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PROPOSTE PARLAMENTARI sul COGNOME dei Coniugi e dei Figli a confronto

PROPOSTE PARLAMENTARI sul COGNOME dei Coniugi e dei Figli a confronto

Ciò che manca in tutte le proposte è il diritto personale del nuovo nato e, pertanto, anche il concetto di relazione che lega il neonato alla madre. Le altre assenze sono conseguenze di un’impostazione che fa del diritto patriarcale il suo centro

Lunedi, 02/12/2019 - ELENCO DELLE PROPOSTE PARLAMENTARI della XVIII Legislatura

1 - 23.03.2018 - Laura Boldrini Link Testo
2 - 23.03.2018 - Renate Gebhard Link Testo
3 - 11.07.2018 - Julia Unterberger Link Testo
4 - 17.07.2018 - Laura Garavini Link Testo
5 - 12.10.2018 - Fabiana Dadone Link Testo
6 - 28.01.2019 - Alessandra Maiorino Link Testo

ANALISI DEI CONTENUTI

SITUAZIONI PREGRESSE

Preliminarmente, va chiarito che nessuna delle sei proposte parlamentari esistenti si occupa di regolamentare i casi in cui i figli siano stati registrati col solo cognome paterno, come da normativa precedente, e vivano con un solo genitore, a seguito di separazione o divorzio.

L’unità familiare rappresentata da un cognome comune è sempre garantita, anche dopo separazione o divorzio, qualora i figli vivano con il padre. Non lo è invece se vivono con la madre, dato che alla nascita non hanno ricevuto anche il suo cognome.
La stessa disposizione finale prevista da Boldrini nella sua proposta - l’unica che si ponga il problema delle situazioni pregresse - non sottrae i figli che vivono con le madri separate o divorziate alla frequente negazione del consenso da parte di un genitore rancoroso.

Una soluzione ai problemi che così si sono determinati e si determinano è contenuta invece nel testo di una Petizione (art. 6) che è stata assegnata alle Commissioni Giustizia di Camera e Senato, ma che fin qui non ha trovato posto in nessuna delle proposte parlamentari.

Delimitato il perimetro di azione, passiamo ad esaminare le altre caratteristiche.

COGNOME DEI CONIUGI

Solo le proposte di Gebhard, Garavini e Maiorino operano una sostituzione dell’attuale 143-bis (cognome maritale), stabilendo che ciascun coniuge conserva il proprio cognome.
Le proposte di Boldrini, Unterberger e Dadone non trattano il tema del 143bis, lasciando di conseguenza inalterata la disparità esistente tra i coniugi, in base alla quale la donna con il matrimonio aggiunge al proprio il cognome del marito, senza che si possa mai verificare il contrario.

PARITÀ DEI CONIUGI

Tutt’e sei le proposte di prefiggono di garantire una parità tra i genitori nell’attribuzione del cognome ai figli, saltando però a piè pari la relazione particolare madre-figlio che esiste all’atto della nascita, ovvero proprio nel momento in cui si configura il diritto del nato di ricevere uno o due cognomi.

Prevedono dunque che i genitori decidano, di comune accordo, di attribuire uno solo o entrambi i cognomi ai loro figli, nell’ordine da loro preferito.
Nel caso in cui l’accordo sul numero dei cognomi e/o sull’ordine di essi non fosse raggiunto o comunque non venisse manifestato all’ufficiale di stato civile, al primo figlio e ai figli successivi della coppia verrebbero attribuiti obbligatoriamente entrambi i cognomi dei genitori secondo una sequenza mutuata dall’ordine alfabetico.

Una strategia paritaria differente è stata formulata nella Petizione citata (art. 5). Ciò sia per quella doverosa aderenza alla realtà che tutt’e sei le proposte parlamentari scelgono di non considerare, sia perché esiste la necessità più che mai urgente di insegnare il rispetto per la figura femminile sin dalla nascita e ciò implica che la relazione primaria per prossimità neonatale del figlio con la madre non venga artificiosamente misconosciuta.

