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Professione: rivoluzionaria

Professione: rivoluzionaria

Tina Modotti - Un’esperienza di emancipazione femminile nella prima metà del Novecento e un'avventura esistenziale tumultuosa

Cristina Carpinelli Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Novembre 2006

Dopo un periodo di silenzio, in cui l’opera di Tina Modotti sembrava condannata ad una “damnatio memoriae” (ma erano gli anni del maccartismo americano!), l’attenzione per questa grande figura del Novecento ha trovato di nuovo vigore. Tuttavia, ricostruire in sintesi il suo itinerario esistenziale e artistico, ricollegandolo all’ambiente storico e culturale entro il quale esso si è svolto per mezzo secolo, significa offrire al lettore una dimensione biografica della protagonista tale da riscattarla dalla marginalità artistica, dislocarla dal centro della sua leggenda e collocare sia la sua arte che la sua esperienza entro un dato contesto. Purtroppo la vita della Modotti è diventata, per certa letteratura, mito, ispirando poeti e romanzieri che hanno usato la sua biografia in senso agiografico. E, tuttavia, proprio gli elementi che si sono prestati alla leggenda e troppo facilmente alla caricatura (la femme fatale, l’ardente stalinista, ecc.), sono anche quelli che ne hanno distorto la reale comprensione. Certamente la vita di Tina Modotti si è prestata oltre che alla costruzione di un’immagine retorica, che ne esalta l’avventura esistenziale tumultuosa accanto a personaggi di spicco, anche a un certo genere di mistificazioni dove i giochi dei servizi segreti e le campagne stampa montate ad arte dai governi controrivoluzionari hanno tentato di creare una contro immagine di Tina, malefica spia o malefica amante (fu accusata dell’assassinio compiuto nel 1929 nei confronti di Mella) o, al contrario, vittima di oscuri complotti. Sulla sua stessa morte (Città del Messico, 1942) la stampa si scatenò: assassinio politico o morte naturale?
Recuperare l’esemplarità della vita artistica e rivoluzionaria della protagonista significa cogliere, inoltre, quei momenti paradigmatici in cui Tina fu non solo la “donna” di qualcuno: da Weston, maestro e guida sulla via dell’arte, a Rivera, che la raffigurò nei suoi murales, a Guerrero e Mella, combattenti ed eroi rivoluzionari che la iniziarono all’attivismo politico, per finire a Contreras (Vidali), suo conterraneo e membro dell’Internazionale comunista. Sottolineando i risultati attivi in campo artistico e nell’impegno politico, il ruolo passivo di musa e modella della Modotti, attribuitole da chi ha teso a rappresentarla soprattutto come ispiratrice e sostenitrice dei suoi amanti, artisti o rivoluzionari, passa del tutto in secondo piano.
Nata a Udine il 17 agosto 1896, Tina approda giovanissima a San Francisco e, dopo un periodo passato al telaio di una fabbrica, che funzionava soprattutto grazie all’apporto di emigrati europei, può soddisfare la sua innata ansia di sapere entrando negli ambienti della cultura e dell’arte della metropoli californiana e della vicina Los Angeles. Negli Stati Uniti la Modotti sperimenta insieme con il marito (detto Robo dagli amici) la pittura, dipingendo tessuti con la tecnica del batik.
Va poi in Messico, dove il celebre fotografo Edward Weston la inizia alla sua stessa arte. A contatto con il clima del paese, Tina trasforma la fotografia in strumento d’indagine e di denuncia sociale: le sue foto di operaie e contadine, di bambini del popolo, del tutto prive dei deteriori caratteri folcloristici, hanno una loro autentica espressività. Realizzando un’inchiesta fotografica sulle condizioni dei quartieri poveri di Città del Messico, ella indaga tra le pieghe della realtà, ricerca il volto nascosto degli emarginati e dei poveri. Entra in contatto con il mondo delle classi oppresse, che la spinge ad avvicinarsi ai gruppi democratici e progressisti presenti tra gli intellettuali messicani. Costoro le accendono un vivo interesse per la militanza politica. Nel corso degli anni Venti, conosce il pittore e militante Xavier Guerrero, lavora per il movimento sandinista nel Comitato “Manos fuera de Nicaragua” e, durante una manifestazione in favore di Sacco e Vanzetti, ha modo d’incontrare Vittorio Vidali. Grande influenza ha su di lei l’opera pittorica dei muralisti Siqueiros, Orozco, Rivera, tesa a cambiare i modi della produzione artistica nazionale in sintonia con il processo rivoluzionario che infiamma il paese, teatro di un’effervescente apertura al rinnovamento artistico. Come la maggioranza degli artisti ed intellettuali degli anni Venti e Trenta, la Modotti mette sempre più la propria arte, il suo impegno politico, la sua stessa vita, al servizio delle classi sfruttate e dell’ideale rivoluzionario. Le sue opere artistiche assumono sempre più valenza ideologica. Tina trasforma la tecnica di fotografare, spostando l’obiettivo verso forme più dinamiche ed esaltando le immagini con simboli del lavoro e del proletariato. Immagini che non possono prescindere dal suo passato di povertà in Friuli, dall’esperienza di emigrante e di operaia a San Francisco.
Nel frenetico ambiente del Messico post-rivoluzionario, matura man mano la coscienza di Tina, che l’avvierà verso quella che sarà la sua scelta definitiva: essere una rivoluzionaria di professione. Dal 1926, diventa militante del movimento rivoluzionario internazionale e del partito comunista messicano. Si intensificano i suoi contatti con la classe dei lavoratori, da cui trae forza e ispirazione. Afferma Elena Poniatowska: “Tina viveva in un turbine, condividendo con i comunisti pericolo, segretezza e lotte. Prima, gli amici di Tina erano stati intellettuali; adesso, erano militanti, falegnami, ferrovieri. In casa loro, in via Abraham Gonzáles, Tina e Julio accoglievano i leader in esilio degli operai e contadini di ogni parte dell’America meridionale, dei Caraibi, del Centroamerica, e lei si sentiva ispirata dalle loro passioni, dal pericolo in cui vivevano, dalla forza dei loro ideali”. L’incontro con Julio Antonio Mella, giovane rivoluzionario cubano, con cui Tina vive un amore profondo, la spinge ad intensificare il suo lavoro di fotografa impegnata e di militante politica.
Nel corso degli anni Trenta il clima politico cambia radicalmente. In Europa prendono il potere il fascismo e il nazismo e in Messico le organizzazioni comuniste vengono messe fuori legge. Tina è espulsa dal paese e dopo un soggiorno in Germania approda a Mosca dove l’attende Vidali. Nella capitale sovietica, il suo lavoro politico trova sbocco nel Soccorso Rosso Internazionale. Sono gli anni in cui vive immersa nello stalinismo più rigido, che non la spingono, comunque, ad abdicare ai principi del comunismo. L’impegno rivoluzionario di Tina è ora totale, sino alla rinuncia di quell’arte-mestiere, la fotografia, che pure lei amava molto. E’ costantemente presente nei luoghi più difficili e caldi della lotta rivoluzionaria che si concretizza nell’epilogo della sua carriera politica a fianco dei repubblicani nella guerra civile di Spagna del ’36. Nel 1939, Tina rientra in Messico, come tanti altri esuli, dopo la tragica esperienza spagnola. E’ stanca e malata. Vivrà solo altri tre anni.
(13 novembre 2006)

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