genere in se stesso ma finché ci sarà disparità di rappresentanza è il concetto stesso di potere che perde senso poiché non rappresenta l'intero.
E l'intero è maschio e femmina. In tutti i suoi travestimenti: etero, omo, trans. Punto.
Quindi il problema non è avere timore del potere in mano alle donne, come se questa attribuzione togliesse qualcosa a qualcuno (agli uomini che lo hanno sempre avuto, alle donne che se ne tengono a distanza); si tratta solo di colmare una mancanza e di costruire un equilibrio che si rivelerà senza dubbio interessante perché avrà al centro l'interesse di tutti.
Saremo più brave degli uomini?
Una domanda inutile: saremo, ed è già questa una conquista, di tutto rispetto.
Il "meglio" che se ne ricaverà è quanto di meglio uomini e donne dovranno tirar fuori da loro stessi perché cambierà anche il loro rapporto, cambierà la visione.
Quando entra una donna in una stanza, fino allora interdetta, anche l'uomo che vi dimora da sempre cambierà. Almeno di posizione.
Il minimo che ci si potrà aspettare è che si alzerà in piedi, a disagio, o per cerimonia, abbandonando la poltrona. E una poltrona libera è un posto per sedere.
Questo è il "meglio" che dobbiamo aspettarci con certezza.
E vengo al dunque, alle istruzioni – semplici – per costruire da oggi donne di potere:
1.fate giocare le vostre bambine con i trenini, con il piccolo chimico, con le astronavi e i robot
2.se proprio vogliono una bambola comprate Barbie assicurandovi di fornire un abbigliamento adeguato a tutte le cose che potrà fare (ed essere) nel mondo evitando accuratamente gli abiti da "modella"
3.se passeggiate per strada con la vostra bambina e passate – ovviamente – davanti a un cartellone pubblicitario con una donna in reggiseno e in mutande, sussurrate: "è solo una donna che ha freddo e sta cercando qualcosa da mettersi addosso, poveretta!"
4.se state davanti al televisore e la vostra bambina è fissa a guardare l'altra bambina che nello schermo lava i piatti e prepara sandwich con le sottilette o gioca alle signore con un'altra bambina, cullando i bambolotti nelle carrozzine, chiamatela di corsa nel bagno, con voce roca: "presto corri! s'è rotto un tubo...passami il pappagallo!" e poi, forte, a vostro marito: "caro, cosa prepari per cena? Qui abbiamo fame!"
Suggerimenti minimi che smetteranno di essere fatti privati – e quindi non appartenenti alla sfera dei diritti – se diverranno condivisi, pubblici.
In molte parti d'Europa ci sono associazioni che promuovono Campagne contro immagini e giochi sessisti, contro la pubblicità e gli stereotipi di genere. In Svezia, in Grecia, in Spagna, in Austria, in Francia.
Ecco, è semplice: quando gli atti privati diventano collettivi è entrata una donna in una stanza.
E qualcosa, inevitabilmente, cambierà.
Oggi c'è molta sensibilità nel denunciare la pubblicità che offende la dignità di una donna.
Ma gli stereotipi non si limitano a offendere il corpo ammalano la mente.
C'è differenza tra censura e regole.
La prima appartiene a un comune senso del pudore che cambia, storicamente, con la morale di una società e spesso è solo un'arma di limitazione della libertà di qualcuno a favore del potere di qualcun altro.
Le regole, invece, nascono sempre da un patto sociale, collettivo che le usa per rappresentare il proprio senso di buona convivenza. Mirano alla qualità e non all'interesse. Progettano non privano.
Una buona regola è imparare a esercitare il potere di scelta. Sempre.
E a forza di scegliere si diventa potenti.
Non ci sono lupi cattivi nei boschi né bambine che si perdono per caso.
Bisognerà inventarsi un'altra storia.
(Ringrazio il XVI municipio, in particolare l'On.le Giuseppina Maturani, prima Presidente donna del Consiglio provinciale di Roma e Tiziana Capriotti, Presidente della Commissione delle Elette, e l'UDI Monteverde, nella figura dell'artista e fondatrice Carla Cantatore,e Maria Chiaramonte dell'UDI Cerchio del Lago per avermi coinvolta in una riflessione sul peso degli stereotipi nella nostra vita).
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