Login Registrati
Prostituzione e dintorni

Prostituzione e dintorni

Vecchie e nuove schiavitù - Un costume che degrada i maschi, che non si interrogano e non si osservano. Al massimo si astengo... per buon gusto

Giancarla Codrignani Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2007

Un amico, di quelli che sono usciti con il fiocco bianco per la giornata contro la violenza alle donne, mi diceva: "anche voi femministe avete riconosciuto che la prostituzione è un mestiere come un altro". E' vero che qualche espressione di questo genere è stata pronunciata dalla nostra parte, ma non mi sono sentita di tacere: "buona opportunità, dunque, per tua figlia". Un'ombra è scesa sul volto dell'amico: perché?

E perché, anche fra noi, c'è un'ombra nel ragionare sulle esigenze che comporta l'essere un genere e un sesso? A proposito di prostituzione, delle due l'una: o le donne sono "rimaste indietro" nell'evoluzione del costume e, quindi, prima o poi, si emanciperanno ricorrendo in pari misura alla prostituzione maschile; oppure quel bisogno di potere sul corpo della donna è un connotato virile che deriva dal Neanderthal e si dovrebbe ragionarne, possibilmente, insieme. Confronto difficile, dato che gli uomini danno giudizi, ma non si interrogano. In genere le persone civili con cui si parla sono d'accordo nel condannare un costume che degrada in primo luogo i maschi; ma, loro, che studiano e analizzano tutti i problemi, non hanno interesse a verificare perché tanti del loro genere sono dediti a tale costume e non sono mancati autori che hanno magnificato le squisitezze del bordello, le iniziazioni degli adolescenti in forma mercificata, le cose che si potevano fare con una "donnina allegra" e che non erano consentite con una moglie, il vanto di "andare con una nigeriana". Perché queste distorsioni "di genere" dell'immaginario? Se qualche docente facesse un corso sull'immaginario dei maschi, a partire da sé e dai propri studenti, si potrebbe aprire una qualche spia sul mistero.

Che è mistero veramente, perché nessuno capisce che senso avesse portare un

ragazzino in una casa di tolleranza per sverginarlo, quali cose stupefacenti si facciano in macchina in pochi minuti, perché si pensi che ci siano comportamenti non graditi a una moglie (libera, ovviamente, di rifiutarsi al masochismo se masochista non è), che "allegria" o che "libertà" posseggano le donne che per fortuna non si dicono più sempre allegre e libere.

E, soprattutto, che senso ha avere rapporti con donne di colore, solitamente al buio, pagando di più per "andare" senza preservativo. Voi maschi, permissivi o no, di sinistra o di destra, volete incominciare a cercare di capirvi?

Le donne sono diverse anche in questo: si interrogano perfino su quello che passa per la testa ai maschi e vorrebbero avere degli interlocutori dell'altro genere, mentre si trovano a fare convegni di grande impegno culturale più o meno da sole, tutt'al più con qualche omosessuale che cerca di inserirsi.

A Ferrara nel novembre scorso, il Centro Donna/Giustizia ha ripreso "antiche storie di oggi" per verificare, anche attraverso interviste e analisi degli annunci sulla stampa, la condizione di un fenomeno che oggi si definisce non solo in termini di prostituzione, ma anche di tratta.

L'approccio antropologico porta alla realtà dell'immigrazione anche forzata di donne che, nigeriane o dell'Est europeo, richiedono non solo un ripensamento dell'intero contesto del problema, ma anche risposte giuridiche in termini di tutela delle vittime e di penalizzazione dei fatti criminali.

La prostituzione straniera comporta un supplemento di riflessione, perché il crimine - che è la tratta - non ci sarebbe senza il mercato del sesso a pagamento. Ma le donne che vengono comprate e vendute "scelgono" il rischio di questa "professione" o farebbero più volentieri altri lavori, magari a casa loro?

Le prostitute che "si gestiscono", che non stanno neppure sulla strada sono una minoranza. La maggioranza sta sulla strada o nelle offerte equivoche e alimenta un mercato da cui non trae benefici. Mentre i gestori del sesso a pagamento fanno affari per un volume di miliardi di euro.

Si può tornare all'inizio del ragionamento: in società "avanzate", economicamente affluenti e socialmente acculturate, perché mai i maschi praticano questo sport, che assomiglia tanto alla schiavitù, che oggi non conosce le catene dallo zio Tom, ma vede nel latifondo brasiliano lavoratori che, indebitatisi con il padrone per necessità famigliari, vende gli anni futuri del proprio lavoro. Vende le braccia, il corpo, anche lui. Liberamente? Molte donne vendono il corpo per mantenere una famiglia lontana: è una libertà? Il consumismo dell'occidente fa sì che ci siano donne che hanno un lavoro o casalinghe o studentesse che dedicano qualche pomeriggio alla benemerita attività per comperare abiti firmati o mettere da parte danaro per comperare un appartamento: testimoniano una società libera, anche se giuridicamente danno l'assenso di volontà alle loro prestazioni?

L'uomo in teoria sarebbe libero: infatti si soddisfa, paga, se ha sensi di colpa li rimuove o li confessa a un prete sempre indulgente per omertà di sesso. Sente di avere sani istinti naturali che le donne non hanno? O sente di essere potente perché domina un corpo che gli è dovuto dallo scambio pecuniario e percepisce la forza del potere anche se è un travet qualsiasi che non conterà mai nulla nella vita ed è un cliente che la compagna occasionale deve aiutare a farcela?

Non c'entra direttamente, ma a Vienna hanno inaugurato vespasiani pubblici per maschi la cui vaschettina urinaria ha la forma di una bocca femminile. Le donne si sono infuriate e l'amministrazione li ha rimossi. Anche gli uomini li hanno criticati: non offensivi e disgustosi, ma "troppo barocchi".

(4 gennaio 2007)

Lascia un Commento

©2019 - NoiDonne - Iscrizione ROC n.33421 del 23 /09/ 2019 - P.IVA 00878931005
Privacy Policy - Cookie Policy | Creazione Siti Internet WebDimension®