Diritti e reati - Il rapporto finale della Ricerca-azione sul traffico di donne e sullo sfruttamento sessuale, i dati del Ministero dell’Interno, le stime su un fenomeno complesso, più volte descritto in termini clamorosi, ma lontani dalla realtà
Ribet Elena Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Marzo 2008
“I dati sulla prostituzione a volte tendono a descrivere una sorta di pervasività di corpi in vendita che invadono le città. La realtà è molto diversa, basti pensare che nella Roma papalina del ‘600 c’erano molte più prostitute di quante non ce ne siano oggi. Al di là dei numeri, la questione della percezione gioca un ruolo fondamentale”. Vittoria Tola, esperta in 'trafficking', ha lavorato in organismi nazionali e ricoperto diversi incarichi istituzionali. Già Presidente della Commissione Interministeriale per l’attuazione dell’art.18, Tola collabora a numerosi progetti governativi e insieme a Francesco Carchedi ha curato la ricerca-azione “Prostituzione e traffico di donne a scopo di sfruttamento sessuale. Analisi delle trasformazioni correnti nei principali gruppi nazionali coinvolti e nuove strategie di intervento di protezione sociale”.
La ricerca del Comune di Roma - svolta da Parsec, in collaborazione con la Casa dei diritti sociali-Focus, Erithros, Fondazione Internazionale Lelio Basso, Impegno per la promozione, Lila Lazio, Magliana 80 e Cooperativa Lotta all’emarginazione sociale - si è concentrata sulle osservazioni di operatori di strada e ha tracciato un quadro sulla presenza delle donne trafficate e che esercitano la prostituzione nell’area romana.
“Si tratta di partire da una stima sull’intero territorio nazionale - precisa Vittoria Tola -comprensiva della prostituzione in strada e di quella al chiuso, che raggiungerebbe l’ammontare complessivo di un minimo di 29.420 e un massimo di 38.070 persone”. Al Nord la prostituzione è più diffusa, tra le 15.635 e le 20.170 persone, nel Centro oscilla tra le 10.000 e le 12.500 e nel Sud tra le 3.800 e le 5.600. Nel settemtrione le regioni più interessate sono Piemonte, Lombardia, Veneto, nell’Italia centrale il Lazio e nel Meridione Campania, Abruzzo e Puglia.
Dalle interviste risulta che le donne straniere che esercitano la prostituzione al chiuso, rispetto alle italiane, raggiungono ormai il 75/80% circa nel Centro-Nord e circa il 40/50% nel Sud. Stiamo parlando di donne (80,8%), uomini (2,7%), transessuali (16,5%), provenienti da Est Europa, Africa, America Latina, ex URSS e Asia, di età compresa per lo più tra i 21 e i 30 anni (74,3%) [Dati su uscite e contatti registrati dalle Unità di strada 15 Ottobre ’99 – 15 Ottobre ’04 - elaborazione su dati del Comune di Roma – V Di. Progetto Roxanne].
La prostituzione ha una sua intrinseca dinamicità dovuta anche alla mobilità geografica e stagionale durante l’anno, sia sul territorio nazionale che transnazionale. Ciò giustifica la variabilità di percezione e di visibilità sociale del fenomeno.
“È molto diverso parlare di prostitute italiane, migranti, transessuali o omosessuali; i clienti sono diversi, differenti le realtà territoriali e municipali che creano o attenuano gli allarmi sociali e il disagio nelle diverse componenti della popolazione” afferma Vittoria Tola.
Dai dati socio-demografici del Progetto Roxanne si evince che i tipi di consulenza (oltre 1000 su 22.900 contatti di strada) sono stati relativi all’Art. 18, alla consulenza sanitaria e legale, ma per la maggior parte alla consulenza sociale (32,5 %) e di sostegno (26,4%). Ai contatti hanno fatto seguito azioni diverse, tra cui percorsi di reinserimento socio-lavorativo, accoglienza nelle ‘case di fuga’.
“Negli ultimi decenni quello della prostituzione si è caratterizzato come un fenomeno multiplo, variegato e particolarmente mutante nel tempo. Le caratteristiche dei diversi segmenti che lo compongono (sesso, età e nazionalità), la loro composizione quantitativa e qualitativa, i luoghi e gli spazi dell’esercizio prostituzionale (in strada, in bordelli ufficiali o informali, in locali a “luci rosse”, eccetera), la presenza o meno di forme di autonomia ed indipendenza da parte delle donne coinvolte contribuiscono a dare al fenomeno una configurazione piuttosto complessa ed articolata” affermano Francesco Carchedi e Vittoria Tola nella Relazione di Sintesi della Ricerca-azione. Esiste, quindi, una molteplicità di prostituzioni. “Questa complessità – e le contraddizioni che da essa scaturiscono – permane come una difficoltà di comprensione del fenomeno nella sua totalità e come una difficoltà (quasi strutturale) – sia in ambito italiano che in ambito europeo – che riesce a condizionare direttamente le soluzioni differenti legislative che man mano si vanno elaborando e conseguentemente le politiche sociali e territoriali finalizzate a comprenderlo e nel comprenderlo a governarlo”.
