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Professione donna: cioè?

Professione donna: cioè?

Sondaggio di marzo - Tante sono le cose di cui le donne si sentono responsabili e che pesano sulle loro spalle

Rosa M. Amorevole Lunedi, 07/03/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Marzo 2011

Preoccupata (31%), stressata (28%), impegnata (25%), così si descrivono le donne impegnate fra casa e lavoro nel rispondere al sondaggio del mese. E questo perché tante sono le cose di cui si sentono responsabili e pesano sulle loro spalle: la gestione familiare, le burocrazie, l’educazione dei figli, la cura degli anziani. Senza dimenticare, ovviamente, la propria realizzazione professionale e l’impegno sociale. Testimoniano situazioni molto differenti: “sono rimasta incastrata nel mio ruolo di donna serva, unico sostegno di una famiglia pesantissima..”, “mi pesa quando mi attribuiscono la ‘titolarità’ di ciò che manca in casa, quando fanno riferimento a ‘qualcuno a caso’ che si è dimenticata..”; ed anche “in casa sono aiutata da mio marito”, “in casa c’è una buona ripartizione dei compiti: lui cucina e si occupa delle pulizie, io lavo stiro e mi occupo della gestione burocratica (pagamenti, imposte,.)”. In alcuni casi emerge la consapevolezza di quanto la partecipazione da parte di tutti i componenti della famiglia alle attività sia importante: “sto imparando a non caricarmi tutto sulle spalle... faccio quel che posso... figli e marito si dovranno aggiustare da soli”. Soprattutto quando si condivide, si diventa più critiche nell’osservare i comportamenti degli uomini al lavoro: “mi pesa la scarsa serietà di molti uomini, non tutti per fortuna, sempre pronti a delegare o a svolgere i propri compiti in maniera superficiale”. C’è poi chi afferma che per farsi valere nel lavoro è costretta ad assumere un atteggiamento maschile, modalità fondamentale soprattutto “se si è sole”. A questo proposito vorrei ricordare che è uscito (dopo 8 anni di osservazione dei giovani che avevano frequentato il master in business administration) uno studio della George Mason University in Virginia, nel quale si afferma che mentre per gli uomini il tipo di carattere non influenzerebbe la carriera, per le donne così non sarebbe. Dall’indagine risulterebbe che le donne più irruenti e combattive siano di fatto destinate ad una grande carriera. Il tutto per affermare che le donne debbano comportarsi da signore, perché la femminilità è vincente. Non sappiamo quanto questo studio possa essere significativo, e soprattutto quanto il medesimo risultato possa considerarsi statisticamente valido anche alle nostre latitudini. Certo è che il sospetto che possa trattarsi di una “spiegazione di comodo” rimane. Nel lavoro indubbiamente non basta esser solo signore. E le donne che vogliono mantenere la loro condizione lavorativa (e magari migliorarla, assumendo anche ruoli dirigenziali) sanno che hanno bisogno di alcuni importanti cambiamenti: nel welfare, nella sfera culturale e in quella comportamentale. Nel welfare, affinché si possa delegare parte della cura ai servizi tradizionali ed innovativi, in grado di rispondere alla crescente flessibilità di orari e tipologie lavorative. Asili nido, orari prolungati dei servizi scolastici, servizi sociali, servizi integrativi, ecc. Nella sfera culturale, attraverso la realizzazione di una diffusa condivisione della cura e una reale situazione di parità e pari opportunità in ambito lavorativo. È a partire dagli anni 1970-80, infatti, che il ruolo femminile è radicalmente cambiato: con l’incremento nell’accesso all’istruzione e alla formazione professionale da parte delle donne, da quando il matrimonio ha cessato di essere il loro unico o il massimo traguardo. Il lavoro è diventato parte dell’identità femminile, garanzia di autonomia. Nella sfera comportamentale, perché oggi occorre “smetterla con il vittimismo… occorre instaurare con l’altro sesso un rapporto paritario e rispettoso delle differenze”. Per non dover più sentirsi dire, dopo 23 anni di apprezzato lavoro, alla richiesta di un orario flessibile che forse sarebbe stato meglio “cambiare ufficio”. Siamo certe che la signora abbia fatto valere i suoi diritti.





(7 marzo 2011)

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