La procreazione e la genitorialità non sono fatti per essere egualitari e neppure sono fatti per essere parcelizzati. La donna è da sempre una causa determinante della perpetuazione del genere umano
Giovedi, 05/01/2023 - Procreazione e genitorialità
Non sappiamo per quanto tempo ancora il ricorso alla FIV sarà accessibile al grande pubblico. I costi per gli individui e i costi ecologici ingenti potranno presto rivelare l’aspetto “acrobatico” di queste pratiche per ora considerate di routine. Il fatto è che per questa, come per altre tecnologie come ad esempio la chirurgia estetica, si applicano due criteri che considero fuorvianti:
1) Se una pratica è possibile tecnicamente, allora deve essere considerato legittima e resa disponibile.
2) Se una pratica è disponibile e corrisponde a un mio desiderio (in effetti se una soluzione esiste essa è probabilmente frutto di una ricerca specifica in corrispondenza di quel desiderio), allora devo farne uso.
In questo modo le tecnologie che dovrebbero essere al servizio della libertà dell’individuo lo mettono invece in una situazione di scelta obbligata, di coazione. Si tratta di coazione anche perché accettare una soluzione monetariamente possibile diventa allora un modo per eludere la libertà di inventarsi una nuova soluzione, di crearsi un futuro sulla base di cambiamenti a livello simbolico e di relazione.
Ma torniamo ai criteri che inducono all’uso acritico delle tecnologie e torniamo anche alla procreazione assistita. Il primo criterio viene mitigato dalle legislazioni. Per esempio, è possibile tecnicamente determinare il sesso del nascituro se ci si sottopone a una FIV. Ma in Europa non è ammesso. Cosi si possono trovare facilmente in web soluzioni alternative in altri paesi. Mi permetto di aggiungere un aneddoto a questo proposito: io stessa da giovane ho avuto occasione di parlare alla psicologa del mio desiderio di avere una figlia piuttosto che un figlio. Mi ha allora incitato ad averlo mediante FIV, per poterne determinare il sesso. Già allora mi era sembrato che il gioco non valesse la candela: per esempio, se poi dopo tanti sforzi fosse nato comunque un maschio, mi sarei trovata in una situazione peggiore di quella di partenza, dovendo accettarla malgrado i tentativi per evitarla.
Analogamente la gravidanza per altri è esclusa dalle leggi europee. Ambedue queste limitazioni possono apparire restrizioni all’autodeterminazione. Personalmente le vedo invece come correttivi di un mercato medico che applica il taylorismo alla procreazione e quindi alla sua versione umana, la genitorialità; come dei necessari interventi dovuti a un legittimo controllo umano sull’uso indiscriminato delle tecnologie.
Il secondo criterio riguarda il consumatore della tecnologia. Nel caso di desideri che toccano una sfera intima e irrazionale della persona quale è quella della riproduzione, della sessualità e dell’amore, il consumatore è ancor più fragile e legittimato a dirsi: se posso, o posso permettermelo a costo di qualche accettabile sacrificio, allora devo soddisfare il mio desiderio. A maggior ragione una coppia sarà analogamente incitata o costretta moralmente a cercare nella tecnologia una soluzione esterna alla procreazione e alla genitorialità.
E’ probabile che il pianeta ci renda presto improponibili queste acrobazie su vasta scala; che ci costringa a prendere atto dei limiti naturali, o quel che ne resta, non tanto come ostacoli ma come occasione dell’uso dell’ingegno. Forse si potrebbe dire che all’uso delle tecnologie in un contesto di ingegno maschile si potrà sostituire un uso di esse secondo un ingegno femminile di adattamento.
Il caso emblematico della coppia di donne che attua una teoricamente perfetta divisione del lavoro di madre biologica in madre genetica e madre gestante solleva due tipi di questione, giuridica e di critica al patriarcato. Sul piano giuridico, certo non è automatico dire che ambedue sono le madri, perché finora nelle FIV eterologhe si riconosceva la maternità alla madre di gravidanza e la paternità a suo marito. Che questo non sia certo egalitario appare chiaro, tanto più che valeva anche nel caso il gamete maschile non fosse suo, e quindi la paternità puramente formale, mentre qui il gamete femminile è proprio della madre genetica. Ma la procreazione e la genitorialità non sono fatti per esser egalitari e neppure sono fatti per essere parcellizzati. Forse questo è un limite di cui bisogna prendere atto.
Per il momento le donne, e anche le coppie lesbiche, hanno il privilegio di poter avere un figlio con un intervento maschile ridotto al minimo. Ma è sempre stato cosi’, e il desiderio della donna, o almeno il suo “perché no?” è da sempre una causa determinante della perpetuazione del genere umano.
Diverso è il caso delle coppie maschili, per le quali il ricorso a pratiche esterne o a schiavitu’ esterne sembra l’unica soluzione.
Rispetto a questo, voglio ancora ricordare che i due criteri precisati sopra sono eminentemente sociali, determinati da questo mondo, con le sue regole di mercato.
La genetica è in fondo una scienza recente. Il DNA è diventato la base del sistema giuridico della procreazione. In questo l’impianto del diritto romano si è modificato. Il diritto romano era certo patriarcale, ma di fronte all’incertezza genetica introduceva una soluzione umana, l’adozione. Cerchiamo di non fare passi indietro, anche in senso patriarcale.
Voglio soprattutto ricordare che la genetica, puo’ rassicurarei figli e i genitori, ma non è l’unico modo per farlo, per costituire un’origine definita. La scelta personale, il “riconoscimento” individuale e sociale allo stato puro, come è l’adozione, è anch’essa una forte rassicurazione sull’essere al mondo desiderati, voluti, cercati.
Fermo restando che ogni caso è a sé e non intendo minimamente criticare la coppia in questione, vorrei sottolineare che le due donne hanno preso a prestito un modello maschile di procreazione, del solo gamete. Proprio perché donne potrebbero sapere che questa è fatta di tanti aspetti fisici non istantanei, come l’ingresso del gamete nella nuova cellula embrionale. Va sottolineato che è questa prima cellula a costituire il patrimonio genetico, innovativo, mentre i due gameti non possono trasmettere tutto. Il senso genealogico della genetica è prettamente sociale. Già dal 2016 in Italia è possibile adottare il figlio del proprio partner; non vedo la necessità di introdurre una parcellizzazione che impedisce ad ambedue le madri di essere madri biologiche (l’una dà solo un gamete in un processo medicalizzato, l’altra porta un embrione estraneo) volendo dare ad ambedue questo titolo giuridico
Va anche detta una cosa molto concreta: non ha senso che, in Italia, le coppie maschili abbiano problemi a realizzare i loro desideri di paternità: barche e barche di minori africani e orientali approdano alle coste italiane. Senza taylorismo misogino, senza schiavismo, adottandoli risolverebbero un vasto problema sociale.
Giovanna Cifoletti
Commenti e riflessioni di Antonella Nappi e Alfonso Navarra sollecitate dall'articolo di Iole Natoli
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