Anche in questo caso, però, la soluzione avanzata nella petizione non ha trovato fin qui posto in nessuna delle proposte parlamentari.

IL DIRITTO DEL FIGLIO

Ancora un rilievo sull’ultimo punto trattato. Diversamente dalle altre cinque, la proposta Maiorino postula esplicitamente un diritto di ciascun genitore di attribuire il proprio cognome ai figli.
Da notare che il nostro ordinamento non ha mai previsto un diritto di trasmissione (o attribuzione) per nessuno dei genitori, ma soltanto un diritto di acquisto da parte del figlio di un cognome (ved. sentenza Trib. Palermo 1982), che prima della sentenza 286/2016 della Consulta era stato fatto coincidere esclusivamente, per i nati nel matrimonio, con quello del padre

La diversità di formulazione contenuta nella proposta Maiorino non appare scevra di conseguenze. Se per un verso accresce in chiarezza il concetto di parità genitoriale e configura un diritto che in sé considerato appare sicuramente legittimo, per l’altro indurrebbe effetti negativi qualora fosse accompagnata da una scarsa - o addirittura inesistente - libertà del figlio di modificare il cognome o i cognomi, che ha ricevuto per diritto personale alla nascita. Abbinando le due condizioni si introdurrebbe infatti un’esorbitanza del potere genitoriale, che finirebbe col condizionare negativamente le già difficili concessioni di sostituzione del cognome, attualmente di competenza del Prefetto.

Esaminiamo allora come affrontano il diritto dei figli al cambiamento del proprio cognome le sei proposte di cui ci stiamo occupando.

POSSIBILITÀ DI MODIFICA DA PARTE DEL FIGLIO MAGGIORENNE DEL COGNOME O DEI COGNOMI RICEVUTI ALLA NASCITA

Prevedono esclusivamente la possibilità di cambiare il cognome singolo ricevuto alla nascita con il doppio cognome (dunque con quello di entrambi i genitori) tramite aggiunta ma non anteposizione: Boldrini, Gebhart, Unterberger.
Garavini e Dadone non prevedono nulla al riguardo.

Maiorino articola solo per i figli nati fuori dal matrimonio la seguente possibilità: « Il figlio che ha compiuto quattordici anni può chiedere che il cognome del genitore che lo abbia riconosciuto per secondo, o per il quale si sia concluso il procedimento di accertamento, sia aggiunto anteponendolo o posponendolo a quello del genitore che lo ha riconosciuto per primo».
Nulla, invece, per i figli nati nel matrimonio o riconosciuti contestualmente dai genitori.

In nessuna proposta è contemplato il diritto del figlio di eliminare uno dei cognomi ricevuti, se titolare di doppio cognome.
Eppure sono ricorrenti i casi in cui un figlio chiede la sostituzione del cognome ricevuto (di solito il paterno) con quello dell’altro genitore, non riconoscendosi per ragioni personali nella connotazione identitaria ricevuta, non per propria volontà, alla nascita.

In tutte le proposte parlamentari esaminate, dunque, il diritto di autodeterminazione dei figli appare, in misura maggiore o minore, scarsamente rappresentato.
La Petizione in precedenza citata prevede invece maggiori possibilità per tutti i figli maggiorenni (art. 3).

CONCLUSIONE

Certamente una proposta contenuta in una petizione non può avere un iter autonomo, in quanto non è stato seguito il percorso specifico che solo le avrebbe consentito di essere affiancata alle altre proposte in condizione di piena parità.

Tuttavia la sua presentazione al Parlamento è legittima, perché regolata dall’art. 50 della Costituzione. Proprio in virtù di tale articolo, infatti, quel testo è stato annunciato in Parlamento e assegnato alla Commissione Giustizia della Camera (link) e alla Commissione Giustizia del Senato (link).

Non appare dunque inappropriato che in sede di discussione se ne possa comunque tener conto, che una o un parlamentare decida di farla propria o che voglia ispirarsi ad essa per qualche provvidenziale emendamento, atto a rendere più efficace e moderna una legge attesa già da troppo tempo.

1.12.2019, © Iole Natoli


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