Nell’Unione Europea il quadro normativo e le politiche sociali sono molto eterogenee: si alternano posizioni proibizioniste, abolizioniste e neo-regolamentariste che oppongono la negazione totale del fenomeno e il rigido controllo sociale. “Proibire la prostituzione vuol dire non riconoscerla come fenomeno sociale ma solo come fenomeno delinquenziale, come una forma perniciosa di devianza sia per quante/i la praticano sia per quanti l’acquistano sia per quanti la sfruttano. Gli attori che danno vita al fenomeno – donne, clienti e magnaccia – sono considerati alla stessa maniera, ma anche nel regolamentarismo più efficace si viene a creare un ‘mercato grigio del sesso’ a metà strada tra quello regolamentato e quello spontaneo. Inoltre la gestione della rete di case di appuntamento, i controlli di polizia e quelli sanitari diventano altamente costosi e inefficaci”.
Fa discutere anche l’accettare o meno la suddivisione della prostituzione in volontaria o involontaria e coercitiva “come si evince dal quadro normativo olandese e, in maniera meno accentuata in quella italiana”, oppure credere che la prostituzione sia sempre e comunque coercitiva “come si evince dalla normativa svedese.”
Nel corso degli anni, si sono susseguite Convenzioni e Dichiarazioni che hanno posto l’accento sulla lotta contro tutte le forme di violenza e di tratta nei confronti delle donne e per rafforzare la sanzionalibità del traffico di donne e minori a scopo di sfruttamento sessuale. Dalla Direttiva europea in favore delle vittime dell’immigrazione illegale (smuggling) e delle vittime della tratta di esseri umani (traffiking), fino alla “Convenzione per la lotta contro la tratta di esseri umani”, ogni paese ha dato poi risposte diverse a seconda dei contesti culturali.
In una pubblicazione Daniela Danna evidenzia che considerare la prostituzione un “flagello sociale”, “una risorsa”, un “danno individuale”, “un lavoro”, influenza le risposte di governo.
Nella recente relazione del Ministero dell’Interno - Osservatorio sulla prostituzione e sui fenomeni delittuosi ad essa connessi, vengono descritte azioni mirate alla prevenzione e alla repressione della tratta, per garantire la tutela reale delle vittime, ma anche azioni di ‘orientamento culturale’, per sensibilizzare l’opinione pubblica alla cooperazione con le associazioni impegnate in questo campo.
Il rapporto, che ha affrontato la questione su un piano, discutibile, di allarme sociale, ha analizzato le modalità di sfruttamento dei sodalizi albanesi, rumeni, bulgari, sudamericani, cinesi, e ha evidenziato i fattori che spingono a subire situazioni di sfruttamento (il debito contratto per emigrare, la minor efferatezza dei metodi di sfruttamento, l’abitudine alla sottomissione delle vittime reclutate con rapimento e con l’inganno) e la condizione di sfruttamento di molte donne e anche di minorenni soprattutto in alcune aree urbane.
Nell’ambito delle sue attività, nell’Osservatorio si è discusso della Legge Merlin come di un legge valida nel contesto attuale, ma con molte riserve. “L’Osservatorio, mi pare, ha cercato inizialmente di affrontare la questione della prostituzione limitatamente ai fenomeni criminali correlati, forse con l’idea di trovare punti modificabili nella legge Merlin, ma questo non può funzionare. Le associazioni sia laiche che cattoliche che si occupano del problema possono fornire una valutazione molto complessa sul nodo teorico e culturale che riguarda i diritti delle persone. Il punto cruciale è definire cosa si intende per ‘reati’ nella domanda e nell’offerta della prostituzione, capire la complessità dell’argomento ‘volontarietà’ e i condizionamenti fortemente negativi dello sfruttamento, le tipologie dei clienti e delle situazioni, fermo restando l’impegno contro la tratta e la riduzione in schiavitù” sostiene Vittoria Tola e continua “la legge Merlin è di difficile superamento, a meno di non scegliere un modello totalmente diverso come quelli dell’Olanda o della Svezia, perché a modo suo è un ‘“monumento teorico’ che non sanziona l’esercizio autonomo e volontario della prostituzione riconsegnando diritti, libertà e responsabilità alle persone”. La Legge Merlin protegge chi la esercita dagli sfruttatori; garantisce che i comportamenti dello stato non siano invasivi e offensivi; colpisce le organizzazioni criminali; tutela i minori; favorisce (in teoria) percorsi di fuoriuscita e assistenza; promuove competenze nei servizi di polizia.
Afferma il Rapporto ministeriale che “la realtà attuale della prostituzione è poliedrica e ciò deve essere posto al centro dell’attenzione quando si ipotizzano interventi normativi, amministrativi o sociali. Occorrono misure sociali che prevengano o impediscano l’ingresso in clandestinità, gli interventi devono riguardare le prostitute e i clienti. Inoltre occorre considerare il rapporto dell’opinione pubblica con il fenomeno, la tensione e la conflittualità soprattutto tra chi vive in prossimità dei luoghi dove la prostituzione è esercitata. Dunque la protezione e integrazione delle vittime, la prevenzione e il contrasto della tratta non può prescindere da un’analisi profonda di tutti gli aspetti e di tutti i soggetti in campo.
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