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PROFESSIONE GINECOLOGA/O

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Agite / 2 - Intervista a Maurizio Orlandella, responsabile scientifico del Congresso, Past President AGITE e Vicepresidente SMIC

Bartolini Tiziana Domenica, 20/11/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Novembre 2011

AGITE organizza il suo secondo congresso, un traguardo importante. Quali gli scopi che vi eravate preposti e quali i nuovi obiettivi?

Prima di tutto AGITE intende dare al momento congressuale un significato forte, un punto di arrivo dell'elaborazione di un progetto per ripartire dopo una condivisione con i colleghi. Il primo Congresso Nazionale, per la prima volta in un congresso scientifico, ha ridefinito i nuovi canoni della visita ginecologica ambulatoriale e consultoriale, e presentato varie realtà consultoriali storiche che hanno a cuore l'empowerment delle donne e l'attività di counselling e prevenzione. Il secondo congresso punta a definire tutti aspetti della professione del ginecologo che lavora nel territorio nei consultori e negli ambulatori; dalla definizione del rischio professionale e degli aspetti assicurativi, alla presentazione di un nostro progetto per la ridefinizione dei servizi per la salute per la donna, alla presentazione di numerosi progetti AGITE per la ginecologia e ostetricia territoriale.

Il motivo principale della necessità di tale evento è che non c’è ancora un indirizzo nella scuola di specializzazione che formi il ginecologo che dovrà lavorare sul territorio, per cui tutti noi siamo più o meno costretti ad una formazione autogestita, quando sarebbe opportuna una formazione mirata per il servizio che si deve rendere, preventivo e clinico, ben diverso da quello del ginecologo ospedaliero, più dedicati a parto, attività operatoria e di ricovero. Questa carenza formativa ha effetti negativi sulla omogeneità del servizio nelle diverse aree italiane e impedisce una codifica del coordinamento territorio ospedale per la riproduzione di modelli virtuosi. Molte donne potrebbero ricevere un adeguato servizio se il territorio potesse svolgere quel ruolo di filtro, che significa gestione clinica sul territorio e solo pochi casi particolari o pre-chirurgici inviati in ospedale.

Un territorio dedicato ad azioni preventive, ma capace di gestire i casi complessi, potrebbe tutelare meglio la donna, per esempio riducendo gli interventi demolitivi sull'utero, riducendo indagini poco utili come le ecografie ginecologiche di routine senza motivazione clinica, che possono generare arbitrio chirurgico in particolar modo sulla patologia benigna, gestendo in proprio l'incontinenza urinaria lieve media riducendo le prove urodinamiche. Gli ospedali aziendalizzati come in Lombardia, riducendo le prestazioni chirurgiche riducono il loro budget. In generale non hanno come ruolo sociale interventi di ordine preventivo.



Oltre a prevenzione e clinica, l’altra parola chiave al centro del Congresso è integrazione. Qual è la visione strategica che volete proporre?

Non lavoriamo in competizione con il mondo ospedaliero, ma intendiamo giocare la nostra professionalità con procedure maggiormente condivise. L‘integrazione tra diversi punti di partenza e diversi intenti non è operazione semplice. Come società scientifica, siamo partiti dall'inizio in confronto con la ginecologia ospedaliera, perché è con loro che c’è da discutere e creare questi collegamenti. Adesso, che siamo al quarto anno di lavoro presentiamo una proposta comune, per i servizi per la salute riproduttiva. Inizia ad affermarsi l’idea che l’integrazione tra il territorio e l’ospedale è un connubio che favorisce tutti i soggetti che lavorano nella sanità pubblica.



A chi volete rivolgervi con questo congresso, di quali settori del mondo sanitario e sociale volete richiamare in modo particolare l' attenzione?

La politica sa che per difendere i servizi pubblici deve ridurre le prestazioni inutili, in un modello ideale con cui potrebbe misurarsi la realtà sanitaria privata. Se l’ISS, tra l’altro, elabora le procedure e le modalità del lavoro nei consultori, molte Regioni non ritengono di fare tesoro di metodi di lavoro che presuppongono la misurazione dei risultati e processi di audit. Le Regioni spesso dimenticano quanto la ginecologia territoriale possa contribuire alla qualità e all’omogeneità dei servizi. La diversità delle politiche regionali fa sì che il livello dei diritti cambi a seconda della regione in cui si abita.

Oltre che ai politici e dirigenti regionali della sanità vogliamo primariamente che i ginecologi che lavorano nei consultori e ambulatori riconoscano l'appartenenza ad una specificità professionale che richiede loro, come ben affrontiamo in questo congresso, la capacità gestionale in proprio di molti casi classicamente inviati ad ambulatori ospedalieri di secondo livello. Vogliamo che tutti noi consideriamo la visita ginecologica e ostetrica moderne come momenti clinici ma anche di emersione dei problemi, ancora nascosti, quando invece ben facilmente risolvibili se precocemente diagnosticati.



In che relazione siete, o vorreste essere, con il mondo delle ostetriche?

A livello territoriale l’ostetrica e il ginecologo avrebbero una professione molto simile, ma c'è da lavorare ancora molto per una adeguata collaborazione. Le ostetriche non hanno ancora una Società che lavori specificamente sulla formazione per il lavoro territoriale. In un Convegno Nazionale AGITE del settembre 2009, organizzato a Sesto San Giovanni, dal titolo “Dalle indagini epidemiologiche randomizzate al percorso nascita. Il ginecologo e l'ostetrica sul territorio: professione salute riproduttiva” avevamo focalizzato varie aree di intervento e counselling che richiedono una formazione comune. In questo Congresso la relazione di Lisa Canitano tenta di stabilire le aree di confine tra l'attività dell'ostetrica e del ginecologo nella gestione della gravidanza sul territorio.

Inoltre anche la loro situazione è piuttosto diversificata: abbiamo ostetriche che vogliono gestire le gravidanze fisiologiche e ostetriche che vorrebbero fare solo il prelievo citologico. Ancora la quasi totalità di loro non lavorano sul perineo. In qualche modo anche l'ostetrica territoriale ha un problema formativo come il nostro. Da tempo, come altri colleghi, pensiamo che una Società come la nostra dovrebbe considerare la costituzione di una sezione per le ostetriche. Speriamo che i tempi futuri ci vedano agire insieme con maggiore frequenza e maggiore determinazione per la nostra professionalità e per la qualità dei nostri servizi.

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