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Protagoniste del cambiamento

Protagoniste del cambiamento

Ventenni di oggi/4 - Intervista a Giulia Tosoni

Ribet Elena Lunedi, 19/09/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2011

Sono nata a Torino nel 1985 ed è lì che sono cresciuta. È soltanto 5 anni fa che mi sono trasferita a Roma per poter svolgere il ruolo di portavoce nazionale della mia associazione studentesca (la Rete degli Studenti). Gli anni del liceo sono stati molto importanti, per me: è lì che ho cominciato a fare politica, una passione e una necessità di impegno molto forti ancora oggi. In quei cinque anni ho capito anche di voler studiare Cooperazione e Sviluppo, dopo aver trascorso un anno all’estero - in Ecuador- con un progetto di mobilità studentesca (Intercultura). Oggi sto ancora finendo gli studi e nel frattempo collaboro con il Partito Democratico: sia con il Dipartimento Scuola, sia con una giovane parlamentare.



Secondo te, guardando all’Italia di oggi, quali sono i problemi e quali le opportunità per la generazione tra i 20 e i 30 anni?

Dei problemi della mia generazione, ormai si parla in abbondanza: precarietà nel lavoro e nella vita; impossibilità di progettare un futuro; abbassamento del reddito; difficoltà a completare gli studi, rendersi autonomi dalla famiglia, avere o pianificare l’arrivo dei propri figli; fare il lavoro per cui si ha studiato; vedere riconosciuti i propri meriti anche senza conoscenze particolari o raccomandazioni.

L’opportunità che abbiamo - o che dobbiamo costruire - è quella di essere noi stessi i protagonisti di un cambiamento. La generazione che ci precede evidentemente non ha né gli strumenti né le capacità per affrontare i nodi del nostro presente. Questa, se in questi anni sapremo costruire qualcosa in termini di idee e impegno collettivo, è anche una straordinaria opportunità di prendere nelle nostre mani la situazione. Dalla nostra parte ci sono le possibilità che abbiamo avuto di studiare, il largo accesso alle informazioni, la nostra capacità di fare “rete” anche grazie alle nuove tecnologie.



Parlando di lavoro, che lavoro ti piacerebbe fare? Pensi che lo potrai fare? Pensi che oggi si possa scegliere e costruire una professionalità?

In qualche modo, sto facendo in questo momento proprio quello che speravo di fare: politica attiva, per di più a un livello nazionale. In realtà, non credo di considerare quello che faccio come un “lavoro”, anche se oggi, in questa fase della mia vita, occupa pressoché il 100% del mio tempo. Intanto perché è prima di tutto una passione e poi forse perché non ci credo molto, all’idea della politica come di un lavoro permanente. Sono felice, però, delle esperienze che sto facendo, in questi anni ho avuto delle opportunità bellissime.

Penso che oggi sia possibile anche “inventarsi” una professionalità, a differenza che nel passato abbiamo meno steccati. Una volta, se facevi l’impiegata o l’insegnante, molto probabilmente restarvi quello per tutta la vita. L’unico, serio, problema, è se arriva la necessità o il desiderio di pianificare, di fermarsi in un posto: per un compagno, per un figlio, per qualche problema economico o di salute. Lì cominciano i guai, per noi. Io non sono ancora in questa fase, e quindi spero di poter approfondire ancora tante strade che mi interessano: il giornalismo, la cooperazione internazionale, ecc. Ma fino a quando potrò permettermi di andare dove mi porta un po’ il caso e un po’ la testa? Fino a quando mi andrà bene? E dopo che si fa?



A che cosa (o a quali cose) ti senti di non poter rinunciare?

Alla mia dignità e alla certezza di guadagnarmi quello che ottengo grazie alle mie capacità. Alla mia autonomia e soprattutto alla mia libertà: intendo dire, ad esempio, la libertà di dire no. Sembrano cose scontate, ma per i miei coetanei e per me credo che siano messe continuamente a rischio dalla condizione in cui ci troviamo.

Quale insegnamento credi di avere avuto dalle donne più “grandi” (sia in senso generazionale - nonne, zie, mamme, amiche - che in senso ideale - maestre, modelli di vita, insegnanti, filosofe, cantanti…)

Le donne importanti nella mia vita mi hanno passato con il latte, prima ancora che insegnato, il valore dell’autenticità, l’importanza dell’impegno, l’attenzione per gli altri. Credo che mi abbiano anche trasmesso un’idea di parità fra uomo e donna come una conquista incompiuta, che deve avvenire sul piano dei comportamenti quotidiani e che purtroppo è ancora tutta da costruire.



Ripensando al libro "le ragazze del '58” cosa pensi che abbiano in comune le tue coetanee con le ragazze di allora? E cosa hanno di diverso?

Le mie coetanee sono un universo complesso e variegato difficilmente descrivibile con pochi aggettivi. Quello che ho ritrovato anche di me, ad esempio, nelle ragazze del ’58, è una grande spinta verso le opportunità della vita, una straordinaria apertura alle esperienze di autonomia, impegno, partecipazione. Il libro, in fondo, racconta proprio questo: una bella opportunità consegnata a delle ragazze e l’uso straordinario che ne hanno saputo fare, una volta tornate a casa.

Credo che valga per tutti ancora oggi: quando un buon maestro (ci vuole sempre, un buon maestro) ci offre un’opportunità e ci guida in questa scoperta, ecco emergere tutte le nostre risorse, che nemmeno sapevamo di avere.

Se è così vero per noi oggi, mi chiedo quanto può essere stato incredibile, per quelle ragazze, scoprire di potersi misurare con il dibattito politico, parlare in pubblico davanti ai dirigenti del Pci, addirittura arrivare a leggere testi di Marx, quando qualcuna di loro era persino analfabeta. Quanto doveva essere impegnativo affrontare tutto questo in un’epoca in cui non era certo normale, per una ragazza, prendere un treno e partire per andare a una scuola del Partito. Qui entra in gioco anche la loro capacità di abnegazione, di rinuncia. Qualcosa che oggi dobbiamo ammirare e rispettare fortemente, anche per non dimenticarci delle nostre origini!

 






RAGAZZE D'ITALIA


Si intitola così la lettera al nonno Ennio Villone, scritta da Giulia Tosoni in occasione della presentazione del libro “Le ragazze del ’58”, di Sandra Girolami e Gianni Rivolta, ed. iacobelli, storia di giovani donne che frequentarono la scuola Marabini di Bologna. Attraverso il loro racconto vengono ripercorsi anni caratterizzati da sogni, ideali e progetti politici. “Ieri ho trascorso la mattinata in mezzo alle tue allieve. - scrive Giulia - Mezzo secolo dopo quelle lezioni che tenevi alla scuola del Pci. Ragazze del ’58, come ancora si definiscono: cittadine consapevoli e impegnate che da quel mese e mezzo trascorso sui colli bolognesi in un rigido inverno non hanno mai smesso di battersi per l’emancipazione femminile e consegnarci un Paese migliore. […] Per donne che provenivano da condizioni così miste - dalle mondine alle operaie tessili, alle funzionarie di partito - qualcuna addirittura quasi analfabeta - quella scuola innovativa, certo, ma per i nostri tempi forse un po’ rigida e austera - aveva il sapore autentico della libertà. Ebbene, nonno, ti ho sentito vicino. E ho pensato ancora una volta a tutte le domande che ti farei, o che ti avrei fatto. Perché c’è chi dice che i giovani d’oggi pensano di non avere niente da imparare, e forse a volte capita anche questo. Ma quante volte ci troviamo davanti a chi, dopo una vita intera, si rifiuta di insegnare, di trasmettere esperienza, di avviare un passaggio di consegne? […] sono sicura, saresti felice di sapere che quelle ragazze di un tempo sono le stesse ragazze anche oggi. Che la scintilla non si è spenta affatto e nei loro occhi continua a brillare una certa luce […]”


Leggi tutta la lettera su http://giuliatosoni.blogspot.com




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