SUDEST ASIATICO - In un volo per Bangkok per un gruppetto di ragazzi l'addio al celibato si fa con una “scorpacciata di figa mandorlata”
Elisabetta Borzini Lunedi, 22/09/2014 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Ottobre 2014
Scrivo questo articolo su un volo per Bangkok. Dietro di me un gruppetto di ragazzi sta andando a celebrare un addio al celibato. A Pattaya, Thailandia. Per celebrare pensano di fare una “scorpacciata di figa mandorlata”, cito testualmente.
Figa mandorlata, come facilmente intuibile, è l'epiteto per le donne asiatiche. Questa espressione viene usata largamente nella Bibbia dei turisti sessuali italiani, il sito www.viaggidellagnocca.it infatti è una piattaforma nata per scambiarsi informazioni circa i paesi e i posti migliori per reperire sesso a pagamento e non.
Chiaramente sentir parlare di donne in termini di “te la danno/non te la danno/te la danno gratis ma vogliono un regalo” fa accapponare la pelle, ma fa proprio orrore pensare che la maggior parte delle donne a cui la comunità virtuale si riferisce con figa mandorlata siano, a tutti gli effetti, schiave.
Il Sud Est Asiatico è infatti la regione al mondo che maggiormente contribuisce alla tratta di esseri umani. Dei 20.6 milioni di vittime di traffico, si stima che quasi 12 possano provenire da paesi dell'Estremo Oriente e che siano prevalentemente donne e bambini. Di loro, circa il 56% finisce nel giro della prostituzione forzata. I bambini, maschi e femmine, si vendono bene nelle capitali del sesso come Bangkok, Phuket e Chiang Mai: sono facili da trasportare e sono più facili da ricattare o impaurire.
Chi acquista una prestazione sessuale in questi luoghi deve sapere che, nonostante il rossetto e gli abiti di lustrini, sta acquistando un'ora di vita di un bambino schiavo. Si parla di schiavitù nel 70% dei casi in cui la figa mandorlata è adulta, ma la percentuale sale al 97% quando è sotto i 18 anni.
La prostituzione minorile nella regione tra il Myanmar e le Filippine è facilmente accessibile e a buon mercato, con la domanda cresce l'offerta e con la globalizzazione si amplia la rosa dei servizi. La pornografia è la nuova frontiera: nell'era di internet è relativamente facile nascondere la propria identità e il luogo da cui si vende, compra e scambia e un video con bambini può essere personalizzato in base al cliente e raggiungere un pubblico vasto, aumentando il profitto ma salvaguardando l'investimento (c'è una discreta differenza tra girare un video e mettere la propria merce a disposizione di 5-7 clienti al giorno, con tutti i rischi che questo comporta).
La prostituzione minorile e la pedopornografia nei paesi non industrializzati sono in larga parte frutto di disagio dovuto alla povertà: spesso a seguito di inganno sono le famiglie stesse a mettere i propri figli nelle mani degli aguzzini. Si sente spesso parlare di campagne di sensibilizzazione e scolarizzazione per diminuire la vulnerabilità delle comunità più indigenti, la verità, purtroppo, è che il cambiamento culturale richiede generazioni, e le famiglie che in tempo di carestia vendono un figlio o lo “mandano a lavorare”, nel breve termine continueranno a farlo. Aumentare la scolarizzazione non significa solo garantire l'accesso gratuito a scuola ma anche che la qualità dell'insegnamento sia competitiva, che l'ambiente scolastico sia sicuro e che i costi di avere un figlio a scuola e non al lavoro non siano percepiti come un ostacolo insormontabile.
Agire a monte significa ignorare le vittime di oggi per proteggere quelle di domani, mentre un'azione integrata con un maggiore focus sugli effetti dello sfruttamento sessuale di minori (leggi più rigide sull'uso e scambio di materiale pedopornografico e prostituzione minorile, maggiore collaborazione tra polizie nazionali e lotta alla corruzione) potrebbe davvero fare la differenza per le vittime di oggi. L'eterno quesito della causa e dell'effetto si ripropone. Che fare?
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