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Presenza in politica. Politica della presenza

Presenza in politica. Politica della presenza

La Leader che non c'è /2 - Diamo alle donne un perché reale e loro andranno per ogni dove. Secondo Suor Giuliana Galli “se le donne sono fotocopie sbiadite di virtù maschili...”

Marina Caleffi Domenica, 06/10/2013 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Ottobre 2013

Analisi e indicatori internazionali ci raccontano che il ruolo della donna nel mondo del lavoro e della politica è in rapida trasformazione, ma restano aperte molte questioni non liminali. Saremo in grado di recuperare tutto quel capitale femminile oggi inattivo e sprecato? Le organizzazioni, soprattutto politiche, saranno capaci di valorizzarne i talenti? Da anni si parla di misure quali incentivi alla natalità, tassazione preferenziale, servizi per l’infanzia, child benefits,crediti di imposta, incentivi fiscali… e welfare per le donne. Le aziende hanno fatto gran comunicazione di intenzioni favorevoli tipo flexi time, settimana corta, telelavoro, asili nido interni per favorire le lavoratrici… Ma, a parte sporadici esempi di buona volontà, non si apprezzano rivoluzioni copernicane. Il numero di donne manager, dirigenti e imprenditrici, è leggermente aumentato, (pochino eh! ndr), ma non possiamo comunque dire che questo abbia incrementato la leadership femminile, e la convinzione che la stessa sia più creativa e giusta di quella esercitata da un uomo.

Per esempio non riusciamo ancora ad esprimere ed autopromuovere con efficacia ed efficienza la leadership in politica, dove più che mai sarebbe necessario il nostro capitale skills per coniugare uguaglianza, merito, equità, responsabilità e attenzione alle persone.

E il genere, non apre al genere.

Ne parliamo, a margine della prima conferenza italiana di Women in Business and Society, con Suor Giuliana Galli, sociologa di formazione internazionale, membro del Consiglio generale della Compagnia di San Paolo e co-founder, insieme a Francesca Vallarino Gancia, di Mamre Onlus (www.mamreonlus.org) , associazione molto impegnata nel lavoro e nella coesione sociale.



Secondo il World Economic Forum l'Italia è il Paese con il più forte divario uomo-donna in Europa ed è all'84esimo posto nel mondo. Per ciò che attiene la partecipazione delle donne alla vita economica, siamo al 97esimo posto. Ancora oggi, il 30% interrompe il lavoro per motivi familiari, contro il 3% degli uomini. Dati che fotografano buona parte della popolazione femminile nella condizione descritta dall'enciclica Rerum Novarum. Sono queste le ragioni del gender diversity in politica?

L’enciclica Rerum novarum chiedeva (quasi) pietà perché alla donna non fossero imposti lavori troppo gravosi in vista della sua debolezza costituzionale e delle famiglie numerose soprattutto nei ceti sociali bassi. L’appello era in ragione della “povertà” della donna. Era una lettera dettata dal contesto sociale, il 1891, ricco di fermenti a favore di lavoratori. Col tempo altri documenti furono emanati dalla Chiesa e, sul versante donna, la lettera apostolica Mulieris Dignitatem di Giovanni Paolo II, è un notevole passo avanti, segno questo del continuo dialogo sociale che vede le forze di genere: uomo-donna in a confronto. Non c’è “più” e non c’è “meno” tra uomo e donna. La Costituzione italiana all’art. 3 annuncia la “pari dignità sociale” tra i sessi portatori di risorse diverse, non omologabili, originali e specifici. Il riconoscimento del potenziale nelle diversità potrebbe, dovrebbe, dar ragione di una maggior ricchezza nel quadro sociale. La concreta ed originale presenza della donna nei vari ambiti della vita sociale cioè economica, politica, culturale e religiosa sarebbe un necessario antidoto allo sbilanciamento al maschile presente nel mondo in cui viviamo.



Nonostante questo sia il Parlamento più rosa della nostra storia, perchè il 52% della popolazione non riesce ad esprimere nemmeno una o due leaders che si facciano avanti con determinazione per vincere?

A parte il lessico “quote rosa” coniato non sa da chi, riflettente il “gentil sesso” e il “sesso debole”, credo sia necessario capire in quali ambiti deve esprimersi un leader donna. Intanto metterei da parte l’”agone politico”; l’utilizzo di certe parole suggerisce la stoffa dell’azione. Agone è vicino come significato a aggressività, a lotta, coloriture molto maschili.

La donna deve presentarsi sia in politica sia nei circoli sociali vari e molteplici con le sue risorse al femminile che sono la serietà nel lavoro, la completezza del compito, la lungimiranza. Quest’ultima qualità è necessaria a far prevedere un futuro del quale oggi c’è assoluto bisogno. Le qualità per una buona leadership non sono scontate. Alle risorse personali capaci di incidere sulla affermazione, in questo caso della donna, si devono aggiungere le qualità di genere. Alle donne, forse, è più consono seguire un leader che una leader. Ma questa, raggiunto che sia un apice di potere, tenga porte e finestre aperte per contribuire ad appianare le disuguaglianze che colpiscono al ribasso donne meno fortunate.



Coraggio, resilienza, energia, persistenza, gran forza di volontà, sono qualità che mancano, non bastano nel nostro Paese?

Non bastano! Cadiamo sempre in energie-virtù maschili! Tentativi di rimanere nell’omologazione! Con questo programma le donne sono fotocopie sbiadite di virtù maschili.



Manca un "sistema di navigazione" o la capacità di essere autentiche e capaci al tempo stesso di affrontare situazioni che possono essere in conflitto con i propri valori per connettersi con gli altri in nome di un bene superiore?

Penso a figure mitiche prettamente femminili agenti nella polis. Antigone, nella decisione di seppellire il fratello-nemico, contraddice l’ordine del tiranno e rivela con ciò la sua indole: libera, leale ad una legge più radicale di quella dello stato. È la legge della coscienza, della fraternità. Dell’”ama il tuo prossimo come te stesso”. Non si sottomette alla legge di chi domina: si sente pari a lui in dignità.

La sorella Ismene accetta il destino ritenuto “di natura”: “Donne noi siam pur nate non a lotte di uomini, da più forti costrette a obbedire…sarò docile con chi regna dall’alto”. Troppe donne danno per scontato che il “destino di donna” debba essere quello della sottomissione. No, il destino della donna è quello biblico: “A immagine di Dio li creò, maschio e femmina li creò”.



Alla luce della sua esperienza internazionale di studio e lavoro, come dovrebbe comunicare "la leader che non c'è" per ispirare l'azione ed affrontare un cambiamento dirompente come farsi sostenere e votare?

Mi verrebbe da rispondere con l’affermazione di Giovanna d’Arco: “Dio lo vuole”. Ma, troppe volte Dio è stato invocato come ispiratore di azioni contrarie al suo essere un Dio che ama le sue Creature.



Non crede che manchi la capacità di ispirare, al partito prima e all'elettorato poi, l'energia di sentirsi impegnati e coinvolti in una visione potente, per perseguire obiettivi comuni?

Al partito? Quale? E se non c’è un partito che sappia parlare con i suoi principi ispiratori a donne forti leali e di coscienza, il silenzio che ne segue non ispira, è muto.



Costruire ponti e adattarsi a nuove situazioni per navigare il cambiamento, come cittadine e elettrici, ci appartiene?

Costruire ponti, intessere reti, creare solidarietà impastare il tutto con gentile decisione. Far rinascere la pietas forte e sana, promuovere l’amore per la vita umana, sentirsi “ecologa” per naturale propensione. Che il futuro possa essere ancora luminoso e appetibile, è compito della donna.



No pain no gain: alla prima voce le donne hanno dato, e non poco. Quando e come dunque la leadership?

Per chi, perché, per cosa, per dove? Diamo alle donne un perché reale e loro andranno per ogni dove!



Twitter@marinacaleffi

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