Donne & Consumi - Una garanzia per i consumatori che rischia di scomparire
Conti Viola Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Marzo 2006
A tutte noi piace gustare le prelibatezze regionali di cui è ricco il nostro Paese acquistando prodotti Dop e Igp, riconoscibili dai consumatori per il relativo bollino blu e giallo. Purtroppo, però, oggi come oggi, è sempre più difficile sapere ciò che si mangia. Non basta, infatti, un semplice bollino a garantirci sicurezza e qualità del prodotto, in quanto molte delle specialità nostrane tipiche sono contraffatte poiché nella loro composizione sono molto lontane dalla ricetta tradizionale che dovrebbe invece contraddistinguerle dai prodotti industriali. Olii toscani derivati da olive della Tunisia o della Spagna o della Grecia; pasta e pane prodotti con grano canadese con sostanze cancerogene, pecorino e pomodori a marchio nazionale di origine cinese. E la lista potrebbe continuare, se non ci soffermassimo sulla necessità di avere a disposizione etichette chiare e trasparenti rispetto ai componenti dei diversi alimenti. Nonostante il nostro Paese si sia schierato a salvaguardia del Made in Italy creando a Roma l’Associazione Italiana Consorzi indicazioni geografiche, l’Unione Europea ha ceduto alle richieste del Wto, che ha una posizione meno restrittiva sui disciplinari di Dop e Igp, a favore dell’industria alimentare e di quella parte della produzione tesa a garantirsi più un reddito che la sicurezza dei consumatori. Così adesso ci troviamo a mangiare cibi Dop e Igp che in realtà non lo sono, a tutto danno dei sapori e degli aromi peculiari di queste denominazioni. Gli ultimi casi in ordine di tempo: il Castelmagno e il Bitto, formaggi tipici del Nord Italia, che sono prodotti adesso da vacche alimentate a foraggio secco, invece che fresco, poiché è stata autorizzato il pascolo ad altitudini più basse rispetto al passato. Stessa elasticità, per l’ottenimento del Dop da parte della mortadella di Bologna, il cui disciplinare ammette l’uso di conservanti e coloranti, glutammato e budelli sintetici; o del pomodoro Pachino coltivato in serra invece che all’aperto; o della mozzarella di bufala prodotta con latte pastorizzato, invece che fresco. Risultato: un danno per il palato dei consumatori che non sanno più riconoscere i gusti dei prodotti della nostra cultura e tradizione; un duro colpo per i produttori artigianali sempre più nicchia e senza risorse e un business per l’industria alimentare che vende etichette Dop e Igp, spacciando per prodotti tipici quello che non lo sono più nella sostanza.
*Federconsumatori
24 marzo 2006)
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