Lunedi, 12/01/2015 - Prima Pagina Donne 2 (5 -11 gennaio 2014)
In una settimana tradita nel suo festoso inizio “dedicato“ alla Befana ed evoluta nella tragedia dell’attacco del terrorismo islamico, incarnato per l’occasione dai fratelli Kouachi, a Parigi, al giornale satirico Charlie Hebdo con tutti i morti che questo ha significato, come oramai tutti sanno. Per la grandezza dell’attacco portato simbolicamente ai vignettisti satirici del giornale accusati di un uso blasfemo della satira, ma con ben altri e ampi risvolti che esaltano la volontà di terroristi affiliati all’ISIS di fare gli interessi del Califfato contro l’Occidente, avevo pensato di saltare il mio commento di PPD, ritenendolo inadeguato ad inserirsi nella situazione, per la complessità di valutazioni che comporta sull’Islam, sul rapporto storicizzato fra occidente e questa orrenda guerra. Poi col passare delle ore e dei giorni vissuti con il fiato sospeso ho pensato che non potevo seppur brevemente non sottolineare come in questa tragedia della democrazia, e sconfitta della politica, per cui non a caso nella giornata di domenica abbiamo assistito ad una manifestazione imponente dove si è calcolata la presenza di forse due milioni di persone. Una marcia senza precedenti in difesa della libertà che si è svolta a Parigi, aperta da un inedito gruppo di 40 forse 50 Capi di Stato non solo europei, ovviamente con Hollande in testa, i ruoli e i protagonismi femminili fossero almeno da evidenziare. In verità ancor più pressante per indurmi a scrivere è stata l’emozione, la rabbia e il dolore di quanto contemporaneamente alla Francia è avvenuto in Nigeria con l’uso da parte di Boko Haram prima di una e dopo 24 ore di due bambine (attorno ai 10 anni) fatte esplodere come martiri nel mercato di una città del Nord della Nigeria, con la scia di morte che questo ha comportato. La violenza perpetrata contro delle bambine innocenti usate come bombe umane presumibilmente incantandole con promesse di cose meravigliose o sulla terra o in cielo suggerisce un dolore e una rabbia insopportabile. E allora ecco un elenco di protagonismi femminili che abbiamo incrociato in questi giorni che ritengo stimoli a riflettere nella contraddizione dei ruoli e delle funzioni avute. Quel che annoto lo vorrei poi collocare all’ombra di quella statua di Marianna che nella Place de la Republique di Parigi è divenuto il luogo simbolico della reazione alla violenza e all’affermazione della libertà, appunto. Innanzitutto allora le bimbe nigeriane, sicuramente ingannate illudendole che se avessero seguito i consigli suggeriti avrebbero conquistata la libertà forse dalla povertà, dalla fame, da tutto quanto può opprimere una creatura, una bambina in difficoltà e forse piena di sogni e desideri. Ma è la strage che ci porta per mano alla vignettista denominata Coco costretta, di ritorno dall’asilo, ad aprire la porta della redazione di Charlie Hebdo dove si è compiuta la strage, e che per tutta la vita forse si domanderà perché lei no e contemporaneamente come ripagare i suoi compagni del miracolo di essere rimasta viva; e a Marin Le Pen che non è stata ritenuta gradita, di fatto invitandola a non partecipare alla manifestazione, compiendo ritengo un errore che escludendola da quell’incredibile “unione“ di protagonisti della politica mondiale anche su fronti diversi e conflittuali come Netanyahu e Abu Mazen ha di fatto evidenziata una contraddizione sgradevole. Continuando e tornando ai fatti :l’orrore della strage è ancora da elaborare , quando una poliziotta viene uccisa in un altro punto di Parigi e inizialmente si pensa sia “un'altra storia”. Qualche ora dopo la connessione appare in tutta la sua violenza. Ad uccidere la poliziotta è stato Amedy Coulibaly l’uomo che in una strategia precisa ha tenuto l’assedio al supermercato kosher dove sono stati tenuti in ostaggio con 4 morti gli ebrei che erano presenti all’interno. Amedy, ucciso nell’assalto delle forze speciali, è stato poi identificato come il compagno della terrorista Hayat Boumedienne ritenuta protagonista anche lei della premeditazione dell’orribile evento, ricercata intensamente fino a ritenere che sia uscita dalla Francia e riparatasi in Siria giorni prima dopo aver partecipato all’organizzazione della strage. Ed è proprio il ruolo di Hayat, ritenuta implacabile e temuta anche per il futuro, e che presumibilmente ha rappresentato il famoso “casus belli” si è aperto un diffuso dibattito sulla stampa sul protagonismo femminile di questa inaspettata e inedita guerra a cui il terrorismo islamico sta portando una parte del mondo, sviluppando tra l’altro odi e incomprensioni inedite tra chi con pericolosa superficialità fa di tutta un erba un fascio e accusa l’Islam nella sua complessità. A tale proposito voglio ricordare che di religione islamica era il poliziotto che ha tentato di fermare i fratelli attentatori, e musulmano il commesso che ha salvato un gruppo di ebrei chiudendoli nel refrigeratore a cui è riuscito a staccare la corrente. La realtà che abbiamo vissuto e che nonostante l’imponente reazione di Parigi, ma dico dell’Europa e non solo, sappiamo come non metta il punto e a capo ai rischi che corre la pace e l’equilibrio a cui questo nuovo terrorismo islamico ci sottopone, richiede una riflessione che ci coinvolge tutte /i che porti al modo più utile e serio di vivere la nostra cittadinanza.
L’aver deciso di scrivere mi porta a non saltare due notizie che pur nella loro immensa differenza mi appaiono degne di nota e approfondimento. La morte di Anita Ekberg. Simbolo stesso della Dolce Vita di Fellini e quindi di un epoca, la Ekberg per chi voglia vedere ha di fatto avuto una vita triste e incompiuta piena di difficoltà da lei più volte denunciate in parte, forse, frutto anche dell’essere prigioniera del ruolo che le aveva dato fama e oggi l’immortalità nella storia del cinema. Come leggere poi l’invito ieri di papa Francesco nel corso del battesimo di 30 bimbi, alle loro mamme di allattare se pensavano che i loro figli /e avessero fame? Chi non ricorda che forse un mese fa in un grande albergo di Londra una mamma fu invitata a rivestirsi e desistere dall’allattare perché rischiava di essere imbarazzante?
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