Consultori / Lombardia - Continua il viaggio nei consultori. Salute riproduttiva, procreazione, contraccezione, applicazione della legge 194: ecco la Road Map del Governatore Formigoni
Capati Valentina Lunedi, 22/11/2010 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Novembre 2010
In Lombardia ci sono 151 consultori familiari pubblici e 63 privati. Un dato, quello delle strutture private, in aumento visto il sistema di accreditamento che vige nella regione e l’effetto che potrebbe avere l’approvazione della “riforma e qualificazione dei consultori” di cui si discute nella Regione Lazio. Una legge che, stando alle parole del Dott. Maurizio Orlandella (Segretario Lombardo Associazione Ginecologi Consultoriali), rischia di compromettere seriamente l’integrità del rispetto individuale della donna e della stessa legge 194. Orlandella, insieme alla dottoressa Lisa Canitano, ginecologa e presidente dell’associazione ‘Vita di donna’, ha sintetizzano in cinque temi fondamentali le controversie della nuova legge: 1) la mancanza del rispetto individuale della donna e della diversità etico religiosa, in corrispondenza con l’art.1 per cui “la Regione riconosce il valore primario della famiglia quale società naturale fondata sul matrimonio e quale Istituzione finalizzata al servizio della vita, all'educazione e all'istruzione di figli e tutela la sua unità,la fecondità, la maternità e l'infanzia”. “La famiglia fondata sul matrimonio - spiega Orlandella - è il soggetto che assorbe tutti i membri e viene descritta come standard da applicare a modello per tutte le formazioni affettive in cui gli individui si collocano per scelta”; 2) ne consegue che il consultorio non è più il presidio per la gestione della salute riproduttiva della donna; 3) nella legge non si parla del numero di consultori, né delle carenze numeriche degli operatori; 4) secondo le nuove disposizioni si passa dalle cinque figure professionali cui si fa riferimento oggi, a dieci. Senza alcun cenno alla reperibilità dei fondi e delle strutture necessarie a finanziare e ospitare, le nuove professionalità; 5) il registro dei non consensi all’interruzione volontaria di gravidanza, come istituito nella proposta di legge della maggioranza di centrodestra nella regione Lazio, impone che ci sia del materiale che circola al di fuori delle cartelle mediche, motivo per cui sarebbe messa rischio la privacy della paziente.
“Laici e cattolici - conclude Orlandella - non possono dividersi sulla maternità. Devono piuttosto lavorare insieme per garantire i diritti e le soluzioni migliori alle donne. Con questa proposta di legge il rischio è che una visione cattolica prenda il sopravvento. La stessa legge 194 è a repentaglio”. Le conseguenze le immaginiamo tutte.
L’istantanea della Lombardia, stando alle testimonianze di amiche che lavorano sul territorio, fotografano una situazione non troppo distante da quanto sta capitando nel Lazio.
Eleonora Cirant (dell’associazione Blimunde, Sguardi di donne su salute e medicina - www.blimunde.it). “Qui in Lombardia è tutto più sfumato rispetto a come si sta procedendo in Lazio, è certamente più attutito il colpo, ma anche più insidioso forse. Abbiamo un sistema tramite cui le strutture private si accreditano a quelle pubbliche e ricevono quindi fondi. Con l’unica differenza che i consultori pubblici sono legati alla legge 405, quelli privati no. Le strutture private ricevono fondi soprattutto per lavori di gruppo, però non fanno consulenza per l’interruzione volontaria di gravidanza. Molti erogano infatti un servizio sociale piuttosto che sanitario. Si può dire che nonostante in Lombardia non ci siano proposte simili a quelle del Lazio, il risultato potrebbe non essere poi troppo differente dal momento che con l’accreditamento sta accadendo la stessa cosa, solo in maniera meno eclatante. Sembra che l’offerta consultoriale privata sia equiparata a quella pubblica e l’Asl con gli accrediti fa da portafoglio. In questo modo senza il bisogno di una legge ad hoc proliferano strutture private di orientamento cattolico”.
Daniela Fantini (medico presso il consultorio privato convenzionato n.1/CEMP e presso il consultorio pubblico della circoscrizione uno a Milano).
“Un esempio su tutti: in regione hanno veicolato un opuscolo rivolto alle donne straniere, senza alcun accenno a pratiche anticoncezionali. Il personale viene continuamente ridotto. Se abbiamo, come si fregiano di dire amministrazione e governo, la necessità di tutelare la vita, io mi chiedo in che modo sono disposti a farlo? Come si pensa, parlo della Lombardia nello specifico, di ridurre l’incidenza di Ivg senza una corretta informazione sugli anticoncezionali? Togliendo i fondi alle strutture pubbliche e incentivando quelle private, di stampo cattolico per inciso, che hanno moltissimi volontari, cosa che i pubblici non possono permettersi. Hanno ormai esternalizzato gran parte dei servizi oltre a quello consultoriale anche il SERT, quello per le cure palliative e molti altri. La Lombardia, il Lazio e l’Emilia Romagna avevano consultori molto funzionanti. Ora l’unica differenza che c’è con le altre regioni è che si è dato ai pesci un lavoro di anni. La domanda che mi faccio è questa: come intende Formigoni limitare le interruzioni volontarie di gravidanza? Qui c’è un problema serio e anche la resistenza alla contraccezione comincia a essere una questione interessante. Qual è l’idea che c’è dietro a questo disegno della rete consultoriale e più in generale della sanità lombarda? C’è l’urgenza di fare informazione e formazione, le donne musulmane che si rivolgono al consultorio sono proprio come le donne italiane che lo facevano 40 anni fa: hanno il diritto e il bisogno di essere informate”.
È attivo dal 1 ottobre il Fondo Nasko, un intervento ad hoc della regione Lombardia finalizzato a ovviare quella che Formigoni aveva indicato a maggio scorso come una priorità “nessuna donna dovrà più abortire in Lombardia a causa di difficoltà economiche”.
“Le strutture e i servizi ospedalieri - si legge nel testo della delibera datata 31 maggio 2010 - che ricevono la donna per l’intervento e gli esami pre ricovero in presenza di certificazione sanitaria per interruzione volontaria di gravidanza rilasciata dal medico curante con motivazioni di ordine prevalentemente economico, al fine di consentire alla donna una valutazione delle opportunità e risorse di aiuto per la prosecuzione della gravidanza, segnalano alla donna la presenza del Centro Aiuto alla Vita più vicino alla residenza”.
Il fondo prevede un sostegno economico fino a 4.500 euro per ogni madre. L’importo è erogato attraverso un sostegno mensile di 250 euro, per un massimo di 18 mesi, suddivisi tra il periodo che precede il parto e quello che lo segue. Nasko ha una dotazione di 5 milioni di euro.
I Cav (Centri aiuto alla vita) sono associazioni di volontari e, stando alla delibera, sono deputati a presentare gli interventi economici a favore delle donne, o in alcuni casi a erogare il contributo stesso. E i consultori?
Ecco cosa comporta l’introduzione della legge regionale del 1997, primo passo della realizzazione del modello Formigoni in Lombardia: separazione dei soggetti acquirenti dai soggetti erogatori; rivoluzione delle regole di finanziamento attraverso una piena parità tra pubblico e privato; accreditamento di tutte le strutture private
Nel 1999 la delibera sulla collaborazione pubblico-privato prevede l’esternalizzazione di attività non sanitarie, la gestione insieme al privato di attività sanitarie aggiuntive, la possibilità per il privato di realizzare e gestire strutture. Il documento per la redazione del piano socio-sanitario 2000-2002 contiene la proposta di introdurre una pluralità di soggetti acquirenti delle prestazioni sanitarie per conto del cittadino.
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