Assegnato il premio “per la sua lotta contro l'oppressione delle donne in Iran e per la promozione dei diritti umani e della libertà per tutte e tutti"
A NARGES MOHAMMADI, ATTIVISTA PER I DIRITTI DELLE DONNE IN IRAN E GIORNALISTA IRANIANA, ASSEGNATO IL PREMIO NOBEL PER LA PACE 2023 con questa motivazione “per la sua lotta contro l'oppressione delle donne in Iran e per la promozione dei diritti umani e della libertà per tutte e tutti".
Con il suo costante impegno nella difesa dei diritti delle donne, dei prigionieri politici e delle persone condannate a morte. Narges Mohammadi (nata nel 1972 a Zanjan) è diventata un simbolo di resistenza in Iran e per questo ha ricevuto numerosi premi internazionali, tra cui il Premio Andrei Sakharov per la libertà di pensiero nel 2018, assegnato dal Parlamento europeo. Per le sue battaglie a favore dei diritti umani – anche attraverso il Centro per i Diritti Umani di Teheran, fondato da Shirin Ebadi, premio nobel per la pace nel 2003 - è stata oggetto di persecuzioni e nel corso degli anni è stata arrestata più volte dalle autorità iraniane. Attualmente è detenuta nel terribile carcere di Evin a Teheran per una condanna a 31 anni che prevede 154 frustate. Durante le carcerazioni ha subito violenze fisiche e secondo Amnesty International le sono state negate le cure mediche, nonostante soffra di una grave malattia polmonare. Le sue denunce e campagne contro l’isolamento nelle carceri e le sue inchieste sulle centinaia di omicidi avvenuti per mano delle autorità iraniane durante le proteste che nel 2019 hanno scosso il paese.
La presidente della commissione norvegese Berit Reiss-Andersen, annunciando l’assegnazione del Premio Nobel ha detto "la coraggiosa lotta di Narges Mohammadi ha comportato enormi costi personali. Se le autorità iraniane prenderanno la giusta decisione la rilasceranno così che potrà essere qui per ritirare il premio a dicembre".
Un riconoscimento, quello a Narges Mohammadi, che arriva in un clima incandescente per l’Iran, dove la repressione del regime teocratico continua ad uccide, imprigionare e torturare qualsiasi esrepssione di dissenso.
A un anno dall’assassinio di Mahsa Jina Amini, che ha scatenato una ondata di proteste contro il regime nel paese e tutto il mondo, proprio in queste ore la giovanissima Armita Geravand è in coma dopo un violento pestaggio da parte della polizia morale perché non indossava il velo e la madre è stata arrestata per aver tentato di entrare in ospedale per vedere la figlia.